Archivio Autore: SpecialStaffMaster

Co-progettazione e Terzo Settore, cosa è cambiato?

La co-progettazione è individuata dal legislatore quale strumento ordinario di esercizio dell’azione amministrativa attraverso il quale si realizzano forme di collaborazione pubblico/privato.

La co-progettazione non si basa sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, ma sulla convergenza di obiettivi e sull’aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e progettazione.

Se inizialmente la co-progettazione era limitata agli interventi innovativi e sperimentali (art. 7 del DPCM del 30 Marzo 2001, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 131 del 2020, ha affermato che la co-progettazione è la metodologia ordinaria per l’attivazione di rapporti con gli Enti del Terzo Settore nell’ambito delle attività di interesse generale individuate dall’art. 5 del Codice del Terzo Settore.

L’art. 55 del C.T.S. evidenzia due aspetti rilevanti sul tema: a) l’attivazione della co-progettazione dovrebbe essere la conseguenza dell’attivazione della co-programmazione; b) l’istituto in esame è riferito a specifici progetti di servizio o di intervento.

La procedura di co-progettazione presuppone la pubblicazione di un avviso da parte dell’Ente pubblico contenente: a) la finalità del procedimento; b) l’oggetto del procedimento; c) la durata del partenariato; d) il quadro progettuale ed economico di riferimento; d) i requisiti di partecipazione e cause di esclusione; e) le  fasi del procedimento e modalità di svolgimento; f) i criteri di valutazione delle proposte; g) la conclusione del procedimento.

L’oggetto del procedimento, come già rilevato, si riferisce ad una o più attività di interesse generale indicate nell’art. 5 del C.T.S.

Gli avvisi pubblici devono indicare il quadro progettuale e economico di riferimento, mettendo a disposizione degli Ets le informazioni, i dati e gli eventuali strumenti di programmazione. In secondo luogo, gli avvisi dovrebbero indicare l’insieme delle risorse messe a disposizione dall’amministrazione procedente ed utilizzabili nell’eventuale esecuzione delle attività di progetto.

L’iniziativa nella procedura di co-progettazione può anche essere di parte attraverso la presentazione di una proposta progettuale. In caso di accoglimento della proposta l’ente procedente pubblica un avvisa, con il quale si dà notizia della valutazione positiva della proposta progettuale, con la conseguente valutazione comparativa tra le proposte pervenute.

Seguono le sessioni di co-progettazione che prevedono due distinte modalità di svolgimento. L’ente potrebbe attivare un tavolo di co-progettazione con gli ETS che si sono collocati nella graduatoria finale più in alto oppure decidere di far partecipare tutti gli ETS in possesso dei requisiti previsti dal bando.

Il procedimento si chiude con atto motivato, cui seguirà la sottoscrizione della convenzione tra Ente Pubblico e Ente del Terzo Settore per l’attivazione del rapporto di collaborazione.

Quindi, con la convenzione vengono disciplinati gli aspetti più rilevanti dell’esecuzione delle attività di progetto quali: a) la durata del partenariato; b) gli impegni comuni di ciascuna parte; c) il quadro economico risultante dalla risorse, anche umane, messe a disposizione dall’ente procedente e da quelle offerte dagli ETS; d) le eventuali sanzioni e le ipotesi di revoca del contributo; e) la disciplina in ordine alla valutazione di impatto sociale; f) i termini e le modalità di rendicontazione delle spese; g) i limiti e le modalità di revisione della convenzione; h) la disciplina in materia di tracciabilità dei flussi finanziari.

 

La co-progettazione può anche essere declinata ex art. 55 co. 3 del C.T.S. mediante forme di accreditamento nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento.

La procedura mediante accreditamento prevede in modo identico a quella tradizionale la pubblicazione di un bando con indicazione dei requisiti.

Gli enti selezionati verranno inseriti in un elenco/Albo dal quale potrà attingere la p.a. Seguiranno poi le sessioni di co-progettazione, e a seguito della chiusura della procedura verrà sottoscritto il patto di accreditamento.

Avv. Fabio Torluccio

Co-programmazione e Terzo Settore

La co-programmazione è un procedimento attraverso il quale un Ente Pubblico in sinergia con i protagonisti del Terzo Settore opera un’analisi dei bisogni della collettività e degli interventi da programmare, individuando anche le risorse da coinvolgere che possono essere attivate per raggiungere il risultato.

La nozione di Ente del Terzo Settore è stata introdotta dal D. Lgs. n. 117/2017. Essa si riferisce ad un soggetto privato che senza fine di lucro, persegue finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, mediante lo svolgimento in via esclusiva o principale di una o più attività di interesse generale fra quelle indicate all’art. 5 del Codice del Terzo Settore.

La qualifica di Ente del Terzo Settore presuppone l’iscrizione nel Registro Unico del Terzo Settore.

Ritornando al procedimento di co-programmazione occorre rilevare che, solitamente, è avviato dall’Ente pubblico istituzionalmente responsabile o su richiesta degli Enti del Terzo Settore. La partecipazione presuppone la pubblicazione di un avviso ad evidenza pubblica che contiene i criteri sulla base dei quali l’Ente del Terzo Settore può partecipare.

Nello specifico l’avviso ad evidenzia pubblica contiene: A) L’oggetto del procedimento di co-programmazione; B) I requisiti dei partecipanti; C) Le modalità di presentazione della domanda e le relative dichiarazioni; D) I tempi e le modalità di svolgimento del procedimento; D) La conclusione del procedimento; E) Il regime di Pubblicità e trasparenza.

