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La costituzione di una nuova associazione

LA COSTITUZIONE DI UNA NUOVA ASSOCIAZIONE

Tipologia di associazione da scegliere, la normativa di riferimento per la tipologia di associazione scelta, redazione di atto costitutivo e statuto, attribuzione del codice fiscale ed eventuale partiva iva, Modello EAS, iscrizione in Registri pubblici.

Come posso costituire un’associazione? Quante volte ti sarai fatto questa semplice domanda senza mai soffermarti sul considerare tutti gli aspetti essenziali che devi conoscere prima di intraprendere questa strada. In primo luogo bisogna sapere che c’è un vero e proprio iter amministrativo-burocratico che porta alla “nascita” di ogni associazione; quest’articolo si focalizza appunto nel dare le nozioni necessarie per rispettare il suddetto iter e non solo, con il fine di non tralasciare nulla al caso. Sei pronto? INIZIAMO!

La scelta della tipologia di associazione

Elemento essenziale per aprire una nuova associazione è la conoscenza della tipologia di ente associativo che si vuole creare, conoscere le differenze tra le varie forme associative e scegliere quella che si addice meglio alle finalità che si intendono perseguire.

Ci sono varie tipologie associative nel sistema non-profit italiano; le principali sono:

  • Associazione semplice (culturale, musicale, ludica);
  • Associazione di promozione sociale (A.p.s.);
  • Organizzazione di volontariato (O.d.v.);
  • ONLUS (di prossima abrogazione);
  • Associazione sportiva dilettantistica (A.s.d.);
  • Pro-loco;
  • Reti associative, enti filantropici (figure specifiche disciplinate dal nuovo Codice del Terzo Settore).

Accanto a queste figure, poi, ci sono tipologie di natura societaria (sempre senza fine di lucro) come ad esempio le imprese sociali, le società di mutuo soccorso e le società sportive dilettantistiche.

Pertanto è fondamentale che i soci costituendi, in base alle finalità che vorranno perseguire, decidano quale tipologia di associazione creare; ad esempio se si vuole fare sport agonistico non si aprirà una o.d.v. ma si opterà per una a.s.d. così come se vi vuole prestare attenzione alle esigenze di soggetti terzi (non soci) non si sceglierà l’a.p.s. bensì l’o.d.v.

Questa fase iniziale risulta essere, sicuramente, la più delicata in quanto non solo bisogna sapere cosa si vuole fare con l’associazione ma, cosa più complicata, conoscere le differenze tra le varie tipologie associative; infatti non si tratta solo di fare una mera scelta di denominazione bensì di conoscere la disciplina che regola ogni diversa forma di associazione. Se di base vi sono norme comuni per tutti gli enti associativi vi sono, poi, norme specifiche che riguardano le singole fattispecie. In questa fase è opportuno farsi assistere da un consulente esperto di non-profit che vi possa aiutare a scegliere la forma associativa più consona alle vostre esigenze.

Il quadro normativo attuale per gli enti associativi

Il mondo dell’associazionismo è stato per anni, anzi per decenni, regolato da poche norme, spesso anche scollegate tra loro. Tuttavia questa situazione non era oggetto di particolare attenzione in quanto i controlli sulle associazioni erano davvero merce rara. Il mutamento si è iniziato a vedere nei primi anni del nuovo millennio, quando dapprima l’Agenzia delle Entrate e successivamente il Legislatore stesso hanno iniziato ad interessarsi al mondo del non-profit. I riflettori accesi su questa categorie di enti, dovuti anche al modus operandi di associazioni che in realtà altro non erano che società for profit mascherate da associazioni non-profit per non pagare tasse, hanno portato ad un processo di riforma normativa di tutto il sistema non-profit italiano.

Nel 2017 è stato emanato il Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017) che disciplina gran parte delle realtà associative; tale codice, difatti, prevede l’istituzione di un Registro Unico Nazionale (che sarà operativo nel 2021) nel quale andranno a confluire, tutti i registri sin ora presenti (ad eccezione del registro Coni per lo sport). Sempre nello stesso anno è stato riformato il Registro Coni delle associazioni e società sportive dilettantistiche (delibera Coni 1574 del 18/07/2017) che ha cambiato le regole per le a.s.d ed s.s.d. (in materia sportiva, ad oggi, è in discussione anche la riforma dello sport che dovrebbe portare all’emanazione di un Testo Unico di norme riferite al settore sportivo).

