Archivio Autore: SpecialStaffMaster

Infortunio del tesserato

LA POLIZZA ASSICURATIVA DELL’ENTE O FEDERAZIONE PAGA IL RISARCIMENTO?

 Nello svolgimento della pratica sportiva è all’ordine del giorno il verificarsi di infortuni più o meno gravi.

Molti dirigenti di associazioni e società sportive ritengono che, essendo affiliati ad enti di promozione o federazioni sportive, siano al sicuro rispetto ad eventuali richieste risarcitorie del tesserato infortunato ed anche di avere un’ottima copertura assicurativa ma sarà davvero così?

In primo luogo bisogna tener presente che ogni Asd o Ssd, regolarmente affiliata ad un “organismo sportivo” (enti o federazioni) riceve, per legge, una polizza assicurativa da parte di quest’ultimi; difatti il D.P.C.M. del 16/04/2008 obbliga le federazioni sportive, le discipline associate e gli enti di promozione sportiva a fornire una polizza assicurativa ai propri tesserati atleti/tecnici dilettanti che copri l’evento morte ed invalidità permanete conseguente all’infortunio. Il premio pagato, minimo previsto per legge, è pari ad € 80.000,00 in caso di morte mentre in caso di infortunio si applica apposita tabella allegata al citato DPCM salva la possibilità di previsione di apposita franchigia sino al massimo del 10% (art. 11 co. II del Dpcm). Proprio quest’ultimo aspetto, spesso, è del tutto sconosciuto agli operatori del settore e comporta, in molti casi, il mancato riconoscimento del risarcimento.

Facciamo un esempio pratico: sono presidente di una ASD affiliata alla federazione X, tramite la quale usufruisco della relativa copertura assicurativa sottoscritta dalla federazione; A seguito di infortunio (frattura ossea con invalidità del 5%) occorso, presso la mia struttura, ad un tesserato durante la pratica sportiva attivo la suddetta polizza confidando nel risarcimento; a seguito dell’istruttoria, però, la compagnia mi risponde negativamente in quanto la polizza nazionale prevede una franchigia assoluta del 7%.

Dal caso innanzi indicato (purtroppo molto frequente) bisogna prendere spunto per un paio di considerazioni:

  • Il dirigente dell’associazione/società deve conoscere bene la polizza assicurativa dell’ente/federazione al quale risulta affiliato;
  • E’ opportuno far prendere visione (con relativa sottoscrizione) a tutti i propri tesserati/soci delle condizioni di polizza vigenti;
  • E’ molto probabile che nella polizza ci siano franchige tali da rendere estremamente difficoltoso un risarcimento (salvo infortunio di estrema gravità);
  • Nel caso di mancato risarcimento (o anche risarcimento ritenuto insufficiente) il soggetto infortunato potrà, comunque, instaurare un contenzioso direttamente contro l’associazione/società sportiva quale responsabile civile (il cui esito può essere imprevedibile);
  • Considerata la posizione di “responsabile civile” ricoperta dall’associazione/società sportiva presso la quale si svolge l’attività, può essere opportuno prendere in considerazione un prodotto assicurativo specifico che dia maggiori garanzie in caso di infortunio di un tesserato/socio, sottoscrivendo, quindi, un’autonoma polizza assicurativa.

Le suddette valutazioni non vogliono di certo essere una critica nei confronti dei prodotti assicurativi offerti dagli enti e federazioni sportive bensì sensibilizzare i dirigenti delle Asd ed Ssd a conoscere i prodotti assicurativi offerti con le affiliazioni agli organismi sportivi ed essere consapevoli che il “responsabile civile” è sempre il soggetto giuridico titolare della struttura sportiva o, comunque, responsabile dello svolgimento dell’attività sportiva (quindi, nella sostanza, l’associazione o società sportiva).

Avv. Luca Concilio

Esenzione pagamento marche da bollo?

ASD di nuova costituzione

ESENZIONE PAGAMENTO MARCHE DA BOLLO?

 

Il pagamento delle marche da bollo in fase di costituzione di una nuova associazione sportiva dilettantistica rappresenta una voce di spesa di non poco conto e quindi da tener in debita considerazione.

La disciplina circa l’esenzione o meno del pagamento delle marche da bollo non è, come alcuni erroneamente ritengono, del tutto pacifica.

Facciamo un rapido riepilogo per capire lo stato dei fatti.

Le marche da bollo sono, generalmente, richieste in fase di registrazione degli atti (nel nostro caso atto costitutivo e statuto) e ne deve essere apposta una da 16 euro ogni 100 righe o 4 facciate.

La legge di bilancio 2019 (Legge 30/12/2018, n. 145) ha modificato l’art. 27 bis contenuto nella Tabella, allegato b, al DPR n. 642 del 1972, estendendo anche alle ASD e SSD riconosciute dal CONI l’esenzione dall’imposta di bollo precedentemente limitata alle Federazioni sportive e agli Enti di promozione sportiva.

Tale legge potrebbe far ritenere che, quindi, anche gli atti costitutivi e gli statuti di una asd di nuova costituzione siano esenti dal pagamento delle marche da bollo ma qui viene il problema; La suddetta legge, infatti, prevede l’esenzione solo per quelle ASD e SSD “riconosciute dal CONI” e tale locuzione crea, ovviamente, diverse interpretazioni da parte dei singoli Uffici dell’Agenzia delle Entrate.

Il problema interpretativo è stato affrontato dalla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate dell’Emilia Romagna la quale con la circolare n. 42096 del 26/06/2019 ha espressamente stauito che: “Per quanto concerne il quesito inerente l’esonero dall’imposta di bollo per gli Enti di nuova costituzione (per la registrazione dell’atto costitutivo e dello statuto), pur in mancanza di chiarimenti espressi da parte dell’Agenzia dell’Entrate, si ritiene che l’agevolazione sia comunque spettante alla luce dei chiarimenti contenuti nella Circolare n. 38 del 01/08/2011 in merito all’applicazione dell’esenzione dall’imposta di registro al momento della registrazione degli atti costitutivi delle Organizzazioni di Volontariato.

Ai fini dell’esenzione vale la stessa procedura indicata nella citata Circolare n. 38 del 2001. Le organizzazioni interessate potranno, quindi, fruire dell’esonero dall’imposta di bollo prima dell’iscrizione negli appositi registri (OdV/APS ovvero relativa sezione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, quando operativo) o del riconoscimento da parte del CONI ma dovranno comunicare tempestivamente l’avvenuta iscrizione all’Ufficio Territoriale dell’Agenzia delle Entrate che ha provveduto alla registrazione dell’atto costitutivo.”

La suddetta interpretazione, del tutto condivisa da parte dello scrivente, non ha trovato però consenso unanime presso i vari uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate con il risultato che una ASD di nuova costituzione che si rivolge all’ufficio dell’A.E. di Bologna potrebbe non pagare le marche da bollo mentre una ASD che si reca all’Ufficio di Napoli potrebbe essere soggetta al pagamento.