La co-programmazione ha ad oggetto tutti i settori di interesse generale individuati dal Codice del Terzo Settore. Si svolge mediante diverse sessioni debitamente verbalizzate e si conclude con un documento di sintesi approvato dal gruppo di lavoro. I bisogni individuati dal confronto tra le parti verranno inseriti in un quadro più ampio di indirizzi e priorità.

La disciplina del procedimento di co-programmazione è rinvenibile nelle linee guida approvate con il D. M. n. 72 del 31 marzo 2021.

Il fondamento normativo delle diverse forme di collaborazione tra Enti Pubblici e Enti del Terzo Settore, tra le quali è collocabile la co-programmazione, è rinvenibile nell’art. 55 del Codice del Terzo Settore.

L’art. 55 del C.T.S. prevede: 1. In attuazione dei principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all’articolo 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento, poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché delle norme che disciplinano specifici procedimenti ed in particolare di quelle relative alla programmazione sociale di zona.

  1. La co-programmazione è finalizzata all’individuazione, da parte della pubblica amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili.
  2. La co-progettazione è finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla luce degli strumenti di programmazione di cui comma 2.
  3. Ai fini di cui al comma 3, l’individuazione degli enti del Terzo settore con cui attivare il partenariato avviene anche mediante forme di accreditamento nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento, previa definizione, da parte della pubblica amministrazione procedente, degli obiettivi generali e specifici dell’intervento, della durata e delle caratteristiche essenziali dello stesso nonché dei criteri e delle modalità per l’individuazione degli enti partner.

Questa disposizione, secondo quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 131/2021, contribuisce all’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale. Invero, la co-programmazione e la co-progettazione sono strumenti mediante i quali l’Ente Pubblico acquisisce informazioni da soggetti che operano sul territorio oltre che un apporto in termini di organizzazione e capacità di intervento.

La co-programmazione, pertanto, costituisce uno degli strumenti attraverso i quali gli Enti Pubblici potranno individuare in modo più aderente alla realtà i bisogni della collettività e, al contempo, le migliori strategie per assicurarne la loro realizzazione.

 

 

                  Avv. Fabio Torluccio

Il registro dei volontari e l’obbligo assicurativo – Regole operative

Il registro dei volontari rappresenta una delle tante novità introdotte dal D.Lgs. 117/2017 (Codice del Terzo Settore) che, unitamente alle regole in ambito assicurativo, stabilisce un nuovo contesto operativo per i volontari di tutti gli enti del terzo settore.

Il registro dei volontari è disciplinato dall’art. 17 del CTS il quale prevede una distinzione tra volontario occasionale e non occasionale; l’obbligo di iscrizione nel suddetto registro vige per i volontari NON occasionali.

È bene ricordare che la qualifica di volontario è distinta da quella di socio ed infatti ad oggi non vi è più alcun dubbio che una persona possa svolgere attività di volontariato per un ETS senza essere necessariamente associata allo stesso: questo si ricava in modo evidente leggendo la definizione di volontario contenuta all’art.17, comma 2 del CTS.

Sempre il Codice del Terzo Settore prevede, all’art. 18, la disciplina assicurativa per il volontario; nello specifico prevede l’obbligo per gli ETS che si avvalgono di volontari di assicurarli:

  • contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività di volontariato;
  • per la responsabilità civile per i danni cagionati a terzi dall’esercizio dell’attività stessa.

Gli obblighi assicurativi menzionati valgono sia per i volontari “non occasionali” che per quelli “occasionali”.

Nel contesto normativo appena descritto si è inserito il decreto ministeriale del 6 ottobre 2021, emanato dal Ministero dello Sviluppo economico di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale in data 30 novembre 2021, il quale è intervenuto a disciplinare gli obblighi assicurativi nei confronti dei volontari degli enti del Terzo settore e le modalità di tenuta del relativo registro, secondo quanto previsto dal CTS.

Il suddetto decreto risulta di fondamentale importanza in quanto interviene a fare chiarezza sia sulle modalità di tenuta del registro dei volontari che sulle specifiche forme con le quali le polizze assicurative possono essere stipulate.

Come innanzi accennato, tutti gli ETS devono predisporre un registro dei volontari, nel quale inserire anzitutto i volontari “non occasionali” (il concetto dell’occasionalità non risulta ben chiarito dal decreto e viene lasciato alla discrezionalità dell’ente).

Il registro, prima di essere posto in uso, deve essere numerato progressivamente in ogni pagina e bollato in ogni foglio da un notaio o da un altro pubblico ufficiale a ciò abilitato (solitamente un segretario comunale).

Nel registro devono essere indicati, per ciascun volontario:

  1. il codice fiscale o, in alternativa, le generalità, il luogo e la data di nascita;
  2. la residenza o, in alternativa, il domicilio laddove non coincidente;
  3. la data di inizio e quella di cessazione dell’attività di volontariato presso l’organizzazione, che devono corrispondere alla data di iscrizione e cancellazione della persona nel registro.

Il registro dovrà sempre essere aggiornato dall’ente qualora si verifichi qualsivoglia variazione rispetto ai soggetti che svolgono attività di volontariato, il medesimo ente dovrà poi comunicare in modo tempestivo i dati del registro all’impresa assicuratrice, secondo le modalità e i tempi concordati con quest’ultima.

