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Il decreto sui controlli al Terzo Settore è legge: come funzioneranno verifiche, responsabilità e novità per gli enti

Controlli Enti Terzo Settore

Sommario

  1. Introduzione – Il decreto sui controlli al Terzo Settore diventa legge, pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
  2. Cosa prevede il decreto – Ambito di applicazione, ruolo del Ministero del Lavoro e novità rispetto al passato.
  3. Quali enti sono soggetti a controllo – Tutti gli ETS iscritti al Runts, con eccezioni per cooperative sociali, imprese sociali e società di mutuo soccorso.
  4. Tipologie di controlli – Distinzione tra controlli ordinari (triennali) e straordinari (a campione o mirati).
  5. Tempistiche e programmazione – Revisione triennale e scadenze per i soggetti responsabili.
  6. Chi effettuerà i controlli – Ruolo dei CSV e delle RAN, requisiti dei soggetti incaricati e divieto di conflitti di interesse.
  7. Contributi economici – Copertura parziale dei costi con contributi proporzionati alle dimensioni degli enti.
  8. Modalità operative – Comunicazioni via PEC, richieste documentali e possibili ispezioni in loco.
  9. Avvio dei controlli – Decorrenza fissata da decreto ministeriale e attivazione della sezione informatica dedicata.
  10. Implicazioni pratiche per gli ETS – Rafforzamento della trasparenza, maggiore responsabilità condivisa, procedure semplificate per i piccoli enti.
  11. Conclusioni – Un passo avanti per la credibilità e l’affidabilità del Terzo Settore.

 

Il decreto sui controlli al Terzo Settore è finalmente legge. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 2025, il provvedimento rappresenta un passaggio fondamentale per la piena attuazione della riforma del Terzo Settore, introducendo regole chiare su vigilanza, monitoraggio e responsabilità.

La novità principale riguarda il fatto che non saranno solo gli Uffici del Runts (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) a effettuare i controlli, ma anche gli stessi enti del Terzo Settore – in particolare i Centri di servizio per il volontariato (CSV) e le reti associative nazionali (RAN) – potranno essere autorizzati a vigilare sui propri aderenti.

Si tratta di un tassello molto atteso, frutto di un confronto lungo e articolato tra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Conferenza Stato-Regioni, CSVnet e Forum Terzo Settore.

Cosa prevede il decreto sui controlli al Terzo Settore

Il decreto del 7 agosto 2025 del Ministero del Lavoro stabilisce in maniera puntuale le forme, i contenuti, i termini e le modalità dei controlli.

In sintesi:

  • i controlli ordinari potranno essere svolti dagli Uffici Runts, dai CSV e dalle RAN che ne faranno richiesta e otterranno autorizzazione;
  • i controlli straordinari (più approfonditi, a campione o legati a specifiche criticità) resteranno invece in capo solo agli Uffici Runts;
  • i CSV e le RAN potranno scegliere liberamente se candidarsi come soggetti autorizzati.

È prevista inoltre la possibilità di stipulare convenzioni tra enti autorizzati e soggetti che non hanno fatto richiesta, così da rendere più fluido e capillare il sistema di vigilanza.

Quali enti saranno sottoposti a controllo

Il decreto chiarisce che i controlli riguarderanno tutti gli enti del Terzo Settore iscritti al Runts, con alcune eccezioni:

  • cooperative sociali;
  • imprese sociali;
  • società di mutuo soccorso.

Tutti gli altri ETS dovranno quindi prepararsi a rientrare in questo nuovo regime di vigilanza.

Tipologie di controlli: ordinari e straordinari

Il sistema di controllo si articola in due livelli principali:

Controlli ordinari

I controlli ordinari hanno finalità programmata e ciclica, in particolare:

  • verificare la sussistenza dei requisiti per l’iscrizione e la permanenza nel Runts;
  • accertare il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;
  • controllare il rispetto degli obblighi derivanti dall’iscrizione al Registro.

Saranno effettuati ogni tre anni (revisione triennale) e, per gli enti con entrate annue fino a 60.000 euro, seguiranno una procedura semplificata.

Controlli straordinari

I controlli straordinari potranno essere avviati solo dagli Uffici Runts e avranno carattere:

  • a campione, per verificare la correttezza di determinate categorie di enti;
  • specifico, in seguito a irregolarità o criticità emerse nei controlli ordinari.

Tempistiche e programmazione

Il primo triennio di controlli partirà dal 1° gennaio dell’anno successivo all’iscrizione al Runts.

