Archivio Categoria: Associazioni

DECRETO MILLEPROROGHE 2024 – Rinvio della nuova disciplina Iva per le associazioni

Con un comunicato ufficiale pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 09/12/2024, si è resa ufficiale una notizia che, da alcuni giorni, stava già circolando negli ambienti del mondo associativo: il tanto sospirato “rinvio” dell’entrata in vigore della nuova disciplina Iva per tutte le tipologie di enti associativi.
Risulta opportuno fare un passo indietro per evidenziare, sinteticamente, il quadro generale.
Il legislatore nazionale, in virtù di una procedura di infrazione comunitaria, ha previsto, già nel lontano 2021, una modifica della materia IVA per le associazioni; nella sostanza, per seguire i dettami europei, si è previsto che tutte le operazioni di carattere commerciale poste in essere dagli enti associativi devono rientrare nel campo di attrazione IVA.
Si precisa che quando si parla di “operazioni a carattere commerciale” sono ricomprese anche quelle poste in essere per la cessione di beni e prestazioni di servizi svolte nei confronti degli associati (in pratica tutte quelle operazioni che prevedono il pagamento di un “corrispettivo specifico” a fronte del bene o servizio offerto).
Tali operazioni, oggi ricadenti nel “FUORI CAMPO IVA”, e quindi disciplinate dall’art. 4 del DPR Iva (Dpr 633/72), dovevano diventare, a partire dal 01/01/2025, operazioni “ESENTE IVA”, disciplinate dall’art. 10 del suddetto DPR Iva.
Tale passaggio, seppure irrilevante ai fini del pagamento dell’imposta (le operazioni esenti Iva non prevedono alcun pagamento dell’Iva), porta con sé un invitabile disagio per il mondo associativo, soprattutto per le realtà più piccole. Difatti la prima conseguenza è la necessaria apertura della partita Iva per migliaia di associazioni che, sino ad ora, hanno operato solo con il codice fiscale facendo operazioni con pagamento di corrispettivi specifici.
L’apertura e la relativa gestione della partita Iva prevedono, necessariamente, una serie di adempimenti e relativi costi che avrebbero avuto una naturale ricaduta sulle associazioni, specie le più piccole e, quindi, le meno attrezzate economicamente ad affrontare questi nuovi adempimenti.
Il Decreto milleproroghe ha, difatti, rinviato l’entrata in vigore della nuova disciplina al 10/01/2026 lasciando, quindi, inalterata la situazione per il prossimo anno.
Tuttavia se questo rappresenta di certo un grande risultato per le associazioni, bisogna tenere a mente che l’entrata in vigore della nuova disciplina è solo prorogata e, pertanto, prima o poi bisognerà farci i conti.
Una speranza, però, è stata data dal viceministro del lavoro Maria Teresa Bellucci e dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo i quali hanno rappresentato la volontà di giungere ad una definizione con la comunità europea di una disciplina armonica in materia Iva.
Nella sostanza l’Italia vuole far presente in ambito europeo che il nostro modello associativo è un unicum tra i paesi UE e che pertanto, seppure la disciplina Iva è di competenza Europea, risulta necessaria una armonizzazione con il nostro sistema che potrebbe, semmai, portare alla previsione di una modulazione che consenta alle associazioni di piccole dimensioni di poter continuare ad operare senza dover entrare nel campo Iva.
Il 2025 sarà, quindi, un anno di forte confronto in campo europeo su questo tema, nonché sulla tanto sospirata autorizzazione della commissione UE sul comparto fiscale del codice del terzo settore, tema, anche quest’ultimo, che potrebbe trovare la sua definitiva approvazione a distanza di ben oltre 7 anni dall’entrata in vigore del Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017).
Quindi, per ora si può tirare un sospiro di sollievo ma restando estremamente attenti all’evoluzione della materia nel corso del prossimo anno.

Pubblicato il 10/12/2024

SAFEGUARDING: CHI È, QUALI SONO LE SUE FUNZIONI E QUALI I REQUISITI

In un mondo sempre più inclusivo, anche lo sport deve impegnarsi ad assicurare la dignità e il rispetto dei diritti di tutti coloro che partecipano, a qualsiasi titolo, all’attività fisica. È per questo che nasce la figura del Safeguarding. Scopriamone di più.

Chi è il Safeguarding?
➡ L’art. 33 co. 6 del D. Lgs. n. 36/2021 ha previsto l’obbligo per le ASD e le SSD di designare un responsabile della protezione dei minori per il contrasto ad ogni forma di abuso e di violenza e della protezione dell’integrità fisica e morale dei giovani sportivi. La designazione dovrà essere effettuata entro il 31/12/2024 da parte dell’organo di amministrazione, dovrà essere pubblicata sulla homepage dell’ente, affissa presso la sede e, infine, comunicata al Safeguarding Officer. Con la delibera CONI n. 255/2023 è stata prevista la nomina di una figura (responsabile contro abusi violenze e discriminazioni) con compiti analoghi da esercitare non soltanto in favore dei minori, ma nei confronti di tutti i tesserati.