Per quanto riguarda gli eventuali volontari “occasionali”, l’ente dovrà comunque provvedere a raccogliere i dati di ognuno, a conservarli e a metterli a disposizione dell’impresa assicuratrice, secondo le modalità concordate con la stessa.

Il decreto prevede comunque la possibilità di inserire nel registro anche i volontari “occasionali”, in una sezione apposita e separata rispetto a quelli “non occasionali”: in tal caso i dati da indicare sono gli stessi di quelli previsti per i volontari “non occasionali” ed elencati in precedenza.

Il decreto prevede la possibilità di tenere il registro anche in forma elettronica e/o telematica, a condizione che i sistemi utilizzati assicurino l’inalterabilità delle scritture e la data in cui le stesse sono apposte; vengono richiamate nello specifico anche le modalità previste dall’art. 2215-bis, commi 2, 3 e 4 del codice civile che stabiliscono, tra l’altro che: “Gli obblighi di numerazione progressiva e di vidimazione previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, almeno una volta all’anno, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore o di altro soggetto dal medesimo delegato”.

I registri tenuti con sistemi elettronici e/o telematici appena menzionati, possano essere messi a disposizione anche da parte delle reti associative del Terzo settore nei confronti degli Ets ad esse aderenti: in tal caso, la rete associativa può accedere ai dati contenuti nel registro (ad esempio al fine di stipulare un’unica polizza assicurativa che si applichi anche nei confronti degli enti aderenti), il cui inserimento o modifica rimane però di esclusiva competenza del singolo aderente in quanto unico titolare dell’obbligo di tenuta del registro. Qualora l’ente dovesse cessare il rapporto di appartenenza alla rete associativa, conserverà comunque copia digitale delle iscrizioni inserite per il relativo periodo di appartenenza.

Per ciò che riguarda le polizze assicurative il decreto ministeriale prevede che possono essere stipulate in modalità “collettive” o “numeriche”, e devono essere predisposte dalle imprese assicuratrici in modo da garantire la massima trasparenza delle condizioni e l’assenza di discriminazioni nell’accesso dei volontari alla tutela assicurativa.

Per i volontari “non occasionali” le garanzie assicurative decorrono dalle ore 24 del giorno di iscrizione al registro; se essi cessano di prestare la loro attività volontaria (e vengono quindi cancellati dal registro), le garanzie perdono efficacia a partire dalle ore 24 del giorno della cancellazione. Per quanto riguarda invece i volontari “occasionali”, l’efficacia delle polizze cessa alle ore 24 dell’ultimo giorno di servizio, il quale deve essere espressamente indicato nella polizza.

Le coperture assicurative stipulate dagli Ets sono soggette a controllo da parte dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass), che lo esercita nello specifico nei confronti delle imprese di assicurazione.

Sono invece di competenza degli uffici del Runts, così come degli altri soggetti autorizzati, i controlli sulla documentazione riguardante l’assicurazione dei volontari “non occasionali” e “occasionali”, la quale deve essere conservata dai singoli enti per almeno dieci anni.

Infine si coglie l’occasione per ricordare che nel novero degli Enti del Terzo Settore vi sono due tipologie di enti nei quali la presenza dei volontari risulta necessaria per lo svolgimento delle proprie attività e sono le ODV e le APS; difatti, come confermato dalla nota ministeriale del MLPS del 30/11/2021: “Deve dedursene, nella logica sistematica prima richiamata, che in tali tipologie (ODV ed APS), diversamente da quanto previsto per gli altri ETS, la presenza dei volontari è necessaria e non soltanto eventuale….”.

 

Pubblicato il 10/02/2022                        Avv. Luca Concilio

 

Gli obblighi di trasparenza per gli Enti del Terzo Settore

Tra pochi giorni il RUNTS sarà operativo, coloro che decideranno di iscriversi nel registro dovranno adeguarsi agli obblighi di trasparenza codificati nel Codice del Terzo Settore.

Occorre rilevare che il principio di trasparenza ha assunto un ruolo rilevante oltre che centrale del C.T.S., in quanto considerato dal legislatore necessario all’instaurazione di un rapporto di fiducia tra Ente e associato, tra Ente e soggetto pubblico, nonché fattore a cui è stato subordinato il riconoscimento di regimi fiscali agevolati.

Peraltro, le disposizioni del C.T.S. prevedono un sistema di trasparenza che segue il principio di gradualità, nel senso che il numero di adempimenti cresce parallelamente alle dimensioni dell’Ente, anche in considerazione dei costi collegati all’assolvimento dei relativi adempimenti.

La decisione di introdurre specifiche disposizioni dirette a garantire un elevato livello di trasparenza nasce dall’esigenza di porre un freno all’esercizio di attività con fine di lucro celate sotto la veste di enti non profit. Il fenomeno ampiamente diffuso ha indotto il legislatore ad introdurre uno strumento “la trasparenza” idoneo a contemperare diverse esigenze:

  • Vengono salvaguardati i soggetti che effettivamente perseguono fini meritevoli di tutela, codificati dall’art. 5 del C.T.S.;
  • Vengono sanzionati coloro che svolgendo un’attività for profit, sotto la veste di un ente del terzo settore, intendono solo sfruttare a proprio favore le agevolazioni fiscali discendenti dalla qualifica di ente del Terzo Settore;
  • Vengono salvaguardati coloro che partecipando alla vita del sodalizio, in quanto, in ogni momento, possono chiedere all’ente informazioni e documenti;
  • Vengono tutelati i terzi, enti pubblici e privati, che possono conoscere il regolare funzionamento e le attività svolte dal sodalizio;
  • Vengono, infine, premiati mediante il riconoscimento di benefici fiscali coloro che adempiono agli obblighi di trasparenza così come codificati dal C.T.S..