Tale differente trattamento, del tutto ingiustificabile, è però di difficile risoluzione in mancanza di una interpretazione unica e Nazionale da parte dell’Agenzia, semmai con apposita circolare.

La disparità di trattamento, d’altro canto, potrebbe, in caso di contenzioso, comunque non trovare accoglimento favorevole per l’ASD proprio in virtù del dato letterale della Legge di bilancio del 2019, sopra citata, e dell’utilizzo, infelice, della locuzione “riconosciute dal CONI”; ovviamente il problema non può essere risolto da una preventiva iscrizione al Registro CONI in quanto il regolamento del suddetto Registro prevede, tra i requisiti essenziali per procedere all’iscrizione, il possesso di atto costitutivo e statuto regolarmente registrati in Agenzia delle Entrate.

Allo stato attuale, quindi, in attesa di un chiarimento su base nazionale, non si può essere sicuri dell’esenzione del pagamento delle marche da bollo in fase di costituzione dell’associazione, è pertanto consigliabile prendere informazioni in merito presso l’ uffico al quale si porteranno gli atti in registrazione anche per evitare, nel caso, il pagamento delle relative sanzioni (le marche da bollo, infatti, devono riportare data antecedente o uguale a quella della costituzione).

Pubblicato il 24/09/2021                        Avv. Luca Concilio

Green Pass obbligatorio sui luoghi di lavoro e attività di volontariato

Green Pass obbligatorio sui luoghi di lavoro e attività di volontariato

Il d.l. n. 127/2021 ha previsto per il periodo compreso tra il 15 Ottobre e il 31 dicembre 2021 l’obbligo di esibire la certificazione green pass nei luoghi di lavoro pubblici e privati.

L’obbligo riguarda tutti i soggetti che esercitano la propria attività lavorativa, formativa o di volontariato in luoghi lavorativi pubblici o privati, anche sulla base di contratti esterni.

Si prevede, pertanto, in modo espresso che i volontari debbano esibire la carta verde.

E’ la prima vola che il governo si riferisce in modo chiaro ai volontari ovvero a coloro che, durante la pandemia, sono stati in prima linea accanto al personale sanitario e, al contempo, accanto ai più deboli. Emerge, pertanto, un “riconoscimento” verso quei soggetti che nel lungo periodo di emergenza hanno fornito un aiuto prezioso in tante situazioni in cui lo Stato da solo non poteva assicurare alcun sostegno.

Non dimentichiamoci che in Italia operano più di 5 milioni di volontari e che il nostro è un mondo variegato ed eterogeneo dove si sperimentano azioni e situazioni molto diverse fra loro».

Il provvedimento intendere assicurare sui luoghi di lavoro un elevato standard di sicurezza e, al contempo, fortifica anche il sistema di screening, prevedendo l’obbligo per le farmacie di somministrare i test antigenici rapidi applicando i prezzi fissi.

Il decreto ha poi disciplinato le misure di distanziamento sociale e di sostegno dello sport di base.

Passando all’esame delle disposizioni più rilevanti occorre rilevare che il decreto legge demanda ai datori pubblici le attività di controllo, che presuppongono l’esibizione della carta verde al momento dell’accesso sul luogo di lavoro.

Il lavoratore, privo del green pass, non potrà entrare nel luogo di lavoro e sarà considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della certificazione verde. L’assenza ingiustificata non consente di percepire la retribuzione. Coloro che saranno colti sul luogo di lavoro senza la carta verde potrebbero incorrere in una sanzione pecuniaria fino a € 1.500,00.

Analoghe previsioni sono state introdotte per il lavoro privato, con la facoltà per i datori di sostituire il lavoratore privo del green pass finché non si sarà munito della carta verde.

Sono previste le medesime sanzioni pecuniare già segnalate per il pubblico impiego, con la conservazione del posto di lavoro.

Presenti anche indicazioni per la revisione delle misure di distanziamento per lo svolgimento di attività culturali, sportive, sociali e ricreative e previsioni a sostegno allo sport di base.

In particolare, entro il 30 settembre 2021, in ragione dell’estensione dell’obbligo di green pass e dell’andamento della campagna vaccinale, il Comitato tecnico scientifico (Cts) dovrà esprimere un parere in ordine alle condizioni di distanziamento, capienza e protezione nei luoghi in cui si svolgono attività:

  • culturali,
  • sportive,
  • sociali
  • ricreative.

La rivalutazione sarà propedeutica all’adozione dei successivi provvedimenti.

Inoltre, preso atto della pesante crisi che continua ad attraversare il settore sportivo a causa dell’emergenza sanitaria, il provvedimento prevede che le somme già trasferite a Sport e Salute s.p.a per il pagamento delle indennità per i collaboratori sportivi (art. 44 dl n. 73/2021) e non utilizzate entro il 15 settembre 2021 sono riassegnate, entro il 15 ottobre 2021, per il cinquanta per cento al “Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano” e per il restante cinquanta per cento al “Fondo per il rilancio del Sistema sportivo nazionale”.

Avv. Fabio Torluccio

Riforma delle sport

LA RIFORMA DELLO SPORT

ALLA LUCE DEL D.L. “SOSTEGNI BIS” CONVERTITO NELLA LEGGE N. 106/2021 DEL 23/07/2021

 

La riforma dello sport, pur non ancora operativa, ha già alle sue spalle una vita tormentata; difatti, dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei 5 Decreti Legislativi che la costituiscono (18/19 marzo 2021) si è assistito dapprima ad una ipotetica entrata in vigore (a scaglioni) entro poche settimane/mesi, poi diventati anni in virtù del Decreto Sostegni del 22/03/21 che nella sostanza aveva “congelato” la riforma.

Adesso con la pubblicazione della Legge n. 106/2021 (legge di conversione del decreto Sostegni bis) la riforma dello sport viene anticipata nella sua entrata in vigore.

L’articolo 10 della L. 106/2021 si concentra sulle misure in ambito sportivo e per quanto concerne l’entrata in vigore dei 5 decreti Legislativi che costituiscono la “riforma dello sport” prevede i seguenti step:

dal 01 gennaio 2022 entreranno in vigore:

D.Lgs. 36/2021: articolo 10 che prevede la sostituzione dell’attuale registro Coni in favore del registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche tenuto dal dipartimento per lo sport; articolo 39 che tratta di professionismo e sport femminile, l’articolo 40 (promozione della parità di genere) ed infine tutto il titolo sesto sull’accesso delle persone con disabilità nei corpi militari e di Stato;

D.Lgs. 40/2021 sulla sicurezza sulle piste di sci.

dal 31 agosto 2022 entrerà in vigore:

D.Lgs. 39/2021 che dispone in merito alle regole del registro per le attività sportive nonché per l’acquisizione della personalità giuridica delle asd.

dal 01 gennaio 2023 entreranno in vigore:

D.Lgs. 36/2021, tutti i restanti articoli non entrati già in vigore (tra i quali quelli sullo status giuridico delle asd/ssd sia professionistiche che dilettantistiche e sul lavoro sportivo);

D.Lgs. 37/2021 sugli agenti degli atleti / procuratori sportivi;

D.Lgs. 38/2021 sulle norme di sicurezza degli impianti sportivi.