La situazione attuale presenta, pertanto, degli elementi fortemente innovativi per qualsiasi tipo di associazione; nella sostanza dal prossimo anno si avrà il seguente scenario: associazioni iscritte al Registro Unico degli enti del terzo settore (RUNTS), associazioni iscritte al Registro Coni (p.s. un’associazione può essere iscritta ad entrambi i registri) ed infine associazioni non iscritte ad alcun registro.

L’essere iscritto o meno ai registri innanzi indicati comporta una serie di agevolazioni (soprattutto fiscali) ma anche molti oneri in tema di adempimenti da ottemperare da parte dell’associazione (ad es. deposito di bilanci o REFA, comunicazioni sui compensi elargiti etc).

Ma devo per forza iscrivere l’associazione a questi registri?

La risposta è DIPENDE. Se sei una a.s.d. devi obbligatoriamente essere iscritta al Registro Coni. Se la tua associazione è una A.p.s., O.d.v., Ente filantropico, rete associativa dovrai obbligatoriamente essere iscritto al RUNTS; difatti tali denominazioni si possono utilizzare solo se vi è la relativa iscrizione al registro che, pertanto, ha un effetto costitutivo. Se invece sei un’associazione semplice, culturale, musicale, una pro loco o una onlus (quest’ultima tipologia è stata abrogata dal nuovo codice del terzo settore) puoi decidere se entrare a far parte o meno del RUNTS; nel caso in cui decidessi di star fuori dal registro saresti disciplinata dalle norme generali del codice civile e del Tuir (con meno agevolazioni ma anche meno oneri).

La redazione dell’atto costitutivo e dello statuto

Una volta scelta la tipologia di associazione che si intende creare inizia l’iter amministrativo-burocratico che porterà alla “nascita” dell’ente associativo. Primo passo è quello di redigere un atto costitutivo e uno statuto. Bisogna fare molta attenzione in questa fase; evitate di fare i “copia e incolla” su internet per creare il vostro statuto. Lo statuto è come un abito, deve essere fatto su misura in virtù delle esigenze della vostra associazione. Sappiate che in fase di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria, viene sempre chiesto di esaminare lo statuto, non solo per stabilire se siano riportati i requisiti formali richiesti dalla legge ma anche, se non soprattutto, per verificare se le norme statutarie vengano, effettivamente, rispettate dall’associazione. Un’associazione che non rispetta le norme del proprio statuto, agli occhi del Fisco, non è un’associazione, con tutto ciò che poi ne comporta in termini di accertamento fiscale. Pertanto è necessario conoscere bene la propria legge interna e ciò lo si può fare solo se questa legge la si è decisa oculatamente e non invece se è stata scopiazzata su qualche pro-forma.

Ciò premesso passiamo ad esaminare le due tipologie di documenti: atto costitutivo e statuto.

L’atto costitutivo è un verbale, immodificabile, che riporta, trascritte, le intenzioni dei soci fondatori di creare un consesso associativo. Vengono indicati vari elementi tra cui la denominazione, la tipologia di associazione, la sede, lo scopo sociale, i nominativi dei soci fondatori e di coloro che formano il primo consiglio direttivo.

Allegato all’atto costitutivo vi è poi lo Statuto che rappresenta la legge interna dell’associazione (che potrà essere successivamente modificato dall’associazione tramite assemblea straordinaria dei soci). Gli elementi essenziali che lo statuto deve contenere cambiano a seconda della tipologia di associazione che si intende costituire, tuttavia, in linea di massima, lo statuto deve regolare gli aspetti ordinari e straordinari di gestione dell’associazione. Devono essere indicati lo scopo, le modalità per diventare socio dell’associazione, la disciplina delle assemblee, le regole di convocazione, l’elencazione ed i poteri degli organi sociali, il rispetto dei principi di democraticità e della mancanza di lucro soggettivo.

Ogni associazione, poi, deve rispettare la propria normativa di riferimento ed indicare gli elementi di specificità previsti dalle rispettive norme. Ad esempio le a.s.d. dovranno indicare nel proprio statuto gli elementi obbligatori previsti dall’art. 90 della legge 289/2002 e dall’art. 148 comma 8 del Tuir, mentre per le associazioni che si iscriveranno al RUNTS sarà necessario aver indicato tutti gli elementi previsti dal Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017).

Una volta redatti l’atto costitutivo e lo statuto dovranno essere prodotti in duplice copia originale e firmati da tutti i soci fondatori (necessario per procedere, successivamente, alla registrazione in Agenzia delle Entrate).

Richiesta di attribuzione del codice fiscale e registrazione atto costitutivo e statuto

Redatti l’atto costitutivo e lo statuto bisogna far “nascere” formalmente l’associazione.