Quali sono le funzioni del Safeguarding?
➡ I compiti, desumibili dalle Linee Guida del Coni, sono diversi:

1) ascolto e accoglienza delle vittime di abusi, violenze e discriminazioni;

2) trasmissione di informazioni alle vittime sul tipo di supporto psicologico e legale;

3) monitoraggio delle politiche di contrasto adottate dall’ente e delle misure idonee a garantire la diffusione della politiche di safeguarding;

4) verifica circa l’adozione di procedure da parte della società/associazione per evitare e/o contrastare la vittimizzazione secondaria;

5) verifica circa l’adozione da parte della società/associazione di canali di comunicazione sicuri e riservati per denunciare l’abuso subito;

6) verifica circa l’adozione da parte della società/associazione di un sistema sanzionatorio per le violazioni accertate;

7) verifica circa la previsione nel MOGC di flussi informativi in favore del Responsabile;

8) verifica circa la diffusione del MOGC, del Codice Etico, del regolamento e dei codici di comportamento.
Le funzioni di controllo e vigilanza sono esercitate mediante l’accesso alle strutture sportive, audizioni e ispezioni anche senza preavviso.

Quali sono i requisiti necessari per ricoprire il ruolo?
➡ Il responsabile deve essere autonomo, indipendente e professionale.
Per autonomia si intende una vera e propria autonomia decisionale nell’esercizio dei poteri ispettivi e di vigilanza; per indipendenza si fa, invece, riferimento alla terzietà, ovvero non devono sussistere ipotesi di conflittualità di interessi con l’ente. La professionalità, infine, presuppone una competenza tecnico/giuridica, ispettiva, oltre ad una capacità di ascolto delle vittime di abuso. Inoltre, il responsabile non deve aver riportato condanne penali per reati in danno di minori, non deve essere stato destinatario di sanzioni in ambito sportivo o destinatario di un Daspo. Diverse federazioni hanno richiesto che il responsabile sia un soggetto tesserato.

 

DECRETO LEGGE N. 71 del 31/05/2024 Novità per i lavoratori e volontari sportivi

Lo scorso 31 Maggio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 71 che riporta disposizioni urgenti i, per il regolare avvio dell’anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca.

Il suddetto decreto tocca anche due tematiche molto sensibili per il settore dilettantistico che vanno ad incidere sulle figure dei lavoratori e dei volontari sportivi.

Vediamole nel dettaglio:

  • LAVORO SPORTIVO

Per i lavoratori sportivi dipendenti di Amministrazioni Pubbliche non è più richiesta l’autorizzazione preventiva da parte della P.A. di appartenenza per poter svolgere l’attività di lavoro sportivo qualora il compenso derivante dalla suddetta attività sia contenuto al di sotto dei 5.000 euro annui; in tal caso basterà che il lavoratore faccia una semplice comunicazione unilaterale alla propria P.A. di appartenenza, secondo le modalità previste dalla singola amministrazione, alla stregua di quella, già, stabilita per i volontari sportivi.

  • VOLONTARI SPORTIVI

Il decreto legge riscrive, totalmente, il comma 2 dell’art. 29 del D.Lgs. 36/2021 andando, in sostanza, a rivoluzione la disciplina dettata per i rimborsi spese stanziati in favore dei volontari sportivi.

Viene abolita la possibilità di elargire i rimborsi spese autocertificati nella misura di 150 euro mensili.

La grande novità è rappresentata dalla introduzione della possibilità, per i volontari, di riceve rimborsi forfettari nella misura massima di € 400,00 mensili per la loro attività svolta in concomitanza di manifestazioni ed eventi sportivi ai quali hanno preso parte. Va precisato che le manifestazioni e gli eventi sportivi devono essere stati riconosciuti dagli Organismi Sportivi affilianti oppure direttamente dal CONI, dal CIP o dalla società Sport e Salute; è quindi, ad oggi, preclusa la possibilità del rimborso per le attività di allenamento/preparazione nonché per le manifestazioni non riconosciute e/o autorizzate dai predetti enti.

Sarà necessario che l’ente che elargisce i rimborsi spese ai volontari abbia, preventivamente, assunto una delibera che vada ad individuare le tipologie di spesa e le attività di volontariato per le quali viene ammesso il rimborso.

Altra novità importante riguarda la comunicazione che dovrà essere effettuata sul Registro delle attività Sportive (cosiddetto RAS o RASD) da parte dell’ente che ha elargito i rimborsi spese; sarà, infatti, necessario comunicare al registro il nominativo dei volontari e l’ammontare dei rimborsi ad essi versati entro la fine del mese successivo al trimestre nel quale si sono svolte le prestazioni sportive del volontario; tale comunicazione sarà, così, a disposizione degli enti preposti per le opportune verifiche.

I rimborsi forfettari non concorrono alla formazione del reddito del volontario tuttavia concorrono alla determinazione della franchigia di 5.000 e 15.000 euro annui rispettivamente previste ai fini previdenziali e fiscali.

Si precisa che resta possibile riconoscere ai volontari il rimborso spese vive documentali sostenute per vitto, alloggio, trasporto e viaggio sempre se preventivamente autorizzati dall’ente.

 

 

Avv. Luca Concilio

Il certificato “antipedofilia”

Il certificato “antipedofilia” è un documento rilasciato dall’ufficio del casellario giudiziale presente presso ogni Procura della Repubblica.

