Archivio Categoria: Codice Terzo Settore

RUNTS e FISCALITA’ 2024: ultimo anno di regime transitorio?

Il nuovo anno inizia con un auspicio da parte di molti operatori del non-profit, che da tempo attendono il compimento della riforma introdotta dal Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017).

L’auspicio è che in corso d’anno si possa ottenere l’autorizzazione da parte della Commissione Europea in modo da completare la piena operatività di alcuni, fondamentali, articoli del titolo X del suddetto Codice del Terzo Settore a partire dal 01/01/2025.

E’ dalla pubblicazione del CTS, avvenuta oltre 7 anni fa (era l’anno 2017) che si discute sugli effetti, l’operatività e l’adeguamento al nuovo impianto fiscale introdotto dalla riforma.

Lo scorso anno, tra settembre ed ottobre, ha avuto inizio il colloquio tra lo Stato italiano (per la precisione il Ministero del Lavoro e Politiche sociali) e la Commissione Europea volto, per l’appunto, a giungere ad una sintesi ed alla successiva autorizzazione comunitaria sugli articoli 79-80-84-85 e 86 del CTS che riguardano il nuovo assetto di fiscalità diretta degli Enti del Terzo Settore.

Vero è che, nel frattempo la fiscalità diretta viene gestita in base alle “vecchie” disposizioni del TUIR e non solo (si pensi ad esempio alla Legge 398/91), molto care a tantissime realtà associative che, con il passare del tempo si sono, quasi, convinte che non vi fosse alcuna necessità di richiedere l’autorizzazione comunitaria preferendo lo status quo che si è generato negli ultimi tempi. Tuttavia ormai vi è una piena operatività del RUNTS, i rapporti tra ETS e P.A. sono sempre più improntati al rispetto del nuovo assetto normativo dettato dal CTS, i bandi pubblici richiedono che gli enti abbiano la qualifica di ETS e, quindi, si sta assistendo ad una buona risposta sul campo della riforma dettata dal nuovo CTS che, però, non può che essere valutata solo parzialmente mancando, per l’appunto, la piena operatività del nuovo assetto fiscale.

Lo status quo attuale, che si protrae da forse troppi anni, ha generato una sorte di “benevola rassegnazione” da parte di molte realtà che sperano che questa situazione di “stallo” si protrai il più a lungo possibile; Tuttavia è davvero questo ciò che bisogna augurarsi o forse sarebbe meglio confidare nel definitivo compimento della riforma (sicuramente semmai con alcuni miglioramenti derivanti proprio dal confronto con l’U.E.)?

Il parere di chi scrive è che, seppur l’impianto fiscale a cui tutti siamo abituati da decenni ha sempre riservato molte agevolazioni al mondo non profit, non si può dir compiuta la missione di trasparenza perseguita dal Legislatore della Riforma se non si compie l’ultimo ed essenziale sforzo sulla fiscalità. Vero è che ogni riforma, soprattutto quelle che riguardano aspetti fiscali, è sempre vista, specie all’inizio, di cattivo occhio ma ormai il dado è tratto e non si può far finta di nulla o sperare che non arrivi mai l’autorizzazione comunitaria.

Ci siamo adeguati ai nuovi aspetti amministrativi con l’introduzione di un nuovo registro pubblico (il RUNTS) che sembrava dovesse determinare la fine del non-profit italiano ed, invece, sotto alcuni aspetti sta rilevandosi un valido strumento che ha portato il mondo del non-profit, finalmente, nel nuovo millennio (con oltre venti anni di ritardo!!).

Sarà così anche per gli aspetti fiscali ai quali il sistema non-profit sarà pronto ad adeguarsi anche impegnandosi qualora fossero necessari miglioramenti.

Pertanto, come anche trapelato da indiscrezioni ministeriali, è molto probabile che il 2024 sarà l’anno conclusivo del percorso iniziato nel lontano 2017 e che porterà dal 01/01/2025 ad avere la completa operatività del Codice del Terzo Settore.

Vi terremo aggiornati.