Entro il 31 marzo, ciascun soggetto responsabile (Uffici Runts, CSV e RAN autorizzati) dovrà caricare sul sistema informativo dedicato al Runts un programma triennale con l’elenco degli enti da sottoporre a verifica.

Chi potrà effettuare i controlli: i soggetti incaricati

Uno degli aspetti più delicati riguarda la scelta delle figure che materialmente svolgeranno i controlli.

Il decreto prevede che i soggetti autorizzati (CSV e RAN) possano individuare dei “soggetti incaricati”, ossia persone fisiche che eseguiranno la revisione presso gli enti.

Queste figure potranno essere:

  • dipendenti;
  • collaboratori;
  • professionisti esterni dei CSV o delle RAN autorizzate.

Per garantire la massima imparzialità, non potranno essere scelti incaricati che si trovino in situazioni di conflitto di interessi, come previsto dall’art. 2399 del Codice Civile. Ad esempio, non potranno controllare un ente soggetti che abbiano rapporti di consulenza o prestazioni d’opera retribuite con lo stesso.

Inoltre, i soggetti incaricati dovranno essere:

  • iscritti in un elenco pubblico e aggiornato;
  • dotati di esperienza documentata;
  • adeguatamente formati e aggiornati.

La responsabilità ultima per i controlli rimarrà sempre in capo ai soggetti autorizzati (CSV e RAN).

Contributo economico per i controlli

Per sostenere le attività dei CSV e delle RAN autorizzati, il Ministero del Lavoro ha previsto un contributo economico a copertura parziale delle spese, calcolato in base alla dimensione economica dell’ente controllato:

  • 50 euro per enti con entrate fino a 60.000 euro;
  • 100 euro per enti con entrate tra 60.000 e 300.000 euro;
  • 250 euro per enti con entrate tra 300.000 e 1.000.000 euro;
  • 500 euro per enti con entrate oltre 1.000.000 euro.

Questi importi potranno subire una riduzione qualora venisse superato il tetto complessivo di spesa stanziato per tale misura.

Modalità operative dei controlli

Il decreto delinea in dettaglio le modalità con cui i controlli saranno effettuati:

  • Comunicazioni via PEC: gli enti riceveranno richieste formali di documentazione tramite posta elettronica certificata;
  • Accertamenti documentali: i soggetti incaricati verificheranno bilanci, verbali e altri atti rilevanti;
  • Ispezioni in loco: qualora necessarie, sarà possibile effettuare sopralluoghi presso le sedi degli enti.

Gli enti avranno da 30 a 90 giorni di tempo per regolarizzare eventuali irregolarità o carenze rilevate.

Inoltre, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto, saranno approvati i modelli standard di verbale per i controlli, sia ordinari che straordinari, così da uniformare le procedure su tutto il territorio nazionale.

Avvio dei controlli: quando partiranno davvero?

L’effettiva decorrenza dei controlli sarà stabilita con un decreto ad hoc dell’ufficio di livello dirigenziale generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

La partenza concreta dipenderà quindi dall’attivazione della sezione informatica dedicata ai controlli, all’interno del sistema gestionale del Runts.

Impatti e considerazioni per gli enti del Terzo Settore

L’introduzione di questo nuovo regime di vigilanza porta con sé diversi effetti pratici per gli enti del Terzo Settore:

  • un sistema di controllo più strutturato e diffuso, che non grava solo sugli uffici pubblici;
  • una maggiore responsabilizzazione delle reti associative e dei centri di servizio;
  • un rafforzamento della trasparenza e della fiducia tra enti, aderenti e cittadini.

Per gli ETS più piccoli, la previsione di controlli semplificati rappresenta un segnale importante di proporzionalità.

Conclusioni: un passo decisivo verso un Terzo Settore più trasparente

Il decreto sui controlli segna un punto di svolta: da oggi, CSV e RAN avranno un ruolo attivo e concreto nella vigilanza, con responsabilità ma anche con il sostegno di risorse dedicate.

Per gli enti del Terzo Settore, l’obiettivo non è solo “superare” i controlli, ma rafforzare le proprie pratiche di trasparenza e correttezza. Questo nuovo sistema, se applicato in maniera equilibrata, potrà contribuire a valorizzare ulteriormente il ruolo degli ETS come attori chiave di solidarietà, coesione sociale e utilità collettiva.