Altro elemento di forte interesse concerne i documenti necessari per l’iscrizione al registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche tenuto dal Dipartimento dello Sport e disciplinato dal D.Lgs. 39/2021; difatti vengono ridotti notevolmente i documenti dapprima previsti dall’art. 6 del suddetto decreto lesglitavivo a fronte della seguente documentazione prevista dall’art. 10 co. 13 quinquies L. 106/21 e precisamente:

  1. a) la ragione sociale o denominazione, natura giuridica, codice fiscale ed eventuale partita IVA dell’associazione o societa’ sportiva dilettantistica;
  2. b) i dati inerenti alla sede legale e i recapiti;
  3. c) la data dello statuto vigente;
  4. d) la dichiarazione contenente l’indicazione dell’oggetto sociale e le attivita’ sportive, didattiche e formative;
  5. e) la dichiarazione contenente l’indicazione della composizione e della durata dell’organo amministrativo e delle generalita’ del legale rappresentante e degli amministratori;
  6. f) i dati dei tesserati.

Viene, infine (ma non meno importante), tolto sia l’obbligo, previsto dall’art. 6 co. III del D.Lgs. 39/21, di depositare presso il Registro delle attività sportive il bilancio o rendiconto che quello di depositare i contratti (con l’indicazione dei relativi compensi) dei lavoratori sportivi nonché degli amatori (previsto originariamente dall’art. 6 co. II lettera h) del D.Lgs. 39/21). Non possiamo non evidenziare come quest’ultimo intervento vada in netta contrapposizione con la ratio della riforma del terzo Settore che, invece, in ossequio al principio di “trasparenza” richiede a tutti gli ETS di depositare i documenti contabili presso il RUNTS; senza voler sollevare alcuna polemica ma analizzando semplicemente i dati di fatto possiamo concludere che ci troviamo difronte all’ ennesimo caso di trattamento privilegiato del settore sportivo dilettantistico rispetto a tutto il resto del mondo NON profit italiano.

 

Avv. Luca Concilio

 

Le attività diverse (art.6 CTS)

ALLA LUCE DEL DECRETO INTERMINISTERIALE N. 107/21 – PUBBLICATO IN GAZZETTA UFFICIALE N. 177 DEL 26/07/21

Dopo una lunga attesa, finalmente, è stato pubblicato il decreto n. 107 del 19/05/21, nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 26/07/21.

Questo decreto era atteso da tutti gli operatori del settore in quanto va a disciplinare i cosiddetti “redditi diversi” che un ente del terzo settore (ETS) può introitare durante lo svolgimento delle proprie attività.

Il Codice del terzo settore (CTS) prevede, infatti, all’art. 6 la possibilità per ogni ETS di svolgere attività diverse rispetto a quelle di carattere generale previste dall’art. 5 del CTS a condizione che le stesse siano “strumentali e secondarie” in base ai criteri formulati dal decreto appena pubblicato.

Vediamo, quindi, cosa dispone il decreto e cosa si intende per strumentalità e secondarietà delle attività diverse.

  • STRUMENTALITA’ (art. 2 del decreto)

le attività diverse si considerano strumentali rispetto a quelle di interesse generale “se, indipendentemente dal loro oggetto, sono esercitate dall’ente del Terzo settore, per la realizzazione, in via esclusiva, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite dall’ente medesimo”.

Da quanto disposto dal decreto, all’art. 2, quindi, si desume che possano essere intese come “strumentali” tutte le attività poste in essere dall’ETS a condizione che siano svolte per il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Tale condizione risulta essere, a ben vedere, superflua in quanto, ex art. 4 del CTS, ogni ETS, per essere tale, deve perseguire finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. È utile però evidenziare come non sia richiesta alcuna “connessione” tra le attività di interesse generale e quelle diverse sicchè la strumentalità risulta essere un requisito meramente di stile.

  • SECONDARIETA’ (art. 3 del decreto)

Il decreto introduce dei caratteri meramente quantitativi per la determinazione della secondarietà delle attività diverse e precisamente le attività diverse si considerano secondarie se:

  1. a) i ricavi da esse provenienti non superino il 30% delle entrate complessive dell’ente del terzo settore;

oppure

  1. b) i ricavi da esse provenienti non superino il 66% dei costi complessivi dell’ente del terzo settore.

Le due condizioni sono tra loro alternative, infatti è sufficiente ai fini dell’ammissibilità delle attività “diverse” la sussistenza ed adeguata documentazione (ai sensi dell’art. 13, comma 6, del Codice) dell’una o dell’altra. Presumibilmente opteranno per la prima tutti gli ETS che svolgono attività remunerate mentre la seconda sarà più vantaggiosa per gli ETS che svolgono prevalentemente attività gratuita.

Sempre l’art. 3 del decreto, al comma III, stabilisce che rientrano tra i “costi complessivi” da considerare ai fini del computo della percentuale di cui alla lettera b) i seguenti elementi:

1) i costi “figurativi” relativi all’impiego di volontari iscritti nel relativo registro (da calcolarsi applicando a ciascuna ora di attività di volontariato effettivamente prestata la retribuzione oraria lorda prevista per la corrispondente qualifica dai contratti collettivi di cui all’art. 51, d.lgs. 81/2015);

2) il “valore normale” delle erogazioni gratuite di denaro e delle cessioni o erogazioni gratuite di beni o servizi;

3) la differenza tra il “valore normale” dei beni o servizi acquistati ai fini dello svolgimento dell’attività statutaria e il loro costo effettivo di acquisto.

– Art. 4 del decreto e conseguenze del mancato rispetto dei limiti

Il suddetto art. 4 prevede, innanzitutto, che in caso di mancato rispetto dei limiti quantitativi prima esposti (art. 3), l’ETS dovrà darne comunicazione all’ufficio RUNTS territorialmente competente entro 30 giorni dalla data di approvazione del bilancio. In secondo luogo, una volta effettuata la comunicazione innanzi indicata, vi è l’obbligo di adottare nell’esercizio successivo un rapporto tra attività secondarie ed attività principali di interesse generale che, applicando il medesimo criterio di calcolo (rapporto tra ricavi o tra ricavi e costi), sia inferiore alla soglia massima per una percentuale almeno pari alla misura del superamento dei limiti nell’esercizio precedente. Esemplificando se il nostro ETS ha avuto ricavi per attività diverse pari al 35% nell’anno x (sforando quindi del 5% rispetto a quanto previsto dal decreto), dovrà avere ricavi da attività diverse pari al massimo al 25% nell’anno x+1; dovrà, in sostanza, fare un’operazione di “compensazione”.