Se l’associazione è stata costituita dinanzi ad un Notaio sarà stesso quest’ultimo a procedere a tutti gli adempimenti del caso, se invece, come nella maggioranza dei casi, l’associazione è nata tramite la cosiddetta “scrittura privata” bisogna procedere dapprima con la richiesta di attribuzione di codice fiscale e, poi, alla registrazione dell’atto costitutivo e dello statuto. Entrambi questi adempimenti vengono effettuati presso l’Agenzia delle Entrate ma in due momenti differenti.

Primo passo è la richiesta del codice fiscale dell’associazione. Il legale rappresentate (presidente) della costituenda associazione deve recarsi presso un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate, indipendentemente dal domicilio fiscale del contribuente, munito di: copia del proprio documento di riconoscimento; copia dell’atto costitutivo e statuto (portate anche un originale per sicurezza) e il modello AA5/6 compilato in duplice copia (tale modello lo si trova sul sito dell’agenzia delle entrate). Nel caso in cui si dovesse recare una persona diversa dal presidente deve munirsi di apposita delega oltre che avere una copia del proprio documento di riconoscimento. La richiesta può essere inviata anche a mezzo racc. a.r. contenente i suddetti documenti, in tal caso la domanda si ritiene presentata alla data di spedizione della raccomandata. Infine professionisti abilitati possono procedere alla richiesta, anche, telematicamente. La richiesta del codice fiscale è gratuita.

Una volta ottenuto il codice fiscale, che è composto da una combinazione di n. 11 numeri, bisogna procedere con la registrazione dell’atto costitutivo e dello statuto, sempre, presso l’Agenzia delle Entrate. La registrazione, oltre a dare data certa ai suddetti documenti, è un elemento essenziale sia per l’iscrizione al registro Coni che al RUNTS.

Per la registrazione di statuto e atto costitutivo bisogna recarsi all’ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate con i seguenti documenti:

– due copie dell’atto costitutivo e statuto in originale, firmate in calce dai soci fondatori;

– copia della carta di identità di chi si reca a registrare (se diverso dal presidente) e del legale rappresentante dell’associazione;

– modello 69 compilato (rilasciato dall’Agenzia delle Entrate o scaricabile sul relativo sito istituzionale);

– ricevuta del versamento delle imposte, da effettuarsi in banca o in posta con modello F23, se dovute (la tassa di registro in misura fissa è pari ad € 200,00).

Per le associazioni sportive e per quelle rientrati nel Codice del Terzo Settore vi è l’esenzione dalle imposte di bollo.

L’attribuzione della partita Iva

La partita Iva per un’associazione non è un elemento essenziale. L’associazione, per poter nascere ed operare giuridicamente ha la necessità di avere il codice fiscale mentre la partita iva risulta opzionale. Se l’associazione intendere fare operazioni di natura commerciale (ad esempio ricevere sponsorizzazioni o vendere prodotti), in tal caso, sarà necessaria l’apertura della relativa partita iva.

L’associazione può decidere di aprire la partita iva contestualmente alla richiesta del codice fiscale e quindi in fase di sua costituzione, perché già consapevole della sua necessità, oppure farne domanda successivamente. La richiesta della partita iva dovrà essere presentata compilando l’apposito modello AA7/10 disponibile sul sito dell’agenzia delle entrate, alla quale dovrà pervenire in una delle seguenti tre modalità:

  • nel caso di soggetti obbligati all’iscrizione al registro delle imprese attraverso la piattaforma Comunicazione Unica (ComUnica);
  • direttamente presso l’ufficio competente dell’Agenzia delle Entrate in duplice esemplare anche a mezzo di persona appositamente delegata;
  • in unico esemplare a mezzo servizio postale e mediante raccomandata, allegando fotocopia di un documento d’identità del dichiarante, da inviare a un qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate, a prescindere dal domicilio fiscale del contribuente, per via telematica direttamente dal contribuente o tramite i soggetti incaricati della trasmissione telematica di cui all’art. 3, commi 2-bis e 3, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.

L’apertura della partita iva porta, però, con sé molti nuovi adempimenti fiscali e contabili ai quali l’associazione dovrà successivamente sottostare, per cui merita un’attenta riflessione iniziale e l’affidamento ad un professionista esperto nel terzo settore.

Il regime fiscale nel quale ricadono le operazioni di natura commerciale poste in essere dall’associazione, tuttavia, gode di forti agevolazioni per tale tipologia di enti (si veda Legge 398/91 – articoli 80 ed 86 D.Lgs. 117/2017).