Incompatibilità delle cariche sportive dopo il D.L. 96/2025: cosa cambia per ASD e SSD

Incompatibilità delle cariche sportive

Sommario

  1. Introduzione
  2. La normativa prima del D.L. 96/2025
  3. Le novità introdotte dal decreto
  4. Implicazioni per le ASD
  5. Implicazioni per le SSD
  6. Tabella comparativa: prima e dopo la riforma
  7. È una clausola obbligatoria per gli statuti?
  8. Conseguenze in caso di inosservanza
  9. Considerazioni pratiche per presidenti e dirigenti
  10. Conclusioni

1. Introduzione

Il tema delle incompatibilità nelle cariche sociali di associazioni e società sportive dilettantistiche (ASD e SSD) è stato per lungo tempo al centro di interpretazioni, dubbi applicativi e possibili contestazioni. Con il D.L. 30 giugno 2025 n. 96, convertito nella L. 8 agosto 2025 n. 119, la normativa ha subito una modifica significativa che alleggerisce il regime precedente, circoscrivendo il divieto al solo presidente o legale rappresentante.

Questa novità ha un impatto concreto per migliaia di sodalizi sportivi, riducendo vincoli e semplificando la gestione interna. Ma è davvero tutto più semplice? E soprattutto: le ASD e SSD devono aggiornare i propri statuti?

In questo articolo analizziamo la situazione prima e dopo il decreto, con un focus su obblighi, rischi e possibili scenari futuri.

2. La normativa prima del D.L. 96/2025

Prima della riforma, l’art. 11 del D.Lgs. 36/2021 sanciva un divieto ampio: tutti gli amministratori di ASD e SSD non potevano ricoprire cariche analoghe in enti affiliati al medesimo organismo sportivo (Federazione Sportiva Nazionale, Disciplina Sportiva Associata o Ente di Promozione Sportiva).

Questo significava che non solo i presidenti, ma anche vicepresidenti, consiglieri, segretari, tesorieri e membri del CdA erano soggetti a incompatibilità. Una regola che, nella pratica, limitava fortemente la possibilità di partecipare alla vita sportiva di più associazioni.

La ratio del divieto era quella di evitare concentrazioni di potere e conflitti di interesse, soprattutto in caso di competizioni interne al medesimo organismo.

3. Le novità introdotte dal decreto

Con il D.L. 96/2025, entrato in vigore il 10 agosto 2025, il divieto viene attenuato: non riguarda più tutti gli amministratori, ma solo il presidente (o comunque la figura che riveste il ruolo di legale rappresentante).

La modifica semplifica notevolmente la governance dei sodalizi, soprattutto nelle ASD, dove spesso i ruoli dirigenziali sono ricoperti da volontari. Nelle SSD la questione resta più complessa, in quanto la nozione di “presidente” non è sempre coincidente con la struttura societaria.

In ogni caso, la direzione è chiara: limitare l’incompatibilità alla figura apicale.

4. Implicazioni per le ASD

Per le associazioni sportive dilettantistiche la novità è semplice da applicare: l’incompatibilità riguarda esclusivamente il presidente, cioè colui che ha la rappresentanza legale dell’ente. Vicepresidenti, segretari, consiglieri e altri membri del direttivo non sono più soggetti a limitazioni.

Questa modifica riduce gli ostacoli alla partecipazione attiva dei soci e rende più agevole la formazione dei direttivi, soprattutto nei contesti locali dove le stesse persone spesso si impegnano in più discipline o associazioni.

5. Implicazioni per le SSD

Nelle società sportive dilettantistiche la questione è più articolata. La norma utilizza il termine “presidente”, che nelle SSD non sempre coincide con la figura di riferimento. In base allo statuto e alla governance adottata, il ruolo di legale rappresentante può spettare a:

  • un amministratore unico;
  • il presidente del consiglio di amministrazione;
  • o, in alcune forme, agli amministratori delegati.

In ogni caso, l’incompatibilità si applica alla persona che esercita la rappresentanza legale, e non agli altri amministratori o consiglieri. Questo riduce notevolmente le limitazioni rispetto al regime precedente.

6. Tabella comparativa: prima e dopo la riforma

Per comprendere meglio l’impatto della modifica normativa, riportiamo una tabella che sintetizza le principali differenze.

Aspetto Prima (art. 11 D.lgs. 36/2021) Dopo (D.L. 96/2025)
Soggetti interessati Tutti gli amministratori (presidente, vicepresidenti, consiglieri, segretari, tesorieri, componenti CdA, ecc.) Solo il presidente o chi ricopre la carica di legale rappresentante
ASD Incompatibilità estesa a presidente e a tutti i membri dell’organo direttivo Incompatibilità limitata al solo presidente
SSD Incompatibilità estesa a tutti gli amministratori, indipendentemente dal ruolo Incompatibilità riferita al legale rappresentante (amministratore unico o presidente del CdA)
Ambito di applicazione Vietata la doppia carica in enti affiliati allo stesso organismo (FSN, DSA, EPS) Confermato: divieto solo all’interno del medesimo organismo sportivo
Sanzioni dirette Nessuna sanzione specifica, ma rischio di contestazioni fiscali e sportive Nessuna sanzione specifica, ma resta un indice di conflitto di interessi o gestione elusiva
Obbligo di inserimento nello statuto Non obbligatorio, ma spesso recepito Non obbligatorio, ma consigliato per chiarezza
Effetto pratico Regime restrittivo, molti dirigenti impossibilitati a ricoprire doppi incarichi Regime semplificato, divieto limitato alla figura apicale

7. È una clausola obbligatoria per gli statuti?