 

 

Avv. Luca Concilio

 

Le responsabilità generiche e specifiche del presidente e degli altri amministratori degli ETS

Specialistidelnonprofit - Consulenza Associazioni

Il D.Lgs. 117/2017, meglio noto come Codice del Terzo Settore (da ora in avanti CTS) introduce, in capo agli amministratori degli enti iscritti al Registro Unico del Terzo settore (RUNTS), delle responsabilità personali, in alcuni casi espressamente sanzionate, che prescindono dal riconoscimento o meno della personalità giuridica dell’ente.

In relazione alle nuove disposizioni ed ai nuovi obblighi imposti agli amministratori del Terzo Settore, è opportuno distinguere le responsabilità dei componenti dell’organo amministrativo in responsabilità specifiche e generiche. Per quanto attiene alle responsabilità specifiche, la norma da esaminare è l’art. 91 del CTS che rubrica: “Sanzioni a carico dei rappresentanti legali e dei componenti degli organi amministrativi

L’organo competente a emettere i provvedimenti sanzionatori, ai sensi di quanto previsto dal comma 4 è l’ufficio del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore.

Vediamo quali sono le sanzioni disposte:

– Il comma 1 prevede che, in caso di distribuzione indiretta di utili, gli amministratori che hanno commesso o hanno concorso a commettere la violazione sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 20.000 euro;

– Il comma 2 tratta della sanzione relativa alla devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento dell’ente effettuata in assenza o in difformità del parere dell’ufficio; Anche in tal caso si configura una responsabilità di chi ha violato o concorso a violare l’obbligo della autorizzazione per la devoluzione con sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro;

– Il comma 3 prevede che chiunque utilizzi illegittimamente le indicazioni ETS, ODV e APS (o le relative locuzioni) è punito con la sanzione da 2.500 a 10.000 euro; Tale sanzione è raddoppiata se l’illegittimo utilizzato sia finalizzato ad ottenere da terzi erogazione di denaro o altre utilità.

Infine il comma V dell’art. 48 del CTS, unitamente al comma VII dell’art. 20 del D.M. 106/2020, prevede che gli amministratori sono “onerati” dell’obbligo del deposito degli atti, della completezza delle informazioni e dei relativi aggiornamenti dei dati da pubblicare sul Runts; In mancanza, trova applicazione l’articolo 2630 cod. civ. che prevede una sanzione amministrativa da 103 a 1032 euro.

Per quanto attiene alle responsabilità generiche il CTS effettua un esplicito richiamo alla normativa per le società di capitali prevista dal codice civile: azioni di responsabilità nei confronti della società (artt. 2392, 2393 e 2393-bis del c.c.), dei creditori sociali (art. 2394 del c.c.), dei soci e dei terzi (art. 2395 del c.c.). È ammessa anche l’azione di responsabilità nelle procedure concorsuali (art. 2394- bis del c.c.), affermando, quindi, implicitamente la fallibilità.

L’art. 28 del CTS rinvia all’art 2392 del Codice civile e pertanto, secondo questa disposizione, gli amministratori (direttori, organo di controllo e di revisione) degli ETS devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze vi è, quindi, una tipologia di responsabilità più marcata rispetto a quella del «buon padre di famiglia».

Alla luce di quanto esposto emerge che la generica responsabilità per gli amministratori prevista dall’art. 18 cod. civ. è sostituita, nel CTS, con quella “professionale” tipica delle società per azioni.

La diligenza degli amministratori viene, quindi, parametrata alla natura dell’incarico e alla specifica competenza del soggetto, con conseguente necessità per coloro che andranno a comporre l’organo di amministrazione di una preparata e adeguata preparazione tecnica.

 

05/06/2023                                                                                                                                                                                                          Avv. Luca Concilio

La figura dell’amministratore e le sue responsabilità specifiche nel Codice del Terzo Settore

La figura dell’amministratore e le sue responsabilità specifiche e generiche alla luce della disciplina delineata nel Codice del Terzo Settore

Il D.Lgs. 117/2017, meglio noto come Codice del Terzo Settore (da ora in avanti cts) introduce, in capo agli amministratori degli enti iscritti al Registro Unico del Terzo settore, delle responsabilità personali, in alcuni casi espressamente sanzionate, che prescindono dal riconoscimento o meno della personalità giuridica dell’ente.

Per comprendere appieno la complessa tematica della responsabilità all’interno degli Enti del Terzo Settore, come delineata nel cts, appare opportuno soffermarci preliminarmente sulle diverse disposizioni che disciplinano l’organo di amministrazione e gestione del sodalizio.