Il mancato rispetto sia della comunicazione entro i 30 giorni che della successiva “compensazione” comportano la cancellazione dell’ente dal RUNTS, con tutte le annesse e gravose conseguenze.

 

Avv. Luca Concilio

Associazioni culturali e riforma del terzo settore

Con l’approssimarsi dell’entrata in funzione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), previsto dal “codice del Terzo Settore” (D.Lgs. 117/2017) molte realtà associative si troveranno innanzi ad un bivio e dovranno scegliere se iscriversi o meno al suddetto registro.

Tra queste realtà vi sono le associazioni culturali (o anche musicali, semplici, turistiche) per le quali bisogna, necessariamente, fare considerazioni, anche, in base all’impatto della riforma fiscale del settore.

Iniziamo con il dire che una volta entrato in funzione il RUNTS e le norme fiscali del Codice del Terzo Settore le associazioni culturali non potranno più usufruire di vari benefici fiscali tra i quali, senza dubbio i più importanti, sono quelli collegati all’art. 148 Tuir e alla Legge 398/1991.

Le associazioni dovranno, quindi, fare un’oculata valutazione dei pro e dei contro circa la possibile scelta di iscrizione al RUNTS, tuttavia tale scelta, in alcuni casi, non potrà che essere orientata sull’iscrizione al Registro; se, ad esempio, l’associazione effettua attività con il pagamento di corrispettivi specifici da parte dei propri associati, per poter continuare ad usufruire della de-commercializzazione dei rispettivi incassi (oggi concessa in virtù del comma III dell’art. 148 Tuir) dovrà non solo iscriversi al RUNTS ma anche nella relativa sezione riservata alle Associazioni di Promozione Sociale (unica categoria associativa che mantiene un’agevolazione analoga); pertanto, tornado all’esempio appena mostrato, l’associazione culturale dovrà, anche, trasformazioni in APS.

Altri elementi che possono orientare la scelta circa l’iscrizione al RUNTS da parte dell’associazione possono essere la volontà di usufruire del 5 x 1000, di volere avere rapporti in convenzione con la P.A., di usufruire di agevolazioni fiscali sulle donazioni, di partecipare a bandi pubblici, di avere agevolazioni urbanistiche sulla sede sociale, di avere un regime fiscale di favore sulle eventuali attività commerciali etc.

Vero è che, rispetto allo scenario attuale, l’iscrizione al RUNTS richiederà adempimenti sino ad ora riservati al solo mondo dell’impresa (come ad esempio il deposito del bilancio o rendiconto) e che molte associazioni dovranno, quindi, effettuare una vera e propria rivoluzione organizzativa del proprio ente tuttavia, tranne rare eccezioni, la scelta dell’iscrizione al Registro si configura quale opzione necessaria per continuare ad operare nell’ambito del non-profit.

 

Avv. Luca Concilio

Curiosità del Terzo Settore

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Iscrizione al runts

L’avvicinarsi dell’operatività del Registro Unico degli Enti del Terzo Settore (RUNTS), che dovrebbe vedere la luce entro fine Aprile 2021, pone molte associazioni dinanzi alla scelta di entrare o meno a far parte del suddetto registro.

Tale scelta, tuttavia, per alcune associazioni sarà un vero e proprio obbligo, pertanto, in questo articolo, cercherò di fare chiarezza sulla domanda in epigrafe valutando l’opzione associazione per associazione.

Iniziamo con le Associazioni di Promozione Sociale (APS) e le Organizzazioni di Volontariato (ODV); per tali tipologie di associazioni non vi sarà alcuna opportunità di scelta; le Aps ed Odv possono essere tali solo se sono iscritte al RUNTS ed infatti saranno le prime associazioni a popolare il Registro tramite il meccanismo della trasmigrazione automatica che porterà gli attuali registri regionali-nazionali delle Aps ed Odv a confluire nei rispettivi Registri nazionali-regionali del RUNTS. Anche per quanto riguarda, naturalmente, Aps ed Odv di nuova costituzione, sarà possibile acquisire la rispettiva qualifica e, quindi, la spendibilità della denominazione e/o dell’acronimo (Aps-Odv) solo una volta ottenuta l’iscrizione al RUNTS, pertanto, in conclusione, per le Aps ed Odv vige un obbligo di iscrizione al RUNTS!!!

Per le associazioni culturali, musicali, semplici e pro-loco l’iscrizione al RUNTS rappresenta, invece, un’opzione; non c’è, infatti, per queste associazioni, alcun obbligo di iscrizione al Registro; tuttavia appare necessario, per tali tipologie associtive, un’attenta riflessione sui pro e contro dell’iscrizione al Registro, invero, se da un lato l’essere un “Ente del Terzo Settore” comporterà un aumento degli oneri in capo ai consessi associativi, il restarne fuori e, quindi, l’essere un semplice “Ente Non Commerciale” priverà l’associazione di molte agevolazioni sia fiscali che civili nonché nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.

Le Onlus meritano un’esamina peculiare; tale categoria è stata abrogata dalla Riforma del Terzo Settore (D.Lgs 117/2017) pertanto tali associazioni dovranno scegliere cosa fare entro e non oltre il 31/03/2022. Sino a tale data, infatti, potranno continuare ad usufruire delle agevolazioni di settore (soprattutto di natura fiscale) ma allo spirare di tale termine dovranno decidere se iscriversi o meno al RUNTS e con quale “veste” associativa (Aps, Odv, Impresa Sociale o semplice ETS); la mancata iscrizione al Registro, che è comunque una facoltà e non un obbligo, comporterà, però, la devoluzione dell’aumento di capitale sociale avuto nel periodo in cui l’associazione aveva la qualifica di Onlus. Le Onlus, pertanto, dovranno decidere dapprima che tipologia di associazione vogliono diventare e, successivamente, se iscriversi o meno al RUNTS (opzione che appare necessaria, salvo rare eccezioni).

Infine concludiamo questa breve disamina parlando del mondo sportivo e, quindi, delle associazioni e società sportive dilettantistiche (asd e ssd); per tali tipologie di enti l’ingresso al RUNTS è una facoltà! Il RUNTS, infatti, non è alternativo al Registro Coni ma bensì cumulativo; un ente sportivo potrà, quindi, essere iscritto al Registro Coni (obbligatorio per chi svolge attività sportiva dilettantistica) e decidere di iscriversi, anche, al RUNTS scegliendo la rispettiva Sezione (che sarà, probabilmente, per le asd quella delle Aps mentre per le ssd quella dell’Impresa Sociale). Tuttavia è facile prevedere che saranno pochi gli Enti sportivi che decideranno di iscriversi al RUNTS in quanto perderebbero molte agevolazioni fiscali che sono precipue del mondo sportivo e di gran lunga più convenienti rispetto a quelle previste dal Codice del Terzo Settore.

