Con un comunicato ufficiale pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 09/12/2024, si è resa ufficiale una notizia che, da alcuni giorni, stava già circolando negli ambienti del mondo associativo: il tanto sospirato “rinvio” dell’entrata in vigore della nuova disciplina Iva per tutte le tipologie di enti associativi.
Risulta opportuno fare un passo indietro per evidenziare, sinteticamente, il quadro generale.
Il legislatore nazionale, in virtù di una procedura di infrazione comunitaria, ha previsto, già nel lontano 2021, una modifica della materia IVA per le associazioni; nella sostanza, per seguire i dettami europei, si è previsto che tutte le operazioni di carattere commerciale poste in essere dagli enti associativi devono rientrare nel campo di attrazione IVA.
Si precisa che quando si parla di “operazioni a carattere commerciale” sono ricomprese anche quelle poste in essere per la cessione di beni e prestazioni di servizi svolte nei confronti degli associati (in pratica tutte quelle operazioni che prevedono il pagamento di un “corrispettivo specifico” a fronte del bene o servizio offerto).
Tali operazioni, oggi ricadenti nel “FUORI CAMPO IVA”, e quindi disciplinate dall’art. 4 del DPR Iva (Dpr 633/72), dovevano diventare, a partire dal 01/01/2025, operazioni “ESENTE IVA”, disciplinate dall’art. 10 del suddetto DPR Iva.
Tale passaggio, seppure irrilevante ai fini del pagamento dell’imposta (le operazioni esenti Iva non prevedono alcun pagamento dell’Iva), porta con sé un invitabile disagio per il mondo associativo, soprattutto per le realtà più piccole. Difatti la prima conseguenza è la necessaria apertura della partita Iva per migliaia di associazioni che, sino ad ora, hanno operato solo con il codice fiscale facendo operazioni con pagamento di corrispettivi specifici.
L’apertura e la relativa gestione della partita Iva prevedono, necessariamente, una serie di adempimenti e relativi costi che avrebbero avuto una naturale ricaduta sulle associazioni, specie le più piccole e, quindi, le meno attrezzate economicamente ad affrontare questi nuovi adempimenti.
Il Decreto milleproroghe ha, difatti, rinviato l’entrata in vigore della nuova disciplina al 10/01/2026 lasciando, quindi, inalterata la situazione per il prossimo anno.
Tuttavia se questo rappresenta di certo un grande risultato per le associazioni, bisogna tenere a mente che l’entrata in vigore della nuova disciplina è solo prorogata e, pertanto, prima o poi bisognerà farci i conti.
Una speranza, però, è stata data dal viceministro del lavoro Maria Teresa Bellucci e dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo i quali hanno rappresentato la volontà di giungere ad una definizione con la comunità europea di una disciplina armonica in materia Iva.
Nella sostanza l’Italia vuole far presente in ambito europeo che il nostro modello associativo è un unicum tra i paesi UE e che pertanto, seppure la disciplina Iva è di competenza Europea, risulta necessaria una armonizzazione con il nostro sistema che potrebbe, semmai, portare alla previsione di una modulazione che consenta alle associazioni di piccole dimensioni di poter continuare ad operare senza dover entrare nel campo Iva.
Il 2025 sarà, quindi, un anno di forte confronto in campo europeo su questo tema, nonché sulla tanto sospirata autorizzazione della commissione UE sul comparto fiscale del codice del terzo settore, tema, anche quest’ultimo, che potrebbe trovare la sua definitiva approvazione a distanza di ben oltre 7 anni dall’entrata in vigore del Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017).
Quindi, per ora si può tirare un sospiro di sollievo ma restando estremamente attenti all’evoluzione della materia nel corso del prossimo anno.
Pubblicato il 10/12/2024