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Terzo Settore, arriva la proroga al 2036: un sospiro di sollievo per migliaia di enti non profit

Sommario

  1. Che cosa ha deciso il Governo
  2. Il ruolo del Sottosegretario Mantovano
  3. Motivazioni: continuità, semplificazione, missione sociale
  4. I riflessi fiscali per gli ETS
  5. Il contesto del decreto legislativo approvato
  6. Impatti concreti e rischi evitati
  7. Conclusioni: stabilità per il Terzo Settore

 

  1. Che cosa ha deciso il Governo

Il Consiglio dei Ministri ha approvato la proroga al 1° gennaio 2036 delle norme IVA applicabili al Terzo Settore.
In pratica, gli enti non commerciali che svolgono attività nei confronti dei propri associati continueranno a godere del regime di esclusione IVA per altri dieci anni.

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  1. Il ruolo del Sottosegretario Mantovano

Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ha commentato la proroga definendola “un risultato positivo e concreto”.
Secondo Mantovano, il confronto con la Commissione europea ha permesso di riconoscere la specificità delle prestazioni offerte dagli enti del Terzo Settore ai propri soci, giustificando così il rinvio.
Questo rinvio garantisce, nelle sue parole, “continuità operativa” e una semplificazione burocratica per molte organizzazioni.

 

  1. Motivazioni: continuità, semplificazione, missione sociale

La proroga non è solo un rinvio tecnico: rappresenta un sostegno strategico per le associazioni non-profit.

  • Permette di evitare l’imposizione IVA su molte attività associative che altrimenti rischierebbero di diventare fiscalmente gravose.
  • Riduce l’onere amministrativo: tenuta della contabilità, fatturazione e obblighi strumentali sarebbero stati impattanti per molti enti.
  • Rafforza la missione sociale degli enti: molte associazioni operano per il bene comune, senza scopo di lucro, e mantenere il regime attuale consente loro di continuare a svolgere attività a favore degli associati.

 

  1. I riflessi fiscali per gli ETS

Dal punto di vista fiscale, la proroga al 2036 significa che molti ETS continueranno a essere esclusi dall’IVA per le operazioni effettuate verso i propri associati, a fronte di pagamenti di corrispettivi specifici.
Questo evita l’onere di una completa transizione verso un regime commerciale, con contabilità più complessa e obblighi di fatturazione che avrebbero potuto gravare su molte associazioni.
Inoltre, la stabilità del regime fiscale permette alle organizzazioni di pianificare a lungo termine, senza il rischio di essere penalizzate da un salto normativo.

 

  1. Il contesto del decreto legislativo approvato

La proroga è contenuta in un decreto legislativo approvato in via definitiva, che unisce disposizioni su:

  • Terzo Settore
  • crisi d’impresa
  • sport
  • IVA (imposta sul valore aggiunto)
    Questo decreto modifica anche il DPR 633/72, in particolare alcune norme relative al passaggio dalle regole previgenti a nuovi regimi fiscali per enti non commerciali.
    In parallelo, si lavora sul Testo Unico IVA, che dovrebbe integrare queste disposizioni e fornire una cornice normativa più chiara per il futuro.

 

  1. Impatti concreti e rischi evitati

Questa proroga al 2036 evita rischi reali per molte realtà del Terzo Settore:

  • Associazioni che non avrebbero potuto sopportare gli adempimenti IVA se il regime fosse cambiato troppo rapidamente.
  • Organizzazioni con risorse limitate: per loro, la transizione sarebbe stata gravosa dal punto di vista amministrativo.
  • Enti con attività fortemente associativa (e non commerciale): mantenere l’esenzione è fondamentale per proteggere la loro missione.

Inoltre, la scelta di rinviare dimostra una volontà politica di salvaguardare la stabilità del settore non profit e il ruolo sociale che molti enti svolgono quotidianamente sul territorio.

 

  1. Conclusioni: stabilità per il Terzo Settore

La proroga al 2036 delle norme IVA per il Terzo Settore è una misura che combina pragmatismo e visione sociale.
Da un lato, garantisce alle associazioni non profit e agli enti sportivi dilettantistici una sostanziale continuità operativa; dall’altro, riduce la burocrazia e preserva la loro missione sociale.
Grazie alla mediazione con Bruxelles, il Governo ha trovato una formula che riconosce la specificità degli enti del Terzo Settore e ne valorizza il ruolo chiave nel tessuto civile del Paese.

2026: la fiscalità del Terzo Settore entra pienamente in vigore

Il 2026 segnerà un momento storico per il Terzo Settore: dopo un lungo periodo transitorio durato oltre otto anni, entreranno finalmente in vigore le disposizioni fiscali previste dal Codice del Terzo Settore (CTS).

Con la pubblicazione del Decreto Fiscale (D.L. n. 138 del 17 giugno 2025) sulla Gazzetta Ufficiale nella stessa data, si dà attuazione definitiva al regime fiscale degli enti del Terzo Settore e delle Imprese Sociali. Il provvedimento segue la comunicazione ufficiale dell’8 marzo 2025 da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con cui è stata resa nota la “comfort letter” della Direzione Generale Concorrenza della Commissione Europea, fondamentale per la piena operatività delle nuove norme.

Il decreto modifica in modo sostanziale gli articoli 101, comma 10, e 104, comma 2, del CTS, e sancisce che le disposizioni contenute nel Titolo X del Codice – con l’esclusione dell’articolo 77 – saranno applicabili a partire dal primo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025.