Tale documento attesta, nello specifico, se un soggetto abbia avuto condanne o è in fase di giudizio per i reati previsti agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, o se vi sia stata nei suoi confronti l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori, ovvero l’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado e da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori nonché l’applicazione della misura di sicurezza del divieto di svolgere lavori che prevedano un contatto abituale con minori.

La recente riforma dello sport prevede, quale effetto indiretto, tale nuovo onore in capo agli enti sportivi.

Si parla di effetto indiretto in quanto tale onere non è previsto nei testi della riforma ma discende, quale naturale conseguenza, dal nuovo inquadramento dei lavoratori sportivi (e non solo). Difatti l’obbligo della produzione del certificato antipedofilia è regolato dall’art. 25 DPR 14 novembre 2002 n. 313 in vigore dal 6 aprile 2014 per ogni rapporto di lavoro che preveda un contatto diretto e continuativo con i minori.

La nuova disciplina del lavoro sportivo fa entrare, di diritto, anche tali fattispecie nella categoria dei rapporti di lavoro che sono soggetti, quindi, all’obbligo del certificato antipedofilia.

L’obbligo della richiesta del certificato grava in capo al datore di lavoro e nasce al momento in cui inizia il rapporto di lavoro, cioè si cristallizza al momento dell’assunzione e la validità del certificato va valutata con riferimento a quel momento e non deve essere attuata una successiva e reiterata richiesta; il documento quindi è sempre valido, fino a quando non cessa il rapporto ed eventualmente ne inizia un altro.

In attesa del certificato richiesto dal datore di lavoro si può procedere alla stipula del contratto alle seguenti condizioni:

– se il datore di lavoro è una pubblica amministrazione può acquisire dal lavoratore una dichiarazione sostitutiva di certificazione;

– se il datore è privato (come nel caso degli enti sportivi), una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

Le modalità di richiesta del certificato e la relativa modulistica sono disponibili sul sito del Ministero della Giustizia https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_3_3_7.page?tab=m

I costi del certificato per gli enti sportivi non prevedono la marca da bollo (in virtù dell’esenzione ex art. 27-bis allegato D del DPR 642/72) ma solo i costi per i diritti pari ad € 7,84 se il certificato è richiesto con urgenza oppure € 3,92 se il certificato è richiesto senza urgenza.

Qualora dovesse essere segnalata dall’ufficio del casellario giudiziale la presenza sul certificato di uno o più elementi sopra descritti si consiglia di non procedere a ritirarne copia (per un discorso privacy) e non provvedere all’assunzione del lavorato in virtù, per l’appunto, della segnalazione resa dall’ufficio.

Si precisa, infine, che la normativa impone il certificato antipedofilia per i “lavoratori”; pertanto, se abbiamo rapporti con volontari, tale obbligo non si estende anche nei loro confronti. La materia è piuttosto delicata. Si consiglia, pertanto, che l’ente sportivo si assicuri che tutti gli operatori (lavoratori e volontari) non abbiano mai avuto problemi con i minori.

 

 

Pubblicato in data 06/10/2023

Avv. Luca Concilio

RIFORMA DELLO SPORT – La situazione in vista del prossimo 1° luglio

Si avvicina sempre più la data del 1° luglio, giorno in cui entrerà in vigore la parte più consistente delle norme contenute nel D.Lgs. 36/2021.

Cerchiamo di capire lo stato attuale della riforma a circa due settimane dall’entrata in vigore.

Esaminiamo alcuni degli aspetti essenziali precisando che mentre scrivo questo articolo è in discussione un provvedimento “correttivo” che dovrebbe andare a modificare alcuni aspetti, anche importanti, della suddetta riforma e che, essendo già circolata una prima bozza di testo, provvederò a citarvi senza poter però avere la certezza per l’attuale mancata pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Andiamo per punti:

1) Modifiche degli statuti

Gli enti sportivi, in virtù degli articoli 7,8,9 e 11 del D.Lgs. 36/2021, saranno chiamati a modificare i propri statuti per renderli conformi con la nuova disciplina. Ad oggi la norma stabilisce che il mancato adeguamento determina la cancellazione dal Registro delle attività sportive (RAS), tuttavia il correttivo in discussione dovrebbe prevedere un termine (sino al 31/12/2023) per poter adeguare gli statuti senza correre il rischio di esclusione dal RAS. Ci si augura anche che venga stabilità l’esenzione dal pagamento della tassa di registro.

2) I compensi sportivi

Dal prossimo 1° luglio (salvo improbabili ulteriori rinvii) sarà abrogata la norma che consentiva in ambito sportivo i cosiddetti “compensi sportivi esenti sino a € 10.000”. Ciò significa che dal prossimo mese qualsiasi pagamento erogato da un ente sportivo ad un proprio collaboratore dovrà essere inquadrato come rapporto di lavoro.

L’abrogazione degli articoli 67/69 TUIR per gli enti sportivi comporta che ogni ente potrà effettuare pagamenti utilizzando ancora tale disciplina sino al 30 Giugno e non oltre!