L’apertura della P.iva, come visto per il codice fiscale, non prevede costi.

Modello EAS (Enti Associativi)

Il modello Enti Associativi (EAS) è stato introdotto nel 2009 ed è un documento con il quale, telematicamente, si comunicano, all’Agenzia delle Entrate, una serie di dati di rilevanza fiscale inerenti l’ente associativo.

Prima di spiegare di cosa si tratta e come si presenta il modello Eas è doveroso specificare che l’onere di effettuare tale comunicazione è stato soppresso dal Codice del Terzo Settore (art. 94 co. 4 D.Lgs.117/2017); tuttavia soltanto dopo l’effettiva operatività del RUNTS (prevista per la primavera 2021), gli enti associativi che si iscriveranno al Registro Unico non avranno, più, tale incombenza. In tal senso, anche la bozza della Riforma dello Sport (ad oggi, per l’appunto, è solo una bozza) prevede l’abolizione della comunicazione EAS per le a.s.d. iscritte al Registro Coni.

Fatte le dovute precisazioni iniziamo con il dire che la comunicazione EAS (ad oggi, quindi, ancora obbligatoria) deve essere presentata per via telematica o tramite un intermediario abilitato (caf, commercialisti etc.) oppure, anche, autonomamente se l’associazione è in possesso delle apposite credenziali telematiche. Il modello va presentato:

  • entro 60 giorni dalla data di costituzione dell’associazione;
  • ovvero quando cambiano i dati precedentemente comunicati; la scadenza, in questa ipotesi, è il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui si è verificata la variazione che abbia rilevanza fiscale;
  • infine, in caso di perdita dei requisiti qualificanti (previsti dalla normativa tributaria e richiamati dall’articolo 30 del Dl n. 185/2008) il modello EAS va ripresentato entro 60 giorni, compilando la sezione “Perdita dei requisiti”.

Vi sono delle realtà associative che sono esonerate dalla presentazione del modello EAS, precisamente:

  • le associazioni sportive dilettantistiche iscritte nel registro del Coni che non svolgono attività commerciale (o decommercializzata);
  • le associazioni pro-loco che hanno esercitato l’opzione per il regime agevolativo in quanto nel periodo d’imposta precedente hanno realizzato proventi inferiori a 400.000 euro (Legge n° 398/1991 – Regime speciale Iva e imposte dirette);
  • le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali che non svolgono attività commerciali diverse da quelle marginali individuate dal Dm 25 maggio 1995 (per esempio, attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito, iniziative occasionali di solidarietà, attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasioni di raduni, manifestazioni e simili);
  • i patronati che non svolgono al posto delle associazioni sindacali promotrici le loro proprie attività istituzionali;
  • le Onlus di cui al decreto legislativo n° 460 del 1997;
  • gli enti destinatari di una specifica disciplina fiscale (per esempio, i fondi pensione).

Altre associazioni hanno, invece, diritto a presentare il modello EAS con modalità semplificate:

  • le associazioni e società sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni, diverse da quelle espressamente esonerate;
  • le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri di cui alla legge n° 383 del 2000;
  • le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui alla legge n° 266 del 1991, diverse da quelle esonerate per la presentazione del modello (le organizzazioni di volontariato che non sono Onlus di diritto);
  • le associazioni iscritte nel registro delle persone giuridiche tenuto dalle prefetture, dalle regioni o dalle province autonome ai sensi del Dpr 361/2000;
  • le associazioni religiose riconosciute dal Ministero dell’interno come enti che svolgono in via preminente attività di religione e di culto, nonché le associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese;
  • i movimenti e i partiti politici tenuti alla presentazione del rendiconto di esercizio per la partecipazione al piano di riparto dei rimborsi per le spese elettorali ai sensi della legge n° 2 del 1997 o che hanno comunque presentato proprie liste nelle ultime elezioni del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo;
  • le associazioni sindacali e di categoria rappresentate nel Cnel nonché le associazioni per le quali la funzione di tutela e rappresentanza degli interessi della categoria risulti da disposizioni normative o dalla partecipazione presso amministrazioni e organismi pubblici di livello nazionale o regionale, le loro articola-zioni territoriali e/o funzionali gli enti bilaterali costituiti dalle anzidette associazioni gli istituti di patronato che svolgono, in luogo delle associazioni sindacali promotrici, le attività istituzionali proprie di queste ultime;
  • l’Anci, comprese le articolazioni territoriali;
  • le associazioni riconosciute aventi per scopo statutario lo svolgimento o la promozione della ricerca scientifica individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (per esempio, l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro);
  • le associazioni combattentistiche e d’arma iscritte nell’albo tenuto dal Ministero della difesa;
  • le federazioni sportive nazionale riconosciute dal Coni.