E’ il caso di analizzare alcune delle disposizioni del Codice che prevedono espressamente obblighi di trasparenza a carico di tutti i soggetti del Terzo Settore e che consento di indentificare la portata epocale della riforma.

L’art. 45, co. 2 del C.T.S. indica che il registro (RUNTS) è reso accessibile a tutti gli interessati in modalità telematica.

L’art. 48 del C.T.S. elenca le informazioni che ciascun ente mediante gli amministratori deve comunicare:

  • Denominazione;
  • Forma giuridica;
  • Sede legale;
  • Data di costituzione;
  • Oggetto dell’attività di interesse generale;
  • Codice fiscale o partita iva;
  • Il possesso della personalità giuridica e il patrimonio minimo;
  • Le generalità dei soggetti che hanno la rappresentanza legale dell’ente;
  • Le generalità dei soggetti che ricoprono cariche con indicazioni dei poteri e limitazioni;
  • Le modifiche dell’atto costitutivo e statuto;
  • Le delibere di trasformazione, fusione, scissione, estinzione, liquidazione cancellazione;
  • I rendiconti, i bilanci nonché i rendiconti relativi alle raccolte fondi.

 

L’articolo 52 del C.T.S. prevede che l’ opponibilitàa terzi degli atti è subordinata alla pubblicazione nel Registro.

 

L’art. 7 del C.T.S. prevede che lo svolgimento di raccolte fondi deve essere improntato al principio di trasparenza nei rapporti con i sostenitori e il pubblico.

L’art. 12 del C.T.S. prevede che la denominazione di ogni ente deve contenere l’acronimo E.T.S. che, peraltro, deve essere presente negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico. L’indicazione di E.T.S. è preclusa a coloro che non appartengono alla famiglia del terzo settore.

L’art. 15 del C.T.S. indica i libri obbligatori, precisando che gli Enti del C.T.S. devono tenere.

  • Libro degli associati;
  • Libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee;
  • Libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’organo di amministrazione;

La stessa disposizione riconosce agli associati di poterli consultare.

L’art. 55 del C.T.S. richiama espressamente il principio di trasparenza alla base dell’individuazione dei soggetti del terzo settore con cui gli enti pubblici possono instaurare partenariati. Analogo principio è richiamato dall’art. 56 del C.T.S. per la stipula di convenzioni.

L’art. 81 del C.T.S. stabilisce che per le erogazioni liberali effettuate da persone fisiche e società in favore di enti del terzo (che utilizzano tali somme per il recupero di beni immobili pubblici inutilizzati o confiscati alla criminalità organizzata) settore è obbligatorio che l’importo ricevuto sia pubblicato sul sito web istituzionale dell’ente, nell’ambito di una pagina dedicata.

Da una lettura delle disposizioni richiamate emerge che per gli E.T.S. la trasparenza ha l’obiettivo di garantire agli interlocutori privati e pubblici strumenti di conoscenza e controllo circa gli scopi perseguiti e le attività svolte. Scopi e attività sono i fattori sulla base dei quali si erige l’attribuzione di regimi fiscali agevolati e l’accesso a risorse pubbliche.

 

Avv. Fabio Torluccio

 

E adesso… runts!

Sembrava non dovesse arrivare mai questo fatidico giorno, tra rinvii burocratici, silenzi assordanti delle istituzioni e, non ultimo, la situazione pandemica ci eravamo oramai, quasi, abituati a dire “chissà quando o addirittura se sarà operativo il RUNTS”.

Oggi finalmente non solo il Ministero del Lavoro ci ha confermato che il Runts sarà realtà ma ci ha fornito anche l’agognata data a partire dal quale sarà effettivamente operativo il registro.

Il D-day è stato fissato per i giorni del 22/23 e 24 del prossimo Novembre e per il 23 Dicembre; ma vediamo con esattezza cosa accadrà nei su indicati giorni:

22 Novembre – da questo giorno in poi non sarà più possibile iscriversi negli attuali registri APS, ODV ed ONLUS;

23 Novembre – Inizia la fase di trasmigrazione dei registri regionali e provinciali delle APS ed ODV nei corrispondenti Uffici e Sezioni del RUNTS; tale fase, della durata di 90 giorni, si concluderà il 21 Febbraio 2022 e da allora inizierà, poi, a decorrere il termine di 180 giorni durante il quale gli Uffici del Runts effettueranno i controlli sulla documentazione ricevuta;

24 Novembre – Inizia l’operatività del RUNTS per tutti gli enti che vogliono procedere con la richiesta di iscrizione e che non sono soggetti al procedimento di trasmigrazione sopra indicato; sarà quindi operativa la piattaforma telematica che consentirà di presentare la domanda di iscrizione al registro;

23 Dicembre – Inizia la fase di tramigrazione del Registro Nazionale delle APS; i dati contenuti nel suddetto registro confluiranno nelle rispettive Sezioni ed Uffici del Runts a seconda che si tratti della singola associazione nazionale (futura rete associativa) oppure delle corrispondenti associazioni rappresentative territoriali o i relativi enti affiliati.  Anche tale fase, della durata di 90 giorni, si concluderà il 21 Febbraio 2022 e da allora inizierà, poi, a decorrere il termine di 180 giorni durante il quale gli Uffici del Runts effettueranno i controlli sulla documentazione ricevuta.