E’ in pratica l’organo “esecutivo” che ha il potere di decidere le iniziative e la politica dell’Ets.

L’ art. 26 del cts prevede che l’organo di amministrazione è nominato dall’assemblea ad eccezione dei primi amministratori che sono designati, in fase di costituzione dell’associazione, con l’atto costitutivo.

I predetti sono scelti in maggioranza tra le persone fisiche associate ovvero indicate dagli enti giuridici associati.

Lo statuto può subordinare l’assunzione della carica di amministratore al possesso di specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, anche con riferimento ai requisiti al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di rappresentanza o reti associative del Terzo Settore; si applicano, in tal caso, le cause di ineleggibilità e di decadenza previste dall’ art. 2382 codice civile.

Lo statuto può, inoltre, stabilire che uno o più amministratori siano scelti tra gli appartenenti alle diverse categorie di associati (art. 26, co. 4, cts).

Una volta nominati ed a seguito dell’accettazione dell’incarico, gli amministratori hanno trenta giorni per chiederne l’iscrizione nel RUNTS, comunicando per ciascuno di essi il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza nonché a quali di essi è attribuita la rappresentanza dell’ente, precisando se disgiuntamente o congiuntamente.

Il potere di rappresentanza attribuito agli amministratori ha carattere generale; pertanto, le eventuali limitazioni a tale potere non sono opponibili ai terzi se non sono iscritte nel Registro Unico o se non si prova che i terzi ne erano a conoscenza.

Nel cts non è definita completamente la disciplina relativa al funzionamento dell’organo amministrativo, in primis non sono indicate le modalità della sua composizione; pertanto, è fondamentale che lo statuto disciplini in maniera precisa i vari aspetti.

L’art. 22 prevede, con specifico riferimento al patrimonio minimo per il conseguimento della personalità giuridica, in capo agli amministratori l’obbligo di convocare immediatamente l’assemblea per deliberare la ricostruzione del patrimonio minimo ovvero la trasformazione, prosecuzione dell’attività in forma di associazione non riconosciuta, la fusione o lo scioglimento.

Estremo rilievo per il mondo delle associazioni e delle fondazioni deriva dall’art. 29 del cts rubricato “Denuncia al tribunale e ai componenti degli organi di controllo”. In relazione a tale articolo, si introduce nel Terzo Settore, il controllo giudiziale dell’ente previsto fino ad oggi unicamente per le SpA (art. 2409 del c.c.).

In base a tale disposizione normativa se vi è fondato sospetto che gli amministratori degli ETS, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione dell’ente, che possano arrecare danno allo stesso, l’ente (associazione, fondazione, rete associativa, ecc.) potrà essere assoggettato a controllo giudiziario. Il controllo giudiziario non è esperibile quando l’illecito comportamento gestionale possa essere finalizzato a ledere interessi esclusivamente “individuali” di taluni soci o di terzi in assenza di un potenziale pregiudizio dell’ente stesso. Il controllo giudiziario per gravi irregolarità degli amministratori può essere richiesto da parte di un decimo degli associati, dall’organo di controllo, dal revisore o dal Pubblico Ministero. Gli enti ecclesiastici sono esclusi dall’applicazione di tale norma attinente al controllo giudiziario.

In relazione alle nuove disposizioni ed ai nuovi obblighi imposti agli amministratori del Terzo Settore, è opportuno distinguere le responsabilità dei componenti dell’organo amministrativo in responsabilità specifiche e generiche. Per quanto attiene alle responsabilità specifiche, l’art. 91 del CTS prevede determinate sanzioni:

– nel caso di distribuzione, anche indiretta, di utili e avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a un fondatore, un associato, un lavoratore o un collaboratore, un amministratore o altro componente di un organo associativo dell’ente, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo, i rappresentanti legali e i componenti degli organi amministrativi dell’ente del Terzo Settore che hanno commesso la violazione o che hanno concorso a commettere la violazione, sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 20.000,00 euro; Il legislatore ha definito la “distribuzione indiretta dell’utile”: • corresponsione di compensi non proporzionati all’attività svolta a chi rivesta cariche sociali nell’ente; • pagamenti a lavoratori subordinati ed autonomi di compensi superiori al 40% rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi per le medesime qualifiche, salvo competenze specifiche; • acquisto di beni e servizi a prezzi superiori al valore normale senza valide ragioni economiche; • cessioni di beni e prestazioni di servizi a coloro che a qualsiasi titolo operino nell’ente a condizioni più favorevoli a quelle di mercato; • corresponsione di interessi passivi superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento a soggetti diversi da banche e intermediari finanziari autorizzati.