In pratica, ciò significa che:

Per gli enti con esercizio coincidente con l’anno solare, il nuovo regime entrerà in vigore il 1° gennaio 2026.

Per quelli con esercizio “a cavallo”, l’applicazione partirà dal primo giorno del nuovo esercizio sociale (es. per un esercizio 01/09/2025 – 31/08/2026, l’avvio sarà il 01/09/2026).

Dal 2026 troveranno dunque piena applicazione le seguenti norme:

Art. 79 CTS: definisce i criteri per distinguere le attività istituzionali da quelle commerciali e per determinare la natura commerciale o non commerciale di un ETS.

Art. 80 CTS: introduce un nuovo regime forfettario dedicato agli ETS.

Articoli 84 e 85 CTS: disciplinano le specificità fiscali di Organizzazioni di Volontariato (ODV) e Associazioni di Promozione Sociale (APS).

Art. 86 CTS: istituisce un regime forfettario ad hoc per ODV e APS.

Con l’entrata in vigore di questo nuovo impianto normativo, non saranno più applicabili disposizioni come l’art. 148, comma 3, del TUIR e la legge 398/91, che finora hanno regolato la fiscalità del settore.

Per quanto riguarda le Imprese Sociali, il Decreto prevede che gli utili reinvestiti nell’attività statutaria o accantonati a patrimonio – purché iscritti in riserve dedicate – non saranno più soggetti a tassazione, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025.

Infine, anche per le ONLUS il 2026 rappresenterà un punto di non ritorno: a partire dal 1° gennaio, l’anagrafe ONLUS sarà ufficialmente soppressa. Le organizzazioni che non avranno ancora effettuato il passaggio al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) avranno tempo fino al 31 marzo 2026 per adeguarsi. In caso contrario, scatterà l’obbligo di devolvere il patrimonio, come previsto dall’articolo 101, comma 8, del CTS.

Pubblicato il 20 giugno 2025

Le responsabilità generiche e specifiche del presidente e degli altri amministratori degli ETS

Specialistidelnonprofit - Consulenza Associazioni

Il D.Lgs. 117/2017, meglio noto come Codice del Terzo Settore (da ora in avanti CTS) introduce, in capo agli amministratori degli enti iscritti al Registro Unico del Terzo settore (RUNTS), delle responsabilità personali, in alcuni casi espressamente sanzionate, che prescindono dal riconoscimento o meno della personalità giuridica dell’ente.

In relazione alle nuove disposizioni ed ai nuovi obblighi imposti agli amministratori del Terzo Settore, è opportuno distinguere le responsabilità dei componenti dell’organo amministrativo in responsabilità specifiche e generiche. Per quanto attiene alle responsabilità specifiche, la norma da esaminare è l’art. 91 del CTS che rubrica: “Sanzioni a carico dei rappresentanti legali e dei componenti degli organi amministrativi

L’organo competente a emettere i provvedimenti sanzionatori, ai sensi di quanto previsto dal comma 4 è l’ufficio del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore.

Vediamo quali sono le sanzioni disposte:

– Il comma 1 prevede che, in caso di distribuzione indiretta di utili, gli amministratori che hanno commesso o hanno concorso a commettere la violazione sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 20.000 euro;

– Il comma 2 tratta della sanzione relativa alla devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento dell’ente effettuata in assenza o in difformità del parere dell’ufficio; Anche in tal caso si configura una responsabilità di chi ha violato o concorso a violare l’obbligo della autorizzazione per la devoluzione con sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro;

– Il comma 3 prevede che chiunque utilizzi illegittimamente le indicazioni ETS, ODV e APS (o le relative locuzioni) è punito con la sanzione da 2.500 a 10.000 euro; Tale sanzione è raddoppiata se l’illegittimo utilizzato sia finalizzato ad ottenere da terzi erogazione di denaro o altre utilità.

Infine il comma V dell’art. 48 del CTS, unitamente al comma VII dell’art. 20 del D.M. 106/2020, prevede che gli amministratori sono “onerati” dell’obbligo del deposito degli atti, della completezza delle informazioni e dei relativi aggiornamenti dei dati da pubblicare sul Runts; In mancanza, trova applicazione l’articolo 2630 cod. civ. che prevede una sanzione amministrativa da 103 a 1032 euro.

Per quanto attiene alle responsabilità generiche il CTS effettua un esplicito richiamo alla normativa per le società di capitali prevista dal codice civile: azioni di responsabilità nei confronti della società (artt. 2392, 2393 e 2393-bis del c.c.), dei creditori sociali (art. 2394 del c.c.), dei soci e dei terzi (art. 2395 del c.c.). È ammessa anche l’azione di responsabilità nelle procedure concorsuali (art. 2394- bis del c.c.), affermando, quindi, implicitamente la fallibilità.

L’art. 28 del CTS rinvia all’art 2392 del Codice civile e pertanto, secondo questa disposizione, gli amministratori (direttori, organo di controllo e di revisione) degli ETS devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze vi è, quindi, una tipologia di responsabilità più marcata rispetto a quella del «buon padre di famiglia».

Alla luce di quanto esposto emerge che la generica responsabilità per gli amministratori prevista dall’art. 18 cod. civ. è sostituita, nel CTS, con quella “professionale” tipica delle società per azioni.

La diligenza degli amministratori viene, quindi, parametrata alla natura dell’incarico e alla specifica competenza del soggetto, con conseguente necessità per coloro che andranno a comporre l’organo di amministrazione di una preparata e adeguata preparazione tecnica.

 

05/06/2023                                                                                                                                                                                                          Avv. Luca Concilio