Detto ciò, al fine del completamento della riforma del terzo settore si resta in attesa dell’altro tassello fondamentale ovvero l’operatività del comparto fiscale disciplinato dal titolo X del Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017); in tale ottica, di certo, l’operatività del Runts innanzi indicata, determinerà un’ accelerazione da parte del Governo nella richiesta di autorizzazione da parte della Commissione UE sulle norme fiscali.

Siamo ormai prossimi al compimento di quel processo di riforma iniziato nel 2016 (legge delega), formalizzato nel 2017 (D.Lgs. 117/2017) e che porterà una rivoluzione epocale nell’ambito del Terzo Settore.

 

 

Pubblicato il 28/10/2021                        Avv. Luca Concilio

Infortunio del tesserato

LA POLIZZA ASSICURATIVA DELL’ENTE O FEDERAZIONE PAGA IL RISARCIMENTO?

 Nello svolgimento della pratica sportiva è all’ordine del giorno il verificarsi di infortuni più o meno gravi.

Molti dirigenti di associazioni e società sportive ritengono che, essendo affiliati ad enti di promozione o federazioni sportive, siano al sicuro rispetto ad eventuali richieste risarcitorie del tesserato infortunato ed anche di avere un’ottima copertura assicurativa ma sarà davvero così?

In primo luogo bisogna tener presente che ogni Asd o Ssd, regolarmente affiliata ad un “organismo sportivo” (enti o federazioni) riceve, per legge, una polizza assicurativa da parte di quest’ultimi; difatti il D.P.C.M. del 16/04/2008 obbliga le federazioni sportive, le discipline associate e gli enti di promozione sportiva a fornire una polizza assicurativa ai propri tesserati atleti/tecnici dilettanti che copri l’evento morte ed invalidità permanete conseguente all’infortunio. Il premio pagato, minimo previsto per legge, è pari ad € 80.000,00 in caso di morte mentre in caso di infortunio si applica apposita tabella allegata al citato DPCM salva la possibilità di previsione di apposita franchigia sino al massimo del 10% (art. 11 co. II del Dpcm). Proprio quest’ultimo aspetto, spesso, è del tutto sconosciuto agli operatori del settore e comporta, in molti casi, il mancato riconoscimento del risarcimento.

Facciamo un esempio pratico: sono presidente di una ASD affiliata alla federazione X, tramite la quale usufruisco della relativa copertura assicurativa sottoscritta dalla federazione; A seguito di infortunio (frattura ossea con invalidità del 5%) occorso, presso la mia struttura, ad un tesserato durante la pratica sportiva attivo la suddetta polizza confidando nel risarcimento; a seguito dell’istruttoria, però, la compagnia mi risponde negativamente in quanto la polizza nazionale prevede una franchigia assoluta del 7%.

Dal caso innanzi indicato (purtroppo molto frequente) bisogna prendere spunto per un paio di considerazioni:

  • Il dirigente dell’associazione/società deve conoscere bene la polizza assicurativa dell’ente/federazione al quale risulta affiliato;
  • E’ opportuno far prendere visione (con relativa sottoscrizione) a tutti i propri tesserati/soci delle condizioni di polizza vigenti;
  • E’ molto probabile che nella polizza ci siano franchige tali da rendere estremamente difficoltoso un risarcimento (salvo infortunio di estrema gravità);
  • Nel caso di mancato risarcimento (o anche risarcimento ritenuto insufficiente) il soggetto infortunato potrà, comunque, instaurare un contenzioso direttamente contro l’associazione/società sportiva quale responsabile civile (il cui esito può essere imprevedibile);
  • Considerata la posizione di “responsabile civile” ricoperta dall’associazione/società sportiva presso la quale si svolge l’attività, può essere opportuno prendere in considerazione un prodotto assicurativo specifico che dia maggiori garanzie in caso di infortunio di un tesserato/socio, sottoscrivendo, quindi, un’autonoma polizza assicurativa.

Le suddette valutazioni non vogliono di certo essere una critica nei confronti dei prodotti assicurativi offerti dagli enti e federazioni sportive bensì sensibilizzare i dirigenti delle Asd ed Ssd a conoscere i prodotti assicurativi offerti con le affiliazioni agli organismi sportivi ed essere consapevoli che il “responsabile civile” è sempre il soggetto giuridico titolare della struttura sportiva o, comunque, responsabile dello svolgimento dell’attività sportiva (quindi, nella sostanza, l’associazione o società sportiva).

Avv. Luca Concilio

Esenzione pagamento marche da bollo?

ASD di nuova costituzione

ESENZIONE PAGAMENTO MARCHE DA BOLLO?

 

Il pagamento delle marche da bollo in fase di costituzione di una nuova associazione sportiva dilettantistica rappresenta una voce di spesa di non poco conto e quindi da tener in debita considerazione.

La disciplina circa l’esenzione o meno del pagamento delle marche da bollo non è, come alcuni erroneamente ritengono, del tutto pacifica.

Facciamo un rapido riepilogo per capire lo stato dei fatti.

Le marche da bollo sono, generalmente, richieste in fase di registrazione degli atti (nel nostro caso atto costitutivo e statuto) e ne deve essere apposta una da 16 euro ogni 100 righe o 4 facciate.