– nel caso di devoluzione del patrimonio residuo effettuata in assenza o in difformità al parere dell’Ufficio del Registro unico nazionale, i rappresentanti legali e i componenti degli organi amministrativi degli ETS che hanno commesso la violazione o che hanno concorso a commettere la violazione, sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000,00 euro a 5.000,00 euro;

– chiunque utilizzi illegittimamente l’indicazione di ente del Terzo Settore, di associazione di promozione sociale o di organizzazione di volontariato oppure i corrispondenti acronimi, ETS, APS e OdV, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500,00 euro a 10.000,00 euro. La sanzione medesima è raddoppiata qualora l’illegittimo utilizzo sia finalizzato ad ottenere da terzi l’erogazione di denaro o di altre utilità. Le rispettive sanzioni pecuniarie sono irrogate dall’ufficio del RUNTS, delegato alle attività di controllo degli enti, attraverso le proprie sedi territoriali competenti.

Gli amministratori come i direttori, i componenti dell’organo di controllo e il soggetto incaricato della revisione legale dei conti – rispondono nei confronti dell’ente, dei creditori sociali, del fondatore, degli associati e dei terzi, ai sensi della specifica normativa dal Codice civile.

La riforma disciplina, infatti, le responsabilità generiche degli amministratori attraverso un esplicito richiamo alla normativa per le società di capitali: azioni di responsabilità nei confronti della società (artt. 2392, 2393 e 2393-bis del c.c.), dei creditori sociali (art. 2394 del c.c.), dei soci e dei terzi (art. 2395 del c.c.). È ammessa anche l’azione di responsabilità nelle procedure concorsuali (art. 2394- bis del c.c.), affermando, quindi, implicitamente la fallibilità.

Infine nell’ipotesi di conflitto di interessi degli amministratori trova applicazione l’art. 2475-ter c.c. (art. 27 del DLgs. 117/2017), norma che prevede l’annullabilità del contratto concluso da chi ha la rappresentanza dell’ente, se il conflitto era conosciuto o conoscibile dal terzo, e la possibilità di impugnare la delibera adottata dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi, qualora arrechi un danno patrimoniale all’ente.

Alla luce di quanto esposto emerge che la generica responsabilità per gli amministratori prevista dall’art. 18 c.c. con il cts è sostituita con quella “professionale” tipica delle società per azioni.

La diligenza degli amministratori viene, quindi, parametrata alla natura dell’incarico e alla specifica competenza del soggetto, con conseguente necessità per coloro che andranno a comporre l’organo di amministrazione di una preparata e adeguata preparazione tecnica.

Modalità e termini per diventare socio di un’associazione

MODALITA’ E TERMINI PER DIVENTARE SOCIO DI UN’ASSOCIAZIONE

La figura del socio è un elemento cardine di ogni realtà associativa, tuttavia, in molti casi, gli aspetti gestionali e documentali inerenti i soci dell’associazione vengono, puntualmente, trascurati portando, in sede di verifica fiscale, a gravi conseguenze per l’ente associativo.

Innanzitutto è utile sapere che il rapporto che si instaura tra il socio e l’associazione è un vero e proprio contratto (seppur atipico) che prevede, come ogni contratto, l’incontro della volontà tra le parti; tale incontro delle volontà si formalizza da un lato tramite una richiesta scritta da parte dell’aspirante socio e dall’altro con una formale accettazione dell’organo direttivo dell’associazione; è solo in seguito alla formale accettazione che si può ritenere concluso il contratto e che, quindi, l’aspirante socio acquista, a tutti gli effetti, la qualifica di socio dell’associazione.