Ultima osservazione in merito alle disposizioni fiscali previste dal D.Lgs 117/2017 (Codice Terzo Settore); tali disposizioni entreranno in vigore solo dal periodo di imposta successivo al parere favorevole della Commissione Europea, pertanto potrebbe accadere che ci possano essere delle variazioni dispositive in virtù di possibili osservazioni della Commissione. Tale circostanza deve essere presa in considerazione da parte di quelle associazioni che non sono obbligate all’iscrizione al RUNTS in quanto, ad oggi, ci si potrebbe iscrivere al Registro (dal momento in cui sarà operativo) senza però avere la certezza che il comparto normativo fiscale sia quello indicato dal titolo X del D.Lgs 117/2017; nella sostanza si potrebbe verificare (anche se è una possibilità remota) che un Ente si isriva al RUNTS puntanto su alcune determinate agevolazioni fiscali che, però, in seguito al parere della Commissione Europea, il Legislatore italiano andrà a modificare.

 

Pubblicato il 01/03/2021                                                                                                                                                  Avv. Luca Concilio

I soci minori ed il diritto di voto in assemblea

La corretta gestione del socio minorenne per ciò che riguarda l’ammissione all’associazione, la sua convocazione all’assemblea sociale ed il suo elettorato attivo e passivo (diritto di votare e farsi votare), sono sempre stati argomenti oggetto di poca attenzione sia dal punto di vista organizzativo che amministrativo da parte delle associazioni non profit.

Il modus operandi più comune è sempre stato quello di far presentare la domanda di ammissione socio al genitore esercente la patria potestà e poi, al massimo, convocare il suddetto genitore all’assemblea dei soci ma senza potere di voto ed intervento.

Nel corso degli anni, leggendo centinaia di statuti delle più varie tipologie associative, ho potuto riscontrare che la maggior parte di essi prevedevano, espressamente, clausole che escludevano l’elettorato attivo e passivo del socio minorenne.

Ma è giusto escludere dalla gestione attiva dell’associazione (che si sublima con l’espressione del diritto di voto) il socio solo in quanto minorenne? Non sarebbe opportuno riconoscergli tale diritto facendolo esprimere da chi esercita la patria potestà?

Tali quesiti, se ad un primo impatto possono apparire superflui, sono, invece, di massima importanza per una corretta gestione associativa. Immaginiamo un’associazione che si occupa di sport (corsi di avviamento alla pratica sportiva) e che svolge la propria attività esclusivamente nei confronti di soci minori di età; nella sostanza l’associazione verrebbe gestita solo da una minoranza di soci maggiorenni (presumibilmente gli stessi soci fondatori) che, esercitando il diritto di voto, determinano la gestione del consesso associativo. In tal caso, però, appare evidente come il principio fondamentale della democraticità non verrebbe rispettato ed, anzi, l’associazione potrebbe essere parificata, nella sua gestione, ad una vera e propria società.

Sulla questione è intervenuta dapprima la giurisprudenza e, di seguito, anche la prassi amministrativa, che hanno introdotto un principio nuovo per il mondo associativo.

La Corte di Cassazione civile, Sez. VI – 5, con l’ordinanza del 4.10.2017, n. 23228 ha stabilito che: “…..circa la disapplicazione di fatto delle norme statutarie inerenti l’esercizio dei diritti partecipativi degli associati, non essendo giuridicamente corretto ravvisarne un’eccezione nella circostanza che si trattasse di persone minori, posto che essi sono rappresentati ex lege dai genitori ovvero dal responsabile genitoriale”.

Sulla scia di tale pronuncia è intervenuto, anche, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali che con la nota n. 1309 del 06/02/2019 ha ribadito che: “…. anche con riferimento al diritto di voto, recenti orientamenti giurisprudenziali (Cass. Sez. VI 04.10.2017 n. 23228) hanno chiarito l’illegittima esclusione dal diritto di voto degli associati minorenni, considerato che il relativo esercizio, in caso di minore età, deve ritenersi attribuito ex lege, per i soci minori, agli esercenti la responsabilità genitoriale sugli stessi.

Alla luce di quanto innanzi indicato, pertanto, è opportuno per ogni associazione controllare il proprio statuto e, se nel caso, procedere con apposita modifica rispettando i principi su esposti evitando, così, in caso di controlli, eventuali contestazioni circa la mancanza di democraticità nella gestione dell’attività associativa ed il conseguente verbale di accertamento.

 

Pubblicato il 20/01/2021                                                                                                                         Avv. Luca Concilio

La costituzione di una nuova associazione

LA COSTITUZIONE DI UNA NUOVA ASSOCIAZIONE

Tipologia di associazione da scegliere, la normativa di riferimento per la tipologia di associazione scelta, redazione di atto costitutivo e statuto, attribuzione del codice fiscale ed eventuale partiva iva, Modello EAS, iscrizione in Registri pubblici.

Come posso costituire un’associazione? Quante volte ti sarai fatto questa semplice domanda senza mai soffermarti sul considerare tutti gli aspetti essenziali che devi conoscere prima di intraprendere questa strada. In primo luogo bisogna sapere che c’è un vero e proprio iter amministrativo-burocratico che porta alla “nascita” di ogni associazione; quest’articolo si focalizza appunto nel dare le nozioni necessarie per rispettare il suddetto iter e non solo, con il fine di non tralasciare nulla al caso. Sei pronto? INIZIAMO!

La scelta della tipologia di associazione

Elemento essenziale per aprire una nuova associazione è la conoscenza della tipologia di ente associativo che si vuole creare, conoscere le differenze tra le varie forme associative e scegliere quella che si addice meglio alle finalità che si intendono perseguire.

Ci sono varie tipologie associative nel sistema non-profit italiano; le principali sono:

  • Associazione semplice (culturale, musicale, ludica);
  • Associazione di promozione sociale (A.p.s.);
  • Organizzazione di volontariato (O.d.v.);
  • ONLUS (di prossima abrogazione);
  • Associazione sportiva dilettantistica (A.s.d.);
  • Pro-loco;
  • Reti associative, enti filantropici (figure specifiche disciplinate dal nuovo Codice del Terzo Settore).

Accanto a queste figure, poi, ci sono tipologie di natura societaria (sempre senza fine di lucro) come ad esempio le imprese sociali, le società di mutuo soccorso e le società sportive dilettantistiche.

Pertanto è fondamentale che i soci costituendi, in base alle finalità che vorranno perseguire, decidano quale tipologia di associazione creare; ad esempio se si vuole fare sport agonistico non si aprirà una o.d.v. ma si opterà per una a.s.d. così come se vi vuole prestare attenzione alle esigenze di soggetti terzi (non soci) non si sceglierà l’a.p.s. bensì l’o.d.v.