Nel caso in cui non venga presentato in modello EAS, Il Decreto Legge n.16/2012 ha stabilito che:

“non è precluso l’accesso ai regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di una comunicazione preventiva (o di un altro adempimento di natura formale) non eseguito tempestivamente, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, purché il contribuente:

  • abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento alla data di scadenza ordinaria del termine;
  • effettui la comunicazione (o effettui l’adempimento richiesto) entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
  • versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione di 258 euro con codice tributo 8114 – cd. remissione in bonis”.

In mancanza degli elementi innanzi descritti, la mancata comunicazione del modello EAS può portare a conseguenze molto impattanti sull’associazione tra cui il mancato riconoscimento delle agevolazioni previste dall’art. 148 Tuir nonché dall’art. 4, comma 4 e 6 della Legge IVA; nella sostanza tutte le quote incassate dall’associazione verrebbero trattate come reddito di impresa e portate a tassazione ordinaria con tutto ciò che comporta in ambito fiscale ed economico per l’associazione.

Iscrizione nei pubblici registri

L’iscrizione di un ente associativo presso un pubblico registro è un atto, spesso, necessario se non determinante per ottenere effetti giuridici e fiscali considerevoli.

Ad oggi sono presenti, ancora, molteplici registri collegati a singole fattispecie associative; tuttavia lo scenario è in fase di profonda modifica dovuta alla prossima operatività del RUNTS. Ma andiamo per ordine. I registri fondamentali, attualmente, sono i seguenti: Registro Coni, Registro Regionale e Nazionale delle A.p.s., Registro Regionale delle O.d.v., Registro ONLUS (presso l’Agenzia delle Entrate), Registro delle Imprese. Tre dei suddetti registri saranno abrogati non appena diventerà operativo il RUNTS (primavera 2021) ovvero quelli inerenti le Aps, le Odv e le ONLUS. Esaminiamo, quindi, quali sono gli effetti della registrazione presso i registri indicati.

Registro CONI: ogni associazione o società sportiva dilettantistica, per praticare attività sportiva, formativa e didattica deve necessariamente iscriversi al Registro pubblico del CONI. L’iscrizione avviene per mezzo di un Organismo di affiliazione (Federazione, Ente di Promozione o Disciplina Associata) al quale l’associazione deve affiliarsi; non è possibile iscriversi autonomamente al Registro ma solo tramite gli Organismi indicati. L’effetto dell’iscrizione, oltre a certificare la finalità sportiva dell’ente, è quello di consentire all’associazione di poter fruire delle considerevoli agevolazioni fiscali previste per il settore sportivo. Si precisa che, anche, il Registro Coni è oggetto della riforma dello Sport che dovrebbe concludersi con l’emanazione di un Testo Unico contenente le nuove disposizioni per tutto il settore sportivo.

RUNTS: tralasciando i registri, tuttora operativi, inerenti le Aps, le Odv e le Onlus, che come detto verranno abrogati dal momento della prossima operatività del Runts, concentriamoci sugli effetti dell’iscrizione al predetto Registro Unico degli Enti del Terzo Settore. Il RUNTS è composto da sette sezioni: A.p.s., O.d.v., Enti filantropici, Reti associative, Imprese sociali (incluse le cooperative sociali), Società di Mutuo Soccorso ed Altri Enti del Terzo Settore. Le regole di operatività del Registro sono state, di recente, pubblicate nel decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali n. 106/2020. L’iscrizione al RUNTS ha effetto costitutivo nel senso che l’associazione potrà qualificarsi come A.p.s., O.d.v. o in generale E.t.s. (Ente del Terzo Settore) solo previa avvenuta iscrizione al Registro Unico. Tutte le agevolazioni presenti nel Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017) potranno essere fruibili esclusivamente per le associazioni che saranno, regolarmente, iscritte al RUNTS.

Registro delle Imprese: le imprese sociali e le società di mutuo soccorso (ad eccezione di quelle con contributi associativi inferiori a 50.000 euro annui) sono soggette all’iscrizione al Registro delle Imprese; tale iscrizione comporta, anche, l’automatica iscrizione al RUNTS. Le associazioni che svolgono, in via non principale, attività di carattere commerciale (quindi in P.Iva) verso soggetti terzi non soci, devono iscriversi al REA (Repertorio Economico Amministrativo) mediante la compilazione, in ogni sua parte, del Modello R che va firmato digitalmente e inviato in modalità telematica al Registro Imprese della Camera di Commercio competente per territorio.