Quanto appena illustrato è, in molti casi, disatteso sia nella forma che nella sostanza; spesso l’associazione ritiene che l’aspirante socio diventa socio dell’associazione dal momento in cui presenta la domanda di ammissione socio e perciò inizia ad elargire i servizi associativi in esenzione fiscale ad un soggetto che, formalmente, non essendo ancora socio dell’associazione non ne avrebbe diritto. Il classico esempio di quanto innanzi esposto è rappresentato dall’aspirante socio di un’associazione sportiva che recandosi presso la sede sociale compila il modulo di richiesta ammissione socio, paga una quota e, contestualmente, entra nella sede sociale ed inizia a praticare l’attività sportiva. In tal caso l’Agenzia delle Entrare, in virtù di quanto sopra indicato, ritiene il contratto non perfezionato e, pertanto, porta a tassazione ordinaria quanto pagato dall’aspirante socio oltre a valutare tale comportamento quale indice di commercialità dell’associazione tale da poter far decadere la stessa dalle agevolazioni fiscali previsti per gli enti non profit.

La corretta procedura per ammettere un nuovo socio, quindi, è la seguente:

  • Presentazione scritta della richiesta di ammissione socio, contenete le generalità dell’aspirante socio, l’accettazione dello statuto e dei regolamenti associativi e dell’obbligo del pagamento della quota sociale, il consenso al trattamento dei dati personali e sensibili con apposita sottoscrizione della modello per la privacy (GDPR);
  • Riunione da parte dell’organo direttivo dell’associazione (o dell’assemblea se previsto in statuto) per la valutazione della richiesta;
  • In caso di riscontro positivo l’organo direttivo verbalizzerà l’accettazione della domanda e contestualmente provvederà ad iscrivere il nominativo nel libro soci dell’associazione; in caso, invece di rigetto della domanda bisognerà avvisare, espressamente, l’aspirante socio il quale potrà fare ricorso all’assemblea dei soci o ad altro organo appositamente investito della carica.

È dal momento dell’iscrizione nel libro soci dell’associazione che l’aspirante socio acquista, a tutti gli effetti, la qualifica di socio dell’associazione con tutti i diritti ed i doveri ad essa connessa.

La procedura innanzi descritta è stata, anche, recepita dal Legislatore il quale l’ha espressamente riproposta nell’articolo 23 del D. Lgs. 117/2017 noto come Codice del Terzo Settore; a tal proposito risulta utile sottolineare che il Codice del Terzo Settore, all’articolo 21, espressamente prevede che l’atto costitutivo dell’associazione deve stabilire una serie di elementi obbligatori tra cui “…i requisiti per l’ammissione di nuovi associati, ove presenti, e la relativa procedura, secondo criteri non discriminatori, coerenti con le finalità perseguite e l’attività di interesse generale svolta;…”.

Nella sostanza, quindi, ogni associazione deve porre estrema attenzione alla corretta gestione documentale ed operativa dei propri soci anche perché deve indicare nel proprio statuto la procedura corretta da seguire e rispettarla; bisogna, quindi, conservare le richieste di ammissione socio, i relativi verbali di accettazione ed avere un libro soci aggiornato. Inoltre, in questa sede, mi preme evidenziare che il socio detiene a vita tale qualifica (la si perde per morte, dimissioni o espulsione per cause disciplinate dallo statuto) e, pertanto, la domanda di ammissione deve essere presentata un’unica volta; spesso molte associazioni confondono la figura del socio con quella del tesserato facendogli firmare, ogni anno, una richiesta di ammissione socio che non solo è superflua e non dovuta ma porta a serie conseguenze in fase di controlli fiscali.

Pubblicato l’11/08/2020                                                            Avv. Luca Concilio

La rivoluzione italiana del Non profit

La rivoluzione italiana del Non profit

 

Sono alcuni anni, ormai, che in occasione di consulenze, convegni ed incontri di vario tipo dichiaro, apertamente, che il modo di fare associazionismo in Italia è cambiato radicalmente e che gli operatori del settore (presidenti e dirigenti) ne devono essere consapevoli onde evitare di commettere errori irrimediabili.

Senza entrare troppo nei dettagli normativi, in questa sede, mi preme evidenziare che le due macroaree del non profit, quella sportiva da un lato e quella sociale dall’altro, hanno subito negli ultimi tempi un radicale processo di riforma che, ad oggi, non risulta ancora concluso.