Questa fase iniziale risulta essere, sicuramente, la più delicata in quanto non solo bisogna sapere cosa si vuole fare con l’associazione ma, cosa più complicata, conoscere le differenze tra le varie tipologie associative; infatti non si tratta solo di fare una mera scelta di denominazione bensì di conoscere la disciplina che regola ogni diversa forma di associazione. Se di base vi sono norme comuni per tutti gli enti associativi vi sono, poi, norme specifiche che riguardano le singole fattispecie. In questa fase è opportuno farsi assistere da un consulente esperto di non-profit che vi possa aiutare a scegliere la forma associativa più consona alle vostre esigenze.

Il quadro normativo attuale per gli enti associativi

Il mondo dell’associazionismo è stato per anni, anzi per decenni, regolato da poche norme, spesso anche scollegate tra loro. Tuttavia questa situazione non era oggetto di particolare attenzione in quanto i controlli sulle associazioni erano davvero merce rara. Il mutamento si è iniziato a vedere nei primi anni del nuovo millennio, quando dapprima l’Agenzia delle Entrate e successivamente il Legislatore stesso hanno iniziato ad interessarsi al mondo del non-profit. I riflettori accesi su questa categorie di enti, dovuti anche al modus operandi di associazioni che in realtà altro non erano che società for profit mascherate da associazioni non-profit per non pagare tasse, hanno portato ad un processo di riforma normativa di tutto il sistema non-profit italiano.

Nel 2017 è stato emanato il Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017) che disciplina gran parte delle realtà associative; tale codice, difatti, prevede l’istituzione di un Registro Unico Nazionale (che sarà operativo nel 2021) nel quale andranno a confluire, tutti i registri sin ora presenti (ad eccezione del registro Coni per lo sport). Sempre nello stesso anno è stato riformato il Registro Coni delle associazioni e società sportive dilettantistiche (delibera Coni 1574 del 18/07/2017) che ha cambiato le regole per le a.s.d ed s.s.d. (in materia sportiva, ad oggi, è in discussione anche la riforma dello sport che dovrebbe portare all’emanazione di un Testo Unico di norme riferite al settore sportivo).

La situazione attuale presenta, pertanto, degli elementi fortemente innovativi per qualsiasi tipo di associazione; nella sostanza dal prossimo anno si avrà il seguente scenario: associazioni iscritte al Registro Unico degli enti del terzo settore (RUNTS), associazioni iscritte al Registro Coni (p.s. un’associazione può essere iscritta ad entrambi i registri) ed infine associazioni non iscritte ad alcun registro.

L’essere iscritto o meno ai registri innanzi indicati comporta una serie di agevolazioni (soprattutto fiscali) ma anche molti oneri in tema di adempimenti da ottemperare da parte dell’associazione (ad es. deposito di bilanci o REFA, comunicazioni sui compensi elargiti etc).

Ma devo per forza iscrivere l’associazione a questi registri?

La risposta è DIPENDE. Se sei una a.s.d. devi obbligatoriamente essere iscritta al Registro Coni. Se la tua associazione è una A.p.s., O.d.v., Ente filantropico, rete associativa dovrai obbligatoriamente essere iscritto al RUNTS; difatti tali denominazioni si possono utilizzare solo se vi è la relativa iscrizione al registro che, pertanto, ha un effetto costitutivo. Se invece sei un’associazione semplice, culturale, musicale, una pro loco o una onlus (quest’ultima tipologia è stata abrogata dal nuovo codice del terzo settore) puoi decidere se entrare a far parte o meno del RUNTS; nel caso in cui decidessi di star fuori dal registro saresti disciplinata dalle norme generali del codice civile e del Tuir (con meno agevolazioni ma anche meno oneri).

La redazione dell’atto costitutivo e dello statuto

Una volta scelta la tipologia di associazione che si intende creare inizia l’iter amministrativo-burocratico che porterà alla “nascita” dell’ente associativo. Primo passo è quello di redigere un atto costitutivo e uno statuto. Bisogna fare molta attenzione in questa fase; evitate di fare i “copia e incolla” su internet per creare il vostro statuto. Lo statuto è come un abito, deve essere fatto su misura in virtù delle esigenze della vostra associazione. Sappiate che in fase di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria, viene sempre chiesto di esaminare lo statuto, non solo per stabilire se siano riportati i requisiti formali richiesti dalla legge ma anche, se non soprattutto, per verificare se le norme statutarie vengano, effettivamente, rispettate dall’associazione. Un’associazione che non rispetta le norme del proprio statuto, agli occhi del Fisco, non è un’associazione, con tutto ciò che poi ne comporta in termini di accertamento fiscale. Pertanto è necessario conoscere bene la propria legge interna e ciò lo si può fare solo se questa legge la si è decisa oculatamente e non invece se è stata scopiazzata su qualche pro-forma.

Ciò premesso passiamo ad esaminare le due tipologie di documenti: atto costitutivo e statuto.

L’atto costitutivo è un verbale, immodificabile, che riporta, trascritte, le intenzioni dei soci fondatori di creare un consesso associativo. Vengono indicati vari elementi tra cui la denominazione, la tipologia di associazione, la sede, lo scopo sociale, i nominativi dei soci fondatori e di coloro che formano il primo consiglio direttivo.

Allegato all’atto costitutivo vi è poi lo Statuto che rappresenta la legge interna dell’associazione (che potrà essere successivamente modificato dall’associazione tramite assemblea straordinaria dei soci). Gli elementi essenziali che lo statuto deve contenere cambiano a seconda della tipologia di associazione che si intende costituire, tuttavia, in linea di massima, lo statuto deve regolare gli aspetti ordinari e straordinari di gestione dell’associazione. Devono essere indicati lo scopo, le modalità per diventare socio dell’associazione, la disciplina delle assemblee, le regole di convocazione, l’elencazione ed i poteri degli organi sociali, il rispetto dei principi di democraticità e della mancanza di lucro soggettivo.

Ogni associazione, poi, deve rispettare la propria normativa di riferimento ed indicare gli elementi di specificità previsti dalle rispettive norme. Ad esempio le a.s.d. dovranno indicare nel proprio statuto gli elementi obbligatori previsti dall’art. 90 della legge 289/2002 e dall’art. 148 comma 8 del Tuir, mentre per le associazioni che si iscriveranno al RUNTS sarà necessario aver indicato tutti gli elementi previsti dal Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017).

Una volta redatti l’atto costitutivo e lo statuto dovranno essere prodotti in duplice copia originale e firmati da tutti i soci fondatori (necessario per procedere, successivamente, alla registrazione in Agenzia delle Entrate).

Richiesta di attribuzione del codice fiscale e registrazione atto costitutivo e statuto

Redatti l’atto costitutivo e lo statuto bisogna far “nascere” formalmente l’associazione.