Un punto cruciale riguarda l’obbligo di inserimento della clausola negli statuti. L’art. 7 del D.lgs. 36/2021 elenca i requisiti che devono essere presenti per l’iscrizione al Registro delle Attività Sportive Dilettantistiche (RASD). Tuttavia, l’incompatibilità non rientra tra questi requisiti essenziali.

Questo significa che:

  • non è obbligatorio inserire la clausola nello statuto;
  • gli enti che non l’hanno prevista possono comunque iscriversi al RASD;
  • in caso di contestazioni, il divieto si applica direttamente per effetto della legge.

Molti organismi affilianti (FSN, DSA, EPS) hanno tuttavia richiesto di inserire la clausola nei propri regolamenti interni, creando in passato situazioni di incertezza. Con la nuova normativa, la questione appare più chiara, ma resta consigliabile riportare la clausola negli statuti per maggiore trasparenza.

8. Conseguenze in caso di inosservanza

Cosa succede se un presidente ricopre una carica incompatibile?

La norma, così come formulata, non prevede sanzioni specifiche come la cancellazione dal Registro. Tuttavia, la giurisprudenza ha già in passato considerato la violazione come indice di gestione elusiva o come segnale di concentrazione di potere, con possibili ripercussioni:

  • fiscali: rischio di perdere le agevolazioni tributarie (es. L. 398/91);
  • sportive: contestazioni da parte delle Federazioni o Enti affilianti;
  • statutarie: obbligo di optare per una delle due cariche o di cambiare affiliazione.

È quindi opportuno trattare l’incompatibilità come un requisito sostanziale, pur in assenza di una sanzione diretta.

9. Considerazioni pratiche per presidenti e dirigenti

Dal punto di vista operativo, la modifica normativa è accolta con favore, ma solleva comunque alcune questioni pratiche:

  • Per le ASD: la vita associativa diventa più semplice. Non essendoci più il vincolo sugli altri amministratori, è più facile costituire organi direttivi con persone che operano anche in altri sodalizi.
  • Per le SSD: occorre verificare con attenzione lo statuto e la governance per identificare correttamente chi sia il legale rappresentante. In caso di dubbi, può essere utile un parere legale o notarile.
  • Per gli organismi affilianti: resta la possibilità di imporre regole più stringenti nei propri regolamenti, ma la legge fissa comunque un minimo inderogabile.

Un altro aspetto da considerare è l’opportunità di aggiornare lo statuto. Se la clausola era stata inserita con riferimento alla normativa previgente, può essere necessario un adeguamento per non creare contraddizioni con la nuova disciplina.

Inoltre, la semplificazione introdotta dal decreto potrebbe aprire nuove opportunità per i dirigenti sportivi, che ora hanno maggiore libertà di contribuire alla vita di più realtà associative senza incorrere in sanzioni. Questo può favorire lo sviluppo di reti territoriali e collaborazioni tra associazioni e società, arricchendo il tessuto sportivo locale.

10. Conclusioni

Il D.L. 96/2025 rappresenta un passo avanti verso una gestione più flessibile delle ASD e SSD, riducendo le incompatibilità solo al presidente o legale rappresentante. Questo semplifica la vita dei sodalizi sportivi, evitando rigidità che in passato penalizzavano la partecipazione.

Resta però importante mantenere attenzione sugli aspetti fiscali e gestionali: la violazione del divieto, anche se non direttamente sanzionata, può essere interpretata come indice di comportamenti elusivi o irregolari.

La regola pratica è semplice: gli statuti non devono necessariamente essere modificati, ma è consigliabile aggiornarli per rispecchiare la nuova normativa e garantire trasparenza. In questo modo si evitano contestazioni e si rafforza la governance degli enti.

In prospettiva, questa modifica normativa potrebbe segnare l’inizio di una fase più equilibrata tra esigenze di controllo e libertà associativa, contribuendo a rendere il sistema sportivo italiano più efficiente e inclusivo.