3) I volontari sportivi

La riforma prevede che il volontario è colui che presta la propria opera senza ricevere nulla in cambio se non il rimborso delle spese vive e documentate sostenute. Il testo del correttivo in discussione dovrebbe prevedere, come nel Terzo Settore, la possibilità di erogare ai volontari rimborsi spese anche senza i relativi giustificati se preventivamente disciplinati dall’ente sportivo e nel limite massimo di € 150,00 mensili.

4) I lavoratori sportivi

È di certo la parte più consistente della riforma e che comporta una vera rivoluzione nel settore. Dal prossimo 1° luglio chi percepisce un qualsiasi compenso da un ente sportivo lo farà in virtù di un rapporto di lavoro! Di che tipo? Non essendo possibile creare una tipologia ad hoc di rapporto di lavoro, il Legislatore ha previsto che nel settore sportivo ci potranno essere sia lavoratori subordinati che co.co.co. o in partita Iva. Vi sono delle fasce di esenzione sia dal punto di vista previdenziale (€ 5.000,00) che fiscale (€ 15.000,00) ma ciò che, ad oggi, preoccupa il movimento sportivo sono gli adempimenti connessi all’inquadramento dei lavoratori sportivi. La riforma prevede delle procedure di semplificazione tramite il RAS che, attualmente, non sono ancora disponibili; Tuttavia il correttivo in discussione dovrebbe prevedere una sorta di periodo cuscinetto (sino al 31/10/2023) per poter adempiere le varie incombenze senza il rischio di incorrere in sanzioni.

Sempre il correttivo dovrebbe prevedere per i dipendenti pubblici la possibilità di lavorare presso un ente sportivo (al di fuori dell’orario di lavoro statale) previa una comunicazione all’amministrazione di appartenenza con l’introduzione del silenzio-assenso (la norma attuale, invece, prescrive un’apposita autorizzazione da parte dell’amministrazione di appartenenza).

Il tema del lavoro sportivo sarà affrontato nel dettaglio in prossimi articoli.

5) Premio INAIL

Per i lavoratori sportivi dipendenti e co.co.co. l’attuale normativa non prevede alcuna esenzione per il pagamento del premio Inail che, pertanto, dovrà essere sempre corrisposto. Il correttivo in discussione, tuttavia, prevede la possibilità di determinare il premio Inail sulla base dei soli rischi non coperti dall’assicurazione per morte e invalidità permanente già prevista per gli sportivi dilettanti ai sensi dell’articolo 51 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (e compresa nel tesseramento all’organismo affiliante) ed in base alla peculiarità del settore sportivo. Tutto ciò dovrà poi tradursi in un apposito decreto che andrà a stabilire i criteri di determinazione del premio Inail.

6) Sicurezza sul lavoro

La riforma introduce per i lavoratori sportivi dipendenti e co.co.co. (come già in essere per tutte le categorie di lavoratori) l’obbligo della sorveglianza sanitaria e del documento valutazione rischi. Anche qui, il correttivo in esame, dovrebbe apportare un’importante novità introducendo una soglia di esenzione di € 5.000,00 al di sotto della quale i lavoratori sportivi e gli enti sportivi non sono soggetti a tali adempimenti.

7) Altre novità del “correttivo”

Il decreto in discussione, nella sua prima stesura, prevede, tra l’altro, sulla scorta di quanto già stabilito per gli enti del terzo settore, l’abrogazione dell’obbligo della comunicazione del modello EAS e la compatibilità dei locali dove si svolge l’attività sportiva indipendentemente dalla destinazione d’uso degli stessi.

Al nastro di partenza della riforma era certo auspicabile arrivarci con maggiori certezze e meno dubbi interpretativi!

 

Pubblicato il 15/06/2023                                                                                                                                                                                        Avv. Luca Concilio

APRILE, TEMPO DI BILANCI

Bilanci

Il mese di Aprile coincide, per la maggior parte delle associazioni, con il momento in cui deve essere discusso ed approvato il bilancio (o rendiconto) del precedente esercizio sociale.

Tale scadenza temporale non è tuttavia fissata per legge e dipende, anche, dall’anno sociale seguito dall’associazione.

La legge non specifica il termine entro cui un’associazione deve approvare il bilancio ma impone, invece, che tale operazione venga fatta annualmente. Il termine di 4 mesi (o 120 giorni) che viene inserito in tutti gli statuti, è mutuato dalla disciplina del diritto societario, e quindi inserendolo nello statuto (che è la “legge” interna dell’ente) tale termine diviene perentorio per l’associazione che deve, perciò, necessariamente rispettarlo.

Come detto non tutte le associazioni hanno un anno sociale corrispondente a quello solare. Anche in tale ambito il Legislatore non ha imposto limiti alla libertà dell’ente che, quindi, può stabilire di seguire un anno sociale classico (quello solare) oppure fissare un anno che vada “a cavallo” tra due anni solari (ad. esempio da Settembre al successivo Agosto o da Luglio al successivo Giugno). Ovviamente il computo dei mesi costituenti l’anno di esercizio, indipendentemente da quale “tipo” di anno si sceglie di seguire, dovrà sempre essere pari a dodici.

Tutto ciò premesso risulta evidente che per le tante associazioni che seguono l’anno solare, il mese di Aprile di ogni anno coincide con il termine entro cui deve riunirsi l’Assemblea dei soci per discutere ed approvare il bilancio dell’esercizio sociale conclusosi il precedente 31/12.