Se l’associazione è stata costituita dinanzi ad un Notaio sarà stesso quest’ultimo a procedere a tutti gli adempimenti del caso, se invece, come nella maggioranza dei casi, l’associazione è nata tramite la cosiddetta “scrittura privata” bisogna procedere dapprima con la richiesta di attribuzione di codice fiscale e, poi, alla registrazione dell’atto costitutivo e dello statuto. Entrambi questi adempimenti vengono effettuati presso l’Agenzia delle Entrate ma in due momenti differenti.

Primo passo è la richiesta del codice fiscale dell’associazione. Il legale rappresentate (presidente) della costituenda associazione deve recarsi presso un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate, indipendentemente dal domicilio fiscale del contribuente, munito di: copia del proprio documento di riconoscimento; copia dell’atto costitutivo e statuto (portate anche un originale per sicurezza) e il modello AA5/6 compilato in duplice copia (tale modello lo si trova sul sito dell’agenzia delle entrate). Nel caso in cui si dovesse recare una persona diversa dal presidente deve munirsi di apposita delega oltre che avere una copia del proprio documento di riconoscimento. La richiesta può essere inviata anche a mezzo racc. a.r. contenente i suddetti documenti, in tal caso la domanda si ritiene presentata alla data di spedizione della raccomandata. Infine professionisti abilitati possono procedere alla richiesta, anche, telematicamente. La richiesta del codice fiscale è gratuita.

Una volta ottenuto il codice fiscale, che è composto da una combinazione di n. 11 numeri, bisogna procedere con la registrazione dell’atto costitutivo e dello statuto, sempre, presso l’Agenzia delle Entrate. La registrazione, oltre a dare data certa ai suddetti documenti, è un elemento essenziale sia per l’iscrizione al registro Coni che al RUNTS.

Per la registrazione di statuto e atto costitutivo bisogna recarsi all’ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate con i seguenti documenti:

– due copie dell’atto costitutivo e statuto in originale, firmate in calce dai soci fondatori;

– copia della carta di identità di chi si reca a registrare (se diverso dal presidente) e del legale rappresentante dell’associazione;

– modello 69 compilato (rilasciato dall’Agenzia delle Entrate o scaricabile sul relativo sito istituzionale);

– ricevuta del versamento delle imposte, da effettuarsi in banca o in posta con modello F23, se dovute (la tassa di registro in misura fissa è pari ad € 200,00).

Per le associazioni sportive e per quelle rientrati nel Codice del Terzo Settore vi è l’esenzione dalle imposte di bollo.

L’attribuzione della partita Iva

La partita Iva per un’associazione non è un elemento essenziale. L’associazione, per poter nascere ed operare giuridicamente ha la necessità di avere il codice fiscale mentre la partita iva risulta opzionale. Se l’associazione intendere fare operazioni di natura commerciale (ad esempio ricevere sponsorizzazioni o vendere prodotti), in tal caso, sarà necessaria l’apertura della relativa partita iva.

L’associazione può decidere di aprire la partita iva contestualmente alla richiesta del codice fiscale e quindi in fase di sua costituzione, perché già consapevole della sua necessità, oppure farne domanda successivamente. La richiesta della partita iva dovrà essere presentata compilando l’apposito modello AA7/10 disponibile sul sito dell’agenzia delle entrate, alla quale dovrà pervenire in una delle seguenti tre modalità:

  • nel caso di soggetti obbligati all’iscrizione al registro delle imprese attraverso la piattaforma Comunicazione Unica (ComUnica);
  • direttamente presso l’ufficio competente dell’Agenzia delle Entrate in duplice esemplare anche a mezzo di persona appositamente delegata;
  • in unico esemplare a mezzo servizio postale e mediante raccomandata, allegando fotocopia di un documento d’identità del dichiarante, da inviare a un qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate, a prescindere dal domicilio fiscale del contribuente, per via telematica direttamente dal contribuente o tramite i soggetti incaricati della trasmissione telematica di cui all’art. 3, commi 2-bis e 3, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.

L’apertura della partita iva porta, però, con sé molti nuovi adempimenti fiscali e contabili ai quali l’associazione dovrà successivamente sottostare, per cui merita un’attenta riflessione iniziale e l’affidamento ad un professionista esperto nel terzo settore.

Il regime fiscale nel quale ricadono le operazioni di natura commerciale poste in essere dall’associazione, tuttavia, gode di forti agevolazioni per tale tipologia di enti (si veda Legge 398/91 – articoli 80 ed 86 D.Lgs. 117/2017).

L’apertura della P.iva, come visto per il codice fiscale, non prevede costi.

Modello EAS (Enti Associativi)

Il modello Enti Associativi (EAS) è stato introdotto nel 2009 ed è un documento con il quale, telematicamente, si comunicano, all’Agenzia delle Entrate, una serie di dati di rilevanza fiscale inerenti l’ente associativo.

Prima di spiegare di cosa si tratta e come si presenta il modello Eas è doveroso specificare che l’onere di effettuare tale comunicazione è stato soppresso dal Codice del Terzo Settore (art. 94 co. 4 D.Lgs.117/2017); tuttavia soltanto dopo l’effettiva operatività del RUNTS (prevista per la primavera 2021), gli enti associativi che si iscriveranno al Registro Unico non avranno, più, tale incombenza. In tal senso, anche la bozza della Riforma dello Sport (ad oggi, per l’appunto, è solo una bozza) prevede l’abolizione della comunicazione EAS per le a.s.d. iscritte al Registro Coni.

Fatte le dovute precisazioni iniziamo con il dire che la comunicazione EAS (ad oggi, quindi, ancora obbligatoria) deve essere presentata per via telematica o tramite un intermediario abilitato (caf, commercialisti etc.) oppure, anche, autonomamente se l’associazione è in possesso delle apposite credenziali telematiche. Il modello va presentato:

  • entro 60 giorni dalla data di costituzione dell’associazione;
  • ovvero quando cambiano i dati precedentemente comunicati; la scadenza, in questa ipotesi, è il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui si è verificata la variazione che abbia rilevanza fiscale;
  • infine, in caso di perdita dei requisiti qualificanti (previsti dalla normativa tributaria e richiamati dall’articolo 30 del Dl n. 185/2008) il modello EAS va ripresentato entro 60 giorni, compilando la sezione “Perdita dei requisiti”.

Vi sono delle realtà associative che sono esonerate dalla presentazione del modello EAS, precisamente:

  • le associazioni sportive dilettantistiche iscritte nel registro del Coni che non svolgono attività commerciale (o decommercializzata);
  • le associazioni pro-loco che hanno esercitato l’opzione per il regime agevolativo in quanto nel periodo d’imposta precedente hanno realizzato proventi inferiori a 400.000 euro (Legge n° 398/1991 – Regime speciale Iva e imposte dirette);
  • le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali che non svolgono attività commerciali diverse da quelle marginali individuate dal Dm 25 maggio 1995 (per esempio, attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito, iniziative occasionali di solidarietà, attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasioni di raduni, manifestazioni e simili);
  • i patronati che non svolgono al posto delle associazioni sindacali promotrici le loro proprie attività istituzionali;
  • le Onlus di cui al decreto legislativo n° 460 del 1997;
  • gli enti destinatari di una specifica disciplina fiscale (per esempio, i fondi pensione).