Pubblicato il 25/11/2020                                                 Avv. Luca Concilio

La figura dell’amministratore e le sue responsabilità specifiche nel Codice del Terzo Settore

La figura dell’amministratore e le sue responsabilità specifiche e generiche alla luce della disciplina delineata nel Codice del Terzo Settore

Il D.Lgs. 117/2017, meglio noto come Codice del Terzo Settore (da ora in avanti cts) introduce, in capo agli amministratori degli enti iscritti al Registro Unico del Terzo settore, delle responsabilità personali, in alcuni casi espressamente sanzionate, che prescindono dal riconoscimento o meno della personalità giuridica dell’ente.

Per comprendere appieno la complessa tematica della responsabilità all’interno degli Enti del Terzo Settore, come delineata nel cts, appare opportuno soffermarci preliminarmente sulle diverse disposizioni che disciplinano l’organo di amministrazione e gestione del sodalizio.

E’ in pratica l’organo “esecutivo” che ha il potere di decidere le iniziative e la politica dell’Ets.

L’ art. 26 del cts prevede che l’organo di amministrazione è nominato dall’assemblea ad eccezione dei primi amministratori che sono designati, in fase di costituzione dell’associazione, con l’atto costitutivo.

I predetti sono scelti in maggioranza tra le persone fisiche associate ovvero indicate dagli enti giuridici associati.

Lo statuto può subordinare l’assunzione della carica di amministratore al possesso di specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, anche con riferimento ai requisiti al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di rappresentanza o reti associative del Terzo Settore; si applicano, in tal caso, le cause di ineleggibilità e di decadenza previste dall’ art. 2382 codice civile.

Lo statuto può, inoltre, stabilire che uno o più amministratori siano scelti tra gli appartenenti alle diverse categorie di associati (art. 26, co. 4, cts).

Una volta nominati ed a seguito dell’accettazione dell’incarico, gli amministratori hanno trenta giorni per chiederne l’iscrizione nel RUNTS, comunicando per ciascuno di essi il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza nonché a quali di essi è attribuita la rappresentanza dell’ente, precisando se disgiuntamente o congiuntamente.

Il potere di rappresentanza attribuito agli amministratori ha carattere generale; pertanto, le eventuali limitazioni a tale potere non sono opponibili ai terzi se non sono iscritte nel Registro Unico o se non si prova che i terzi ne erano a conoscenza.

Nel cts non è definita completamente la disciplina relativa al funzionamento dell’organo amministrativo, in primis non sono indicate le modalità della sua composizione; pertanto, è fondamentale che lo statuto disciplini in maniera precisa i vari aspetti.

L’art. 22 prevede, con specifico riferimento al patrimonio minimo per il conseguimento della personalità giuridica, in capo agli amministratori l’obbligo di convocare immediatamente l’assemblea per deliberare la ricostruzione del patrimonio minimo ovvero la trasformazione, prosecuzione dell’attività in forma di associazione non riconosciuta, la fusione o lo scioglimento.

Estremo rilievo per il mondo delle associazioni e delle fondazioni deriva dall’art. 29 del cts rubricato “Denuncia al tribunale e ai componenti degli organi di controllo”. In relazione a tale articolo, si introduce nel Terzo Settore, il controllo giudiziale dell’ente previsto fino ad oggi unicamente per le SpA (art. 2409 del c.c.).

In base a tale disposizione normativa se vi è fondato sospetto che gli amministratori degli ETS, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione dell’ente, che possano arrecare danno allo stesso, l’ente (associazione, fondazione, rete associativa, ecc.) potrà essere assoggettato a controllo giudiziario. Il controllo giudiziario non è esperibile quando l’illecito comportamento gestionale possa essere finalizzato a ledere interessi esclusivamente “individuali” di taluni soci o di terzi in assenza di un potenziale pregiudizio dell’ente stesso. Il controllo giudiziario per gravi irregolarità degli amministratori può essere richiesto da parte di un decimo degli associati, dall’organo di controllo, dal revisore o dal Pubblico Ministero. Gli enti ecclesiastici sono esclusi dall’applicazione di tale norma attinente al controllo giudiziario.