La legge di bilancio 2019 (Legge 30/12/2018, n. 145) ha modificato l’art. 27 bis contenuto nella Tabella, allegato b, al DPR n. 642 del 1972, estendendo anche alle ASD e SSD riconosciute dal CONI l’esenzione dall’imposta di bollo precedentemente limitata alle Federazioni sportive e agli Enti di promozione sportiva.

Tale legge potrebbe far ritenere che, quindi, anche gli atti costitutivi e gli statuti di una asd di nuova costituzione siano esenti dal pagamento delle marche da bollo ma qui viene il problema; La suddetta legge, infatti, prevede l’esenzione solo per quelle ASD e SSD “riconosciute dal CONI” e tale locuzione crea, ovviamente, diverse interpretazioni da parte dei singoli Uffici dell’Agenzia delle Entrate.

Il problema interpretativo è stato affrontato dalla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate dell’Emilia Romagna la quale con la circolare n. 42096 del 26/06/2019 ha espressamente stauito che: “Per quanto concerne il quesito inerente l’esonero dall’imposta di bollo per gli Enti di nuova costituzione (per la registrazione dell’atto costitutivo e dello statuto), pur in mancanza di chiarimenti espressi da parte dell’Agenzia dell’Entrate, si ritiene che l’agevolazione sia comunque spettante alla luce dei chiarimenti contenuti nella Circolare n. 38 del 01/08/2011 in merito all’applicazione dell’esenzione dall’imposta di registro al momento della registrazione degli atti costitutivi delle Organizzazioni di Volontariato.

Ai fini dell’esenzione vale la stessa procedura indicata nella citata Circolare n. 38 del 2001. Le organizzazioni interessate potranno, quindi, fruire dell’esonero dall’imposta di bollo prima dell’iscrizione negli appositi registri (OdV/APS ovvero relativa sezione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, quando operativo) o del riconoscimento da parte del CONI ma dovranno comunicare tempestivamente l’avvenuta iscrizione all’Ufficio Territoriale dell’Agenzia delle Entrate che ha provveduto alla registrazione dell’atto costitutivo.”

La suddetta interpretazione, del tutto condivisa da parte dello scrivente, non ha trovato però consenso unanime presso i vari uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate con il risultato che una ASD di nuova costituzione che si rivolge all’ufficio dell’A.E. di Bologna potrebbe non pagare le marche da bollo mentre una ASD che si reca all’Ufficio di Napoli potrebbe essere soggetta al pagamento.

Tale differente trattamento, del tutto ingiustificabile, è però di difficile risoluzione in mancanza di una interpretazione unica e Nazionale da parte dell’Agenzia, semmai con apposita circolare.

La disparità di trattamento, d’altro canto, potrebbe, in caso di contenzioso, comunque non trovare accoglimento favorevole per l’ASD proprio in virtù del dato letterale della Legge di bilancio del 2019, sopra citata, e dell’utilizzo, infelice, della locuzione “riconosciute dal CONI”; ovviamente il problema non può essere risolto da una preventiva iscrizione al Registro CONI in quanto il regolamento del suddetto Registro prevede, tra i requisiti essenziali per procedere all’iscrizione, il possesso di atto costitutivo e statuto regolarmente registrati in Agenzia delle Entrate.

Allo stato attuale, quindi, in attesa di un chiarimento su base nazionale, non si può essere sicuri dell’esenzione del pagamento delle marche da bollo in fase di costituzione dell’associazione, è pertanto consigliabile prendere informazioni in merito presso l’ uffico al quale si porteranno gli atti in registrazione anche per evitare, nel caso, il pagamento delle relative sanzioni (le marche da bollo, infatti, devono riportare data antecedente o uguale a quella della costituzione).

Pubblicato il 24/09/2021                        Avv. Luca Concilio

Green Pass obbligatorio sui luoghi di lavoro e attività di volontariato

Green Pass obbligatorio sui luoghi di lavoro e attività di volontariato

Il d.l. n. 127/2021 ha previsto per il periodo compreso tra il 15 Ottobre e il 31 dicembre 2021 l’obbligo di esibire la certificazione green pass nei luoghi di lavoro pubblici e privati.

L’obbligo riguarda tutti i soggetti che esercitano la propria attività lavorativa, formativa o di volontariato in luoghi lavorativi pubblici o privati, anche sulla base di contratti esterni.

Si prevede, pertanto, in modo espresso che i volontari debbano esibire la carta verde.

E’ la prima vola che il governo si riferisce in modo chiaro ai volontari ovvero a coloro che, durante la pandemia, sono stati in prima linea accanto al personale sanitario e, al contempo, accanto ai più deboli. Emerge, pertanto, un “riconoscimento” verso quei soggetti che nel lungo periodo di emergenza hanno fornito un aiuto prezioso in tante situazioni in cui lo Stato da solo non poteva assicurare alcun sostegno.

Non dimentichiamoci che in Italia operano più di 5 milioni di volontari e che il nostro è un mondo variegato ed eterogeneo dove si sperimentano azioni e situazioni molto diverse fra loro».

Il provvedimento intendere assicurare sui luoghi di lavoro un elevato standard di sicurezza e, al contempo, fortifica anche il sistema di screening, prevedendo l’obbligo per le farmacie di somministrare i test antigenici rapidi applicando i prezzi fissi.

Il decreto ha poi disciplinato le misure di distanziamento sociale e di sostegno dello sport di base.

Passando all’esame delle disposizioni più rilevanti occorre rilevare che il decreto legge demanda ai datori pubblici le attività di controllo, che presuppongono l’esibizione della carta verde al momento dell’accesso sul luogo di lavoro.