Le modalità di convocazione dell’assemblea ordinaria vengono previste dagli statuti sociali ma devono seguire il principio della “messa in conoscenza” a tutti i soci aventi diritto di partecipazione.

L’assemblea ordinaria per l’approvazione del bilancio è un evento cardine della vita associativa di ogni ente; è l’unica assemblea che la Legge impone ad ogni associazione in quanto è il consesso dove si discute la gestione e l’andamento economico dell’ente (aspetto essenziale per la vita di ogni realtà associativa e non solo).

In conclusione si evidenzia che la disciplina della riforma del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017) impone a tutti gli enti del terzo settore iscritti al RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) di depositare entro il 30 giugno di ogni anno l’ultimo bilancio approvato con la relativa delibera assembleare. Tale adempimento, per ora solo facoltativo nel mondo dello sport, potrà con ogni probabilità diventare obbligatorio anche per le Asd che dovranno, in tal caso, depositare la suddetta documentazione al RAS (Registro Attività Sportive) tenuto dal Dipartimento dello sport.

Pubblicato il 27/04/2023

Avv. Luca Concilio

Cos’è un’associazione di volontariato e come funziona?

Il Codice del Terzo Settore (CTS) disciplina all’interno del Capo I del Titolo V le organizzazioni di volontariato.

Le associazioni di volontariato sono caratterizzate, come rilevabile da un’attenta lettura dell’art. 32 del CTS, dai seguenti elementi:

  • sono enti del Terzo Settore costituiti in forma di associazione riconosciuta o non riconosciuta;
  • sono costituiti da un numero non inferiore di a 7 persone fisiche o a tre organizzazioni di volontariato;
  • svolgono prevalentemente a favore di terzi una o più attività di interesse generale previste dall’art. 5 del CTS;
  • si avvalgono nello svolgimento delle attività di interesse generale in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati;

Fermi tali elementi essenziali ai fini della costituzione di un’associazione di volontariato occorre evidenziare che la denominazione deve contenere l’acronimo “ODV”. La predetta locuzione non può essere utilizzata da soggetti diversi dalle associazioni di volontariato. La violazione del precetto, codificata all’art. 91 co. 3 del CTS, è punita con una sanzione pecuniaria compresa tra € 2.500,00 e € 10.000,00.

Le organizzazioni di volontariato traggono le risorse necessarie al perseguimento dei propri scopi e all’esercizio delle attività delineate dall’art. 5 del CTS mediante attraverso le seguenti operazioni:

  • quote associative;
  • contributi pubblici;
  • contributi privati;
  • donazioni e lasciti testamentari;
  • rendite patrimoniali;
  • attività di raccolta fondi;
  • attività diverse;

Le ODV possono ricevere soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute per lo svolgimento delle attività di interesse generale, salvo che le predette siano considerate quali attività secondarie e strumentali ex art. 6 del CTS.

Lo svolgimento di attività diverse ex art. 6 del CTS è consentito se le predette siano richiamate dall’ atto costitutivo e dallo statuto e siano strumentali e secondarie rispetto a quelle di interesse generale.

L’organo di amministrazione è composto da persone fisiche scelte tra gli associati che, per lo svolgimento dell’incarico, non possono ricevere un compenso, salvo il rimborso delle spese sostenute e documentate per l’esercizio della funzione. Si applicano le cause di ineleggibilità e decadenza stabilite dall’art. 2382 del C.C.

L’art. 33 del CTS prevede che le associazioni di volontariato possano assumere lavoratori dipendenti o impiegare lavoratori autonomi nei limiti necessari a garantire il regolare funzionamento dell’organizzazione. In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari.

Le amministrazioni pubbliche possono sottoscrivere con le Aps e le Odv, iscritte da almeno sei mesi nel registro unico nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, solo se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato.

Le organizzazioni di volontariato possono svolgere attività già qualificate dal legislatore come “non commerciali” che si indicano di seguito:

  • vendita di beni acquistati da terzi a titolo gratuito, curandone direttamente l’attività;
  • cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione;
  • somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale;

Possono svolgere anche attività commerciali, previa apertura della partita iva.

Qualora però svolgano attività di interesse generale con modalità commerciale, essa sarà considerata attività diversa e quindi soggetta ai relativi limiti.

Le ODV che svolgono attività commerciale possono optare per un regime forfettario agevolato ai fini del pagamento delle imposte oltre che per la tenuta delle scritture contabili.

Sotto un profilo fiscale occorre poi evidenziare che nel caso di donazioni solo per le ODV è ammessa la detraibilità delle erogazioni effettuate dalle persone fisiche è pari al 35% della somma erogata. Per quanto riguarda le deduzioni, le persone fisiche possono dedurre le erogazioni fino al 10% del reddito complessivo dichiarato, così come gli enti e le aziende.

Infine, occorre rappresentare che gli atti costitutivi e gli statuti delle ODV sono esentati dal pagamento delle spese di registro.

 

Salerno, lì 21/06/2022

 

Avv. Fabio Torluccio

Iscrizione al Runts obbligo o facoltà per le associazioni?