La creazione di un Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017) e del nuovo Registro Nazionale degli Enti del Terzo Settore (che entrerà in funzione, con buone probabilità, ad inizio 2021) così come la riforma del Registro Coni 2.0 prima e, l’attualissima, riforma dello sport con la creazione di un Testo Unico (in fase di discussione) evidenziano che il mondo NON profit in Italia è diventato, giustamente a parere di chi scrive, un settore di estremo interesse da parte del Legislatore e che richiede, pertanto, un adeguato grado di preparazione e professionalità specifica della materia.

Oggi non è più giustificabile il presidente di associazione che non sia a conoscenza degli aspetti essenziali e degli adempimenti obbligatori da ottemperare. Pensare che si possa continuare a gestire un’associazione come lo si faceva venti anni fa è un vero e proprio auto-gol che porterà, prima o poi, ad avere un bel controllo fiscale.

Il susseguirsi di interventi normativi nel Non Profit è frutto, anche, dell’attenzione ricevuta, negli ultimi 10 anni soprattutto, da parte degli organi ispettivi; ricevere un controllo fiscale in associazione, sino ai primi anni 2000, era un’eventualità abbastanza rara; oggi invece c’è un susseguirsi di attività ispettive nei confronti degli enti non commerciali, quasi una vera e propria caccia alle streghe dettata dalla convinzione generalizzata, da parte degli ispettori del Fisco, che ogni associazione, in realtà, sia un’azienda mascherata.

Nel corso degli ultimi anni gli ispettori sono diventati specializzati nelle contestazioni alle associazioni e, pertanto, il buon dirigente associativo deve essere altrettanto preparato in materia.

Non è più possibile gestire, a mio modesto avviso, un’associazione senza l’assistenza di un professionista della materia; rivolgersi all’amico ragioniere, commercialista o avvocato che si offre di darvi una mano (semmai gratuitamente) nella gestione fiscale amministrativa dell’associazione può rilevarsi disastroso, se non c’è un’adeguata conoscenza della normativa di settore che, come detto, è in continua evoluzione.

Altro aspetto fondamentale da evidenziare è che, in ossequio ad un principio di trasparenza, il Legislatore ha, di fatto, istituito dei registri pubblici (CONI e RUNTS) che obbligano le associazioni a comunicare una serie, importante, di dati; quindi mentre negli anni passati le associazioni erano difficilmente rintracciabili, non se ne conosceva la compagine dirigenziale ne tantomeno i flussi economici che venivano gestiti, adesso, invece, tutto è reso pubblico ed a disposizione non solo delle singole persone curiose ma anche e soprattutto degli ispettori del Fisco che, comodamente seduti dietro ad un pc, possono controllare aspetti fondamentali della vita associativa. Il Registro degli Enti del Terzo Settore sarà operativo a breve mentre il Registro CONI, in virtù della prima bozza del Testo Unico di Riforma dello Sport, sarà trasformato e reso molto simile al RUNTS con il caricamento, in maniera obbligatoria, di dati che oggi risultano opzionali (ad es. il deposito del rendiconto e/o bilancio).

Questo moto di riforma non deve spaventare ma anzi deve essere da stimolo per cambiare l’idea del NON profit in Italia. Siamo abituati ad avere una visione distorta del cosiddetto Terzo Settore inquadrando spesso i suoi operatori come dei probabili evasori. Il Terzo Settore, invece, rappresenta un’asset fondamentale dell’economia del nostro Paese. Il Non profit nei Paesi anglosassoni, ad esempio, è un settore di eccellenza dove operano professionisti iper qualificati ed adeguatamente pagati.

Questa è la strada che anche l’Italia sta iniziando a percorrere e, quindi, è necessario da un lato che gli operatori del settore si specializzino nella materia e, dall’altro, che le associazioni si affidino a tali professionisti, pagando le relative prestazioni. Non sarà più possibile, nel prossimo futuro, per un presidente di associazione pretendere che il consulente lo assista gratuitamente o al minimo sindacale; questa materia è diventata molto complessa ed eterogenea e chi si prodiga nel suo studio deve essere adeguatamente renumerato.

Gli specialisti del non profit nasce proprio per assecondare questa continua esigenza di professionalità in materia; La nostra consulenza, assistenza e formazione potrà proiettare la vostra associazione nel nuovo mondo del Non profit che si sta delineando.

Avv. Luca Concilio