Il lavoratore, privo del green pass, non potrà entrare nel luogo di lavoro e sarà considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della certificazione verde. L’assenza ingiustificata non consente di percepire la retribuzione. Coloro che saranno colti sul luogo di lavoro senza la carta verde potrebbero incorrere in una sanzione pecuniaria fino a € 1.500,00.

Analoghe previsioni sono state introdotte per il lavoro privato, con la facoltà per i datori di sostituire il lavoratore privo del green pass finché non si sarà munito della carta verde.

Sono previste le medesime sanzioni pecuniare già segnalate per il pubblico impiego, con la conservazione del posto di lavoro.

Presenti anche indicazioni per la revisione delle misure di distanziamento per lo svolgimento di attività culturali, sportive, sociali e ricreative e previsioni a sostegno allo sport di base.

In particolare, entro il 30 settembre 2021, in ragione dell’estensione dell’obbligo di green pass e dell’andamento della campagna vaccinale, il Comitato tecnico scientifico (Cts) dovrà esprimere un parere in ordine alle condizioni di distanziamento, capienza e protezione nei luoghi in cui si svolgono attività:

  • culturali,
  • sportive,
  • sociali
  • ricreative.

La rivalutazione sarà propedeutica all’adozione dei successivi provvedimenti.

Inoltre, preso atto della pesante crisi che continua ad attraversare il settore sportivo a causa dell’emergenza sanitaria, il provvedimento prevede che le somme già trasferite a Sport e Salute s.p.a per il pagamento delle indennità per i collaboratori sportivi (art. 44 dl n. 73/2021) e non utilizzate entro il 15 settembre 2021 sono riassegnate, entro il 15 ottobre 2021, per il cinquanta per cento al “Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano” e per il restante cinquanta per cento al “Fondo per il rilancio del Sistema sportivo nazionale”.

Avv. Fabio Torluccio

Riforma delle sport

LA RIFORMA DELLO SPORT

ALLA LUCE DEL D.L. “SOSTEGNI BIS” CONVERTITO NELLA LEGGE N. 106/2021 DEL 23/07/2021

 

La riforma dello sport, pur non ancora operativa, ha già alle sue spalle una vita tormentata; difatti, dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei 5 Decreti Legislativi che la costituiscono (18/19 marzo 2021) si è assistito dapprima ad una ipotetica entrata in vigore (a scaglioni) entro poche settimane/mesi, poi diventati anni in virtù del Decreto Sostegni del 22/03/21 che nella sostanza aveva “congelato” la riforma.

Adesso con la pubblicazione della Legge n. 106/2021 (legge di conversione del decreto Sostegni bis) la riforma dello sport viene anticipata nella sua entrata in vigore.

L’articolo 10 della L. 106/2021 si concentra sulle misure in ambito sportivo e per quanto concerne l’entrata in vigore dei 5 decreti Legislativi che costituiscono la “riforma dello sport” prevede i seguenti step:

dal 01 gennaio 2022 entreranno in vigore:

D.Lgs. 36/2021: articolo 10 che prevede la sostituzione dell’attuale registro Coni in favore del registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche tenuto dal dipartimento per lo sport; articolo 39 che tratta di professionismo e sport femminile, l’articolo 40 (promozione della parità di genere) ed infine tutto il titolo sesto sull’accesso delle persone con disabilità nei corpi militari e di Stato;

D.Lgs. 40/2021 sulla sicurezza sulle piste di sci.

dal 31 agosto 2022 entrerà in vigore:

D.Lgs. 39/2021 che dispone in merito alle regole del registro per le attività sportive nonché per l’acquisizione della personalità giuridica delle asd.

dal 01 gennaio 2023 entreranno in vigore:

D.Lgs. 36/2021, tutti i restanti articoli non entrati già in vigore (tra i quali quelli sullo status giuridico delle asd/ssd sia professionistiche che dilettantistiche e sul lavoro sportivo);

D.Lgs. 37/2021 sugli agenti degli atleti / procuratori sportivi;

D.Lgs. 38/2021 sulle norme di sicurezza degli impianti sportivi.

Altro elemento di forte interesse concerne i documenti necessari per l’iscrizione al registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche tenuto dal Dipartimento dello Sport e disciplinato dal D.Lgs. 39/2021; difatti vengono ridotti notevolmente i documenti dapprima previsti dall’art. 6 del suddetto decreto lesglitavivo a fronte della seguente documentazione prevista dall’art. 10 co. 13 quinquies L. 106/21 e precisamente:

  1. a) la ragione sociale o denominazione, natura giuridica, codice fiscale ed eventuale partita IVA dell’associazione o societa’ sportiva dilettantistica;
  2. b) i dati inerenti alla sede legale e i recapiti;
  3. c) la data dello statuto vigente;
  4. d) la dichiarazione contenente l’indicazione dell’oggetto sociale e le attivita’ sportive, didattiche e formative;
  5. e) la dichiarazione contenente l’indicazione della composizione e della durata dell’organo amministrativo e delle generalita’ del legale rappresentante e degli amministratori;
  6. f) i dati dei tesserati.