In relazione alle nuove disposizioni ed ai nuovi obblighi imposti agli amministratori del Terzo Settore, è opportuno distinguere le responsabilità dei componenti dell’organo amministrativo in responsabilità specifiche e generiche. Per quanto attiene alle responsabilità specifiche, l’art. 91 del CTS prevede determinate sanzioni:

– nel caso di distribuzione, anche indiretta, di utili e avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a un fondatore, un associato, un lavoratore o un collaboratore, un amministratore o altro componente di un organo associativo dell’ente, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo, i rappresentanti legali e i componenti degli organi amministrativi dell’ente del Terzo Settore che hanno commesso la violazione o che hanno concorso a commettere la violazione, sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 20.000,00 euro; Il legislatore ha definito la “distribuzione indiretta dell’utile”: • corresponsione di compensi non proporzionati all’attività svolta a chi rivesta cariche sociali nell’ente; • pagamenti a lavoratori subordinati ed autonomi di compensi superiori al 40% rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi per le medesime qualifiche, salvo competenze specifiche; • acquisto di beni e servizi a prezzi superiori al valore normale senza valide ragioni economiche; • cessioni di beni e prestazioni di servizi a coloro che a qualsiasi titolo operino nell’ente a condizioni più favorevoli a quelle di mercato; • corresponsione di interessi passivi superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento a soggetti diversi da banche e intermediari finanziari autorizzati.

– nel caso di devoluzione del patrimonio residuo effettuata in assenza o in difformità al parere dell’Ufficio del Registro unico nazionale, i rappresentanti legali e i componenti degli organi amministrativi degli ETS che hanno commesso la violazione o che hanno concorso a commettere la violazione, sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000,00 euro a 5.000,00 euro;

– chiunque utilizzi illegittimamente l’indicazione di ente del Terzo Settore, di associazione di promozione sociale o di organizzazione di volontariato oppure i corrispondenti acronimi, ETS, APS e OdV, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500,00 euro a 10.000,00 euro. La sanzione medesima è raddoppiata qualora l’illegittimo utilizzo sia finalizzato ad ottenere da terzi l’erogazione di denaro o di altre utilità. Le rispettive sanzioni pecuniarie sono irrogate dall’ufficio del RUNTS, delegato alle attività di controllo degli enti, attraverso le proprie sedi territoriali competenti.

Gli amministratori come i direttori, i componenti dell’organo di controllo e il soggetto incaricato della revisione legale dei conti – rispondono nei confronti dell’ente, dei creditori sociali, del fondatore, degli associati e dei terzi, ai sensi della specifica normativa dal Codice civile.

La riforma disciplina, infatti, le responsabilità generiche degli amministratori attraverso un esplicito richiamo alla normativa per le società di capitali: azioni di responsabilità nei confronti della società (artt. 2392, 2393 e 2393-bis del c.c.), dei creditori sociali (art. 2394 del c.c.), dei soci e dei terzi (art. 2395 del c.c.). È ammessa anche l’azione di responsabilità nelle procedure concorsuali (art. 2394- bis del c.c.), affermando, quindi, implicitamente la fallibilità.

Infine nell’ipotesi di conflitto di interessi degli amministratori trova applicazione l’art. 2475-ter c.c. (art. 27 del DLgs. 117/2017), norma che prevede l’annullabilità del contratto concluso da chi ha la rappresentanza dell’ente, se il conflitto era conosciuto o conoscibile dal terzo, e la possibilità di impugnare la delibera adottata dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi, qualora arrechi un danno patrimoniale all’ente.

Alla luce di quanto esposto emerge che la generica responsabilità per gli amministratori prevista dall’art. 18 c.c. con il cts è sostituita con quella “professionale” tipica delle società per azioni.

La diligenza degli amministratori viene, quindi, parametrata alla natura dell’incarico e alla specifica competenza del soggetto, con conseguente necessità per coloro che andranno a comporre l’organo di amministrazione di una preparata e adeguata preparazione tecnica.