Altre associazioni hanno, invece, diritto a presentare il modello EAS con modalità semplificate:

  • le associazioni e società sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni, diverse da quelle espressamente esonerate;
  • le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri di cui alla legge n° 383 del 2000;
  • le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui alla legge n° 266 del 1991, diverse da quelle esonerate per la presentazione del modello (le organizzazioni di volontariato che non sono Onlus di diritto);
  • le associazioni iscritte nel registro delle persone giuridiche tenuto dalle prefetture, dalle regioni o dalle province autonome ai sensi del Dpr 361/2000;
  • le associazioni religiose riconosciute dal Ministero dell’interno come enti che svolgono in via preminente attività di religione e di culto, nonché le associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese;
  • i movimenti e i partiti politici tenuti alla presentazione del rendiconto di esercizio per la partecipazione al piano di riparto dei rimborsi per le spese elettorali ai sensi della legge n° 2 del 1997 o che hanno comunque presentato proprie liste nelle ultime elezioni del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo;
  • le associazioni sindacali e di categoria rappresentate nel Cnel nonché le associazioni per le quali la funzione di tutela e rappresentanza degli interessi della categoria risulti da disposizioni normative o dalla partecipazione presso amministrazioni e organismi pubblici di livello nazionale o regionale, le loro articola-zioni territoriali e/o funzionali gli enti bilaterali costituiti dalle anzidette associazioni gli istituti di patronato che svolgono, in luogo delle associazioni sindacali promotrici, le attività istituzionali proprie di queste ultime;
  • l’Anci, comprese le articolazioni territoriali;
  • le associazioni riconosciute aventi per scopo statutario lo svolgimento o la promozione della ricerca scientifica individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (per esempio, l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro);
  • le associazioni combattentistiche e d’arma iscritte nell’albo tenuto dal Ministero della difesa;
  • le federazioni sportive nazionale riconosciute dal Coni.

Nel caso in cui non venga presentato in modello EAS, Il Decreto Legge n.16/2012 ha stabilito che:

“non è precluso l’accesso ai regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di una comunicazione preventiva (o di un altro adempimento di natura formale) non eseguito tempestivamente, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, purché il contribuente:

  • abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento alla data di scadenza ordinaria del termine;
  • effettui la comunicazione (o effettui l’adempimento richiesto) entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
  • versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione di 258 euro con codice tributo 8114 – cd. remissione in bonis”.

In mancanza degli elementi innanzi descritti, la mancata comunicazione del modello EAS può portare a conseguenze molto impattanti sull’associazione tra cui il mancato riconoscimento delle agevolazioni previste dall’art. 148 Tuir nonché dall’art. 4, comma 4 e 6 della Legge IVA; nella sostanza tutte le quote incassate dall’associazione verrebbero trattate come reddito di impresa e portate a tassazione ordinaria con tutto ciò che comporta in ambito fiscale ed economico per l’associazione.

Iscrizione nei pubblici registri

L’iscrizione di un ente associativo presso un pubblico registro è un atto, spesso, necessario se non determinante per ottenere effetti giuridici e fiscali considerevoli.

Ad oggi sono presenti, ancora, molteplici registri collegati a singole fattispecie associative; tuttavia lo scenario è in fase di profonda modifica dovuta alla prossima operatività del RUNTS. Ma andiamo per ordine. I registri fondamentali, attualmente, sono i seguenti: Registro Coni, Registro Regionale e Nazionale delle A.p.s., Registro Regionale delle O.d.v., Registro ONLUS (presso l’Agenzia delle Entrate), Registro delle Imprese. Tre dei suddetti registri saranno abrogati non appena diventerà operativo il RUNTS (primavera 2021) ovvero quelli inerenti le Aps, le Odv e le ONLUS. Esaminiamo, quindi, quali sono gli effetti della registrazione presso i registri indicati.

Registro CONI: ogni associazione o società sportiva dilettantistica, per praticare attività sportiva, formativa e didattica deve necessariamente iscriversi al Registro pubblico del CONI. L’iscrizione avviene per mezzo di un Organismo di affiliazione (Federazione, Ente di Promozione o Disciplina Associata) al quale l’associazione deve affiliarsi; non è possibile iscriversi autonomamente al Registro ma solo tramite gli Organismi indicati. L’effetto dell’iscrizione, oltre a certificare la finalità sportiva dell’ente, è quello di consentire all’associazione di poter fruire delle considerevoli agevolazioni fiscali previste per il settore sportivo. Si precisa che, anche, il Registro Coni è oggetto della riforma dello Sport che dovrebbe concludersi con l’emanazione di un Testo Unico contenente le nuove disposizioni per tutto il settore sportivo.

RUNTS: tralasciando i registri, tuttora operativi, inerenti le Aps, le Odv e le Onlus, che come detto verranno abrogati dal momento della prossima operatività del Runts, concentriamoci sugli effetti dell’iscrizione al predetto Registro Unico degli Enti del Terzo Settore. Il RUNTS è composto da sette sezioni: A.p.s., O.d.v., Enti filantropici, Reti associative, Imprese sociali (incluse le cooperative sociali), Società di Mutuo Soccorso ed Altri Enti del Terzo Settore. Le regole di operatività del Registro sono state, di recente, pubblicate nel decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali n. 106/2020. L’iscrizione al RUNTS ha effetto costitutivo nel senso che l’associazione potrà qualificarsi come A.p.s., O.d.v. o in generale E.t.s. (Ente del Terzo Settore) solo previa avvenuta iscrizione al Registro Unico. Tutte le agevolazioni presenti nel Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017) potranno essere fruibili esclusivamente per le associazioni che saranno, regolarmente, iscritte al RUNTS.

Registro delle Imprese: le imprese sociali e le società di mutuo soccorso (ad eccezione di quelle con contributi associativi inferiori a 50.000 euro annui) sono soggette all’iscrizione al Registro delle Imprese; tale iscrizione comporta, anche, l’automatica iscrizione al RUNTS. Le associazioni che svolgono, in via non principale, attività di carattere commerciale (quindi in P.Iva) verso soggetti terzi non soci, devono iscriversi al REA (Repertorio Economico Amministrativo) mediante la compilazione, in ogni sua parte, del Modello R che va firmato digitalmente e inviato in modalità telematica al Registro Imprese della Camera di Commercio competente per territorio.

Pubblicato il 25/11/2020                                                 Avv. Luca Concilio