Viene, infine (ma non meno importante), tolto sia l’obbligo, previsto dall’art. 6 co. III del D.Lgs. 39/21, di depositare presso il Registro delle attività sportive il bilancio o rendiconto che quello di depositare i contratti (con l’indicazione dei relativi compensi) dei lavoratori sportivi nonché degli amatori (previsto originariamente dall’art. 6 co. II lettera h) del D.Lgs. 39/21). Non possiamo non evidenziare come quest’ultimo intervento vada in netta contrapposizione con la ratio della riforma del terzo Settore che, invece, in ossequio al principio di “trasparenza” richiede a tutti gli ETS di depositare i documenti contabili presso il RUNTS; senza voler sollevare alcuna polemica ma analizzando semplicemente i dati di fatto possiamo concludere che ci troviamo difronte all’ ennesimo caso di trattamento privilegiato del settore sportivo dilettantistico rispetto a tutto il resto del mondo NON profit italiano.

 

Avv. Luca Concilio

 

Le attività diverse (art.6 CTS)

ALLA LUCE DEL DECRETO INTERMINISTERIALE N. 107/21 – PUBBLICATO IN GAZZETTA UFFICIALE N. 177 DEL 26/07/21

Dopo una lunga attesa, finalmente, è stato pubblicato il decreto n. 107 del 19/05/21, nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 26/07/21.

Questo decreto era atteso da tutti gli operatori del settore in quanto va a disciplinare i cosiddetti “redditi diversi” che un ente del terzo settore (ETS) può introitare durante lo svolgimento delle proprie attività.

Il Codice del terzo settore (CTS) prevede, infatti, all’art. 6 la possibilità per ogni ETS di svolgere attività diverse rispetto a quelle di carattere generale previste dall’art. 5 del CTS a condizione che le stesse siano “strumentali e secondarie” in base ai criteri formulati dal decreto appena pubblicato.

Vediamo, quindi, cosa dispone il decreto e cosa si intende per strumentalità e secondarietà delle attività diverse.

  • STRUMENTALITA’ (art. 2 del decreto)

le attività diverse si considerano strumentali rispetto a quelle di interesse generale “se, indipendentemente dal loro oggetto, sono esercitate dall’ente del Terzo settore, per la realizzazione, in via esclusiva, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite dall’ente medesimo”.

Da quanto disposto dal decreto, all’art. 2, quindi, si desume che possano essere intese come “strumentali” tutte le attività poste in essere dall’ETS a condizione che siano svolte per il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Tale condizione risulta essere, a ben vedere, superflua in quanto, ex art. 4 del CTS, ogni ETS, per essere tale, deve perseguire finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. È utile però evidenziare come non sia richiesta alcuna “connessione” tra le attività di interesse generale e quelle diverse sicchè la strumentalità risulta essere un requisito meramente di stile.

  • SECONDARIETA’ (art. 3 del decreto)

Il decreto introduce dei caratteri meramente quantitativi per la determinazione della secondarietà delle attività diverse e precisamente le attività diverse si considerano secondarie se:

  1. a) i ricavi da esse provenienti non superino il 30% delle entrate complessive dell’ente del terzo settore;

oppure

  1. b) i ricavi da esse provenienti non superino il 66% dei costi complessivi dell’ente del terzo settore.

Le due condizioni sono tra loro alternative, infatti è sufficiente ai fini dell’ammissibilità delle attività “diverse” la sussistenza ed adeguata documentazione (ai sensi dell’art. 13, comma 6, del Codice) dell’una o dell’altra. Presumibilmente opteranno per la prima tutti gli ETS che svolgono attività remunerate mentre la seconda sarà più vantaggiosa per gli ETS che svolgono prevalentemente attività gratuita.

Sempre l’art. 3 del decreto, al comma III, stabilisce che rientrano tra i “costi complessivi” da considerare ai fini del computo della percentuale di cui alla lettera b) i seguenti elementi:

1) i costi “figurativi” relativi all’impiego di volontari iscritti nel relativo registro (da calcolarsi applicando a ciascuna ora di attività di volontariato effettivamente prestata la retribuzione oraria lorda prevista per la corrispondente qualifica dai contratti collettivi di cui all’art. 51, d.lgs. 81/2015);

2) il “valore normale” delle erogazioni gratuite di denaro e delle cessioni o erogazioni gratuite di beni o servizi;

3) la differenza tra il “valore normale” dei beni o servizi acquistati ai fini dello svolgimento dell’attività statutaria e il loro costo effettivo di acquisto.

– Art. 4 del decreto e conseguenze del mancato rispetto dei limiti

Il suddetto art. 4 prevede, innanzitutto, che in caso di mancato rispetto dei limiti quantitativi prima esposti (art. 3), l’ETS dovrà darne comunicazione all’ufficio RUNTS territorialmente competente entro 30 giorni dalla data di approvazione del bilancio. In secondo luogo, una volta effettuata la comunicazione innanzi indicata, vi è l’obbligo di adottare nell’esercizio successivo un rapporto tra attività secondarie ed attività principali di interesse generale che, applicando il medesimo criterio di calcolo (rapporto tra ricavi o tra ricavi e costi), sia inferiore alla soglia massima per una percentuale almeno pari alla misura del superamento dei limiti nell’esercizio precedente. Esemplificando se il nostro ETS ha avuto ricavi per attività diverse pari al 35% nell’anno x (sforando quindi del 5% rispetto a quanto previsto dal decreto), dovrà avere ricavi da attività diverse pari al massimo al 25% nell’anno x+1; dovrà, in sostanza, fare un’operazione di “compensazione”.

Il mancato rispetto sia della comunicazione entro i 30 giorni che della successiva “compensazione” comportano la cancellazione dell’ente dal RUNTS, con tutte le annesse e gravose conseguenze.

 

Avv. Luca Concilio