COMPENSI SPORTIVI E DIPLOMA TECNICO/ISTRUTTORE

COMPENSI SPORTIVI E DIPLOMA TECNICO/ISTRUTTORE

L’istruttore/tecnico di una associazione o società sportiva dilettantistica può percepire il compenso sportivo solo se è titolare di un diploma rilasciato da una Federazione, Disciplina Associata o EPS? Questa domanda, apparentemente banale, mostra come sia necessario un intervento normativo in materia considerata la presenza, ad oggi, di scuole di pensiero radicalmente opposte. Da un punto di vista puramente normativo nel combinato disposto degli art. 67 e 69 del Tuir, che disciplinano, per l’appunto, i cosiddetti compensi sportivi nella categoria dei redditi diversi, non vi è traccia di richiesta da parte del percettore di alcun elemento qualificante (diploma, corso, laurea etc), mentre, invece, viene posto l’accento sulla natura della prestazione (che deve essere erogata nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche). In sostanza, quindi, la norma fiscale non richiede alcun possesso di diploma. Sul piano sportivo il Decreto Legislativo 23/07/1999 n. 242 (decreto Melandri) ha demandato al Coni la promozione e l’organizzazione della pratica sportiva in Italia e lo stesso Coni non ha, ancora, emanato alcun regolamento per disciplinare la materia dei diplomi formativi (l’unica formazione ad oggi riconosciuta direttamente dal Coni è quella effettuata dallo SNaQ). Per quanto sopra, quindi, giacché il CONI non ha definito quali siano le attività da considerarsi necessarie al raggiungimento degli scopi istituzionali e autorizzate all’utilizzo di cui agli art. 67 e 69 del D.P.R. 917/86 (rimborsi, premi, compensi sportivi dilettanti) e la stessa norma tributaria (cfr art. 67 e 69 Tuir) non contiene alcun ri-ferimento, appare che i predetti pagamenti non necessitano di alcun titolo e/o diploma specifico. Unica nota di riferimento è che tali pagamenti devono essere correlati al-la pratica di una disciplina sportiva dilettantistica siccome qualificata dal CONI nella delibera del 14 febbraio 2017 e successive modifiche ed integrazioni.

In quest’ottica la legge finanziaria del 2018 aveva onerato il Coni all’indicazione delle prestazioni rientranti nella disciplina del trattamento fiscale dei compensi sportivi ma la successiva abrogazione della relativa norma (a mezzo del Decreto “Dignità”) ha fatto tornare in auge l’ interpretazione prevista nella circolare n. 1/2016 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, la quale, non brilla certo per chiarezza. Nella sostanza tale circolare (che, in quanto circolare, non è una fonte del diritto come invece lo sono le norme di legge) ritiene che per poter ricondurre nei redditi diversi le indennità percepite dai collaboratori sportivi sia necessario 1) che il soggetto erogante sia iscritto nel registro pubblico del Coni e 2) che il soggetto percettore svolga mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti e delle indicazioni fornite dalle singole federazioni, tra quelle necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo-dilettantistiche, così come regolamentate dalle singole federazioni.

Questo secondo aspetto fa ritenere a molti che sia necessario, quindi, per l’istruttore il possesso del diploma “federale” in quanto molte federazioni prevedono nei propri regolamenti il suo possesso per poter svolgere quelle determinate mansioni. Nella sostanza, però, la citata circolare non sancisce in alcun punto che gli istruttori debbano avere un diploma in quanto parla, invece, di regolamenti federali che ben potrebbero disciplinare le mansioni sportive senza richiedere il possesso di alcuna “qualifica”.

In linea di principio è centralmente utile, anzi, necessario che i soggetti preposti alla direzione e controllo della pratica sportiva siano in possesso di specifiche competenze ma senza una linea guida statale o da parte del Coni in materia si rischia, come già si può notare, che ognuno faccia di testa sua. L’indicazione dei criteri e dei requisiti per la formazione dei tecnici, quanto meno negli aspetti essenziali, dovrebbe essere prerogativa esclusiva dello stato o del Coni; ricordo, infatti, che il Coni è organo di diritto pubblico, le sue norme hanno valenza generale nel settore sportivo mentre le federazioni, discipline associate e gli enti di promozione sportiva sono enti di diritto privato le cui regole hanno valore solo all’interno della propria organizzazione. Sostenere la tesi del necessario possesso di un diploma significa, ad oggi, dare un potere troppo forte agli enti ed alle federazioni (le quali, vi ricordo, sono enti di diritto privato e NON pubblico) non suffragato, tra l’altro, da alcun elemento normativo anzi, proprio le norme, non prevedono in alcun punto il possesso di tale requisito.

Tale confusione, tuttavia, dovrebbe venir presto dissipata in virtù della Legge Delega n. 86 dell’08/08/2019, che ha onerato il Governo ad emettere disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione. Proprio in merito alla Legge Delega di riordino dell’assetto sportivo italiano, il Ministero dello Sport ha più volte confermato che entro fine agosto 2020 ci sarà la nuova (e si spera chiara) disciplina dei “lavoratori sportivi” (il termine di “lavoratore sportivo” è stato introdotto, per la prima volta, nel decreto “Cura Italia”)….attendiamo con impazienza nella speranza che venga dissipato ogni dubbio in materia.

 

 

Pubblicato lo 05/05/2020 Avv. Luca Concilio