Il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) è finalmente divenuto realtà dallo scorso 24 novembre 2021. Da tale data, infatti, è possibile presentare domanda di iscrizione tramite la piattaforma telematica messa a disposizione dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Al netto degli enti che sono soggetti alla trasmigrazione automatica dai vecchi registri al nuovo RUNTS, vi sono una molteplicità di associazioni che, invece, non hanno ancora chiaro il proprio destino ed infatti, negli ultimi tempi, abbiamo ricevuto moltissime richieste di associazioni che vogliono capire se l’iscrizione al RUNTS sia obbligatoria o meno.

Tipologie di associazioni per iscrizione al Runts

Da consulenti esperti nella creazione di nuove associazioni, la risposta al quesito si diversifica a seconda della tipologia di associazione ed infatti per le APS, ODV, Reti Associative, Imprese e Cooperative sociali ed Enti filantropici risulta obbligatoria l’iscrizione al RUNTS (nella specifica sezione di riferimento) mentre le associazioni semplici, culturali, musicali, pro-loco, onlus, associazioni sportive, comitati etc. l’iscrizione al RUNTS risulta essere facoltativa.

Chiarito quest’aspetto vi è da prendere in considerazione, per le associazioni che hanno facoltà di iscriversi o meno al Registro, se conviene la suddetta iscrizione e, in caso affermativo, in quale sezione del Registro iscriversi.

Questa circostanza richiede, necessariamente, un’attenta valutazione sia delle finalità istituzionali che persegue l’associazione (o che intende perseguire in futuro) sia l’idea di sviluppo e crescita che l’ente intende realizzare.

Vero è che per molte associazioni il RUNTS rappresenta un’incognita ed un aggravio di adempimenti ai quali, sino ad oggi, non erano soggetti. Tuttavia è bene chiarire che il futuro del Terzo Settore risiede proprio nel RUNTS e che gli enti che ne resteranno fuori saranno, inevitabilmente, penalizzati sotto molteplici aspetti tra i quali ricordiamo, tra gli altri, le minori agevolazioni di carattere fiscale e le preclusioni nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.

In conclusione alle associazioni che hanno facoltà di iscrizione al RUNTS consigliamo di valutare bene i pro ed i contro dell’iscrizione, in base alle esigenze dell’ente e di farsi assistere in questo delicato passaggio da consulenti esperti della materia per scegliere, al meglio, come procedere.

Avv. Luca Concilio

 

Iscrizione al runts

L’avvicinarsi dell’operatività del Registro Unico degli Enti del Terzo Settore (RUNTS), che dovrebbe vedere la luce entro fine Aprile 2021, pone molte associazioni dinanzi alla scelta di entrare o meno a far parte del suddetto registro.

Tale scelta, tuttavia, per alcune associazioni sarà un vero e proprio obbligo, pertanto, in questo articolo, cercherò di fare chiarezza sulla domanda in epigrafe valutando l’opzione associazione per associazione.

Iniziamo con le Associazioni di Promozione Sociale (APS) e le Organizzazioni di Volontariato (ODV); per tali tipologie di associazioni non vi sarà alcuna opportunità di scelta; le Aps ed Odv possono essere tali solo se sono iscritte al RUNTS ed infatti saranno le prime associazioni a popolare il Registro tramite il meccanismo della trasmigrazione automatica che porterà gli attuali registri regionali-nazionali delle Aps ed Odv a confluire nei rispettivi Registri nazionali-regionali del RUNTS. Anche per quanto riguarda, naturalmente, Aps ed Odv di nuova costituzione, sarà possibile acquisire la rispettiva qualifica e, quindi, la spendibilità della denominazione e/o dell’acronimo (Aps-Odv) solo una volta ottenuta l’iscrizione al RUNTS, pertanto, in conclusione, per le Aps ed Odv vige un obbligo di iscrizione al RUNTS!!!

Per le associazioni culturali, musicali, semplici e pro-loco l’iscrizione al RUNTS rappresenta, invece, un’opzione; non c’è, infatti, per queste associazioni, alcun obbligo di iscrizione al Registro; tuttavia appare necessario, per tali tipologie associtive, un’attenta riflessione sui pro e contro dell’iscrizione al Registro, invero, se da un lato l’essere un “Ente del Terzo Settore” comporterà un aumento degli oneri in capo ai consessi associativi, il restarne fuori e, quindi, l’essere un semplice “Ente Non Commerciale” priverà l’associazione di molte agevolazioni sia fiscali che civili nonché nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.

Le Onlus meritano un’esamina peculiare; tale categoria è stata abrogata dalla Riforma del Terzo Settore (D.Lgs 117/2017) pertanto tali associazioni dovranno scegliere cosa fare entro e non oltre il 31/03/2022. Sino a tale data, infatti, potranno continuare ad usufruire delle agevolazioni di settore (soprattutto di natura fiscale) ma allo spirare di tale termine dovranno decidere se iscriversi o meno al RUNTS e con quale “veste” associativa (Aps, Odv, Impresa Sociale o semplice ETS); la mancata iscrizione al Registro, che è comunque una facoltà e non un obbligo, comporterà, però, la devoluzione dell’aumento di capitale sociale avuto nel periodo in cui l’associazione aveva la qualifica di Onlus. Le Onlus, pertanto, dovranno decidere dapprima che tipologia di associazione vogliono diventare e, successivamente, se iscriversi o meno al RUNTS (opzione che appare necessaria, salvo rare eccezioni).

Infine concludiamo questa breve disamina parlando del mondo sportivo e, quindi, delle associazioni e società sportive dilettantistiche (asd e ssd); per tali tipologie di enti l’ingresso al RUNTS è una facoltà! Il RUNTS, infatti, non è alternativo al Registro Coni ma bensì cumulativo; un ente sportivo potrà, quindi, essere iscritto al Registro Coni (obbligatorio per chi svolge attività sportiva dilettantistica) e decidere di iscriversi, anche, al RUNTS scegliendo la rispettiva Sezione (che sarà, probabilmente, per le asd quella delle Aps mentre per le ssd quella dell’Impresa Sociale). Tuttavia è facile prevedere che saranno pochi gli Enti sportivi che decideranno di iscriversi al RUNTS in quanto perderebbero molte agevolazioni fiscali che sono precipue del mondo sportivo e di gran lunga più convenienti rispetto a quelle previste dal Codice del Terzo Settore.

Ultima osservazione in merito alle disposizioni fiscali previste dal D.Lgs 117/2017 (Codice Terzo Settore); tali disposizioni entreranno in vigore solo dal periodo di imposta successivo al parere favorevole della Commissione Europea, pertanto potrebbe accadere che ci possano essere delle variazioni dispositive in virtù di possibili osservazioni della Commissione. Tale circostanza deve essere presa in considerazione da parte di quelle associazioni che non sono obbligate all’iscrizione al RUNTS in quanto, ad oggi, ci si potrebbe iscrivere al Registro (dal momento in cui sarà operativo) senza però avere la certezza che il comparto normativo fiscale sia quello indicato dal titolo X del D.Lgs 117/2017; nella sostanza si potrebbe verificare (anche se è una possibilità remota) che un Ente si isriva al RUNTS puntanto su alcune determinate agevolazioni fiscali che, però, in seguito al parere della Commissione Europea, il Legislatore italiano andrà a modificare.

 

Pubblicato il 01/03/2021                                                                                                                                                  Avv. Luca Concilio

La costituzione di una nuova associazione

LA COSTITUZIONE DI UNA NUOVA ASSOCIAZIONE

Tipologia di associazione da scegliere, la normativa di riferimento per la tipologia di associazione scelta, redazione di atto costitutivo e statuto, attribuzione del codice fiscale ed eventuale partiva iva, Modello EAS, iscrizione in Registri pubblici.

Come posso costituire un’associazione? Quante volte ti sarai fatto questa semplice domanda senza mai soffermarti sul considerare tutti gli aspetti essenziali che devi conoscere prima di intraprendere questa strada. In primo luogo bisogna sapere che c’è un vero e proprio iter amministrativo-burocratico che porta alla “nascita” di ogni associazione; quest’articolo si focalizza appunto nel dare le nozioni necessarie per rispettare il suddetto iter e non solo, con il fine di non tralasciare nulla al caso. Sei pronto? INIZIAMO!

La scelta della tipologia di associazione

Elemento essenziale per aprire una nuova associazione è la conoscenza della tipologia di ente associativo che si vuole creare, conoscere le differenze tra le varie forme associative e scegliere quella che si addice meglio alle finalità che si intendono perseguire.

Ci sono varie tipologie associative nel sistema non-profit italiano; le principali sono:

  • Associazione semplice (culturale, musicale, ludica);
  • Associazione di promozione sociale (A.p.s.);
  • Organizzazione di volontariato (O.d.v.);
  • ONLUS (di prossima abrogazione);
  • Associazione sportiva dilettantistica (A.s.d.);
  • Pro-loco;
  • Reti associative, enti filantropici (figure specifiche disciplinate dal nuovo Codice del Terzo Settore).

Accanto a queste figure, poi, ci sono tipologie di natura societaria (sempre senza fine di lucro) come ad esempio le imprese sociali, le società di mutuo soccorso e le società sportive dilettantistiche.

Pertanto è fondamentale che i soci costituendi, in base alle finalità che vorranno perseguire, decidano quale tipologia di associazione creare; ad esempio se si vuole fare sport agonistico non si aprirà una o.d.v. ma si opterà per una a.s.d. così come se vi vuole prestare attenzione alle esigenze di soggetti terzi (non soci) non si sceglierà l’a.p.s. bensì l’o.d.v.

Questa fase iniziale risulta essere, sicuramente, la più delicata in quanto non solo bisogna sapere cosa si vuole fare con l’associazione ma, cosa più complicata, conoscere le differenze tra le varie tipologie associative; infatti non si tratta solo di fare una mera scelta di denominazione bensì di conoscere la disciplina che regola ogni diversa forma di associazione. Se di base vi sono norme comuni per tutti gli enti associativi vi sono, poi, norme specifiche che riguardano le singole fattispecie. In questa fase è opportuno farsi assistere da un consulente esperto di non-profit che vi possa aiutare a scegliere la forma associativa più consona alle vostre esigenze.

Il quadro normativo attuale per gli enti associativi

Il mondo dell’associazionismo è stato per anni, anzi per decenni, regolato da poche norme, spesso anche scollegate tra loro. Tuttavia questa situazione non era oggetto di particolare attenzione in quanto i controlli sulle associazioni erano davvero merce rara. Il mutamento si è iniziato a vedere nei primi anni del nuovo millennio, quando dapprima l’Agenzia delle Entrate e successivamente il Legislatore stesso hanno iniziato ad interessarsi al mondo del non-profit. I riflettori accesi su questa categorie di enti, dovuti anche al modus operandi di associazioni che in realtà altro non erano che società for profit mascherate da associazioni non-profit per non pagare tasse, hanno portato ad un processo di riforma normativa di tutto il sistema non-profit italiano.

Nel 2017 è stato emanato il Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017) che disciplina gran parte delle realtà associative; tale codice, difatti, prevede l’istituzione di un Registro Unico Nazionale (che sarà operativo nel 2021) nel quale andranno a confluire, tutti i registri sin ora presenti (ad eccezione del registro Coni per lo sport). Sempre nello stesso anno è stato riformato il Registro Coni delle associazioni e società sportive dilettantistiche (delibera Coni 1574 del 18/07/2017) che ha cambiato le regole per le a.s.d ed s.s.d. (in materia sportiva, ad oggi, è in discussione anche la riforma dello sport che dovrebbe portare all’emanazione di un Testo Unico di norme riferite al settore sportivo).

La situazione attuale presenta, pertanto, degli elementi fortemente innovativi per qualsiasi tipo di associazione; nella sostanza dal prossimo anno si avrà il seguente scenario: associazioni iscritte al Registro Unico degli enti del terzo settore (RUNTS), associazioni iscritte al Registro Coni (p.s. un’associazione può essere iscritta ad entrambi i registri) ed infine associazioni non iscritte ad alcun registro.

L’essere iscritto o meno ai registri innanzi indicati comporta una serie di agevolazioni (soprattutto fiscali) ma anche molti oneri in tema di adempimenti da ottemperare da parte dell’associazione (ad es. deposito di bilanci o REFA, comunicazioni sui compensi elargiti etc).

Ma devo per forza iscrivere l’associazione a questi registri?

La risposta è DIPENDE. Se sei una a.s.d. devi obbligatoriamente essere iscritta al Registro Coni. Se la tua associazione è una A.p.s., O.d.v., Ente filantropico, rete associativa dovrai obbligatoriamente essere iscritto al RUNTS; difatti tali denominazioni si possono utilizzare solo se vi è la relativa iscrizione al registro che, pertanto, ha un effetto costitutivo. Se invece sei un’associazione semplice, culturale, musicale, una pro loco o una onlus (quest’ultima tipologia è stata abrogata dal nuovo codice del terzo settore) puoi decidere se entrare a far parte o meno del RUNTS; nel caso in cui decidessi di star fuori dal registro saresti disciplinata dalle norme generali del codice civile e del Tuir (con meno agevolazioni ma anche meno oneri).

La redazione dell’atto costitutivo e dello statuto

Una volta scelta la tipologia di associazione che si intende creare inizia l’iter amministrativo-burocratico che porterà alla “nascita” dell’ente associativo. Primo passo è quello di redigere un atto costitutivo e uno statuto. Bisogna fare molta attenzione in questa fase; evitate di fare i “copia e incolla” su internet per creare il vostro statuto. Lo statuto è come un abito, deve essere fatto su misura in virtù delle esigenze della vostra associazione. Sappiate che in fase di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria, viene sempre chiesto di esaminare lo statuto, non solo per stabilire se siano riportati i requisiti formali richiesti dalla legge ma anche, se non soprattutto, per verificare se le norme statutarie vengano, effettivamente, rispettate dall’associazione. Un’associazione che non rispetta le norme del proprio statuto, agli occhi del Fisco, non è un’associazione, con tutto ciò che poi ne comporta in termini di accertamento fiscale. Pertanto è necessario conoscere bene la propria legge interna e ciò lo si può fare solo se questa legge la si è decisa oculatamente e non invece se è stata scopiazzata su qualche pro-forma.

Ciò premesso passiamo ad esaminare le due tipologie di documenti: atto costitutivo e statuto.

L’atto costitutivo è un verbale, immodificabile, che riporta, trascritte, le intenzioni dei soci fondatori di creare un consesso associativo. Vengono indicati vari elementi tra cui la denominazione, la tipologia di associazione, la sede, lo scopo sociale, i nominativi dei soci fondatori e di coloro che formano il primo consiglio direttivo.

Allegato all’atto costitutivo vi è poi lo Statuto che rappresenta la legge interna dell’associazione (che potrà essere successivamente modificato dall’associazione tramite assemblea straordinaria dei soci). Gli elementi essenziali che lo statuto deve contenere cambiano a seconda della tipologia di associazione che si intende costituire, tuttavia, in linea di massima, lo statuto deve regolare gli aspetti ordinari e straordinari di gestione dell’associazione. Devono essere indicati lo scopo, le modalità per diventare socio dell’associazione, la disciplina delle assemblee, le regole di convocazione, l’elencazione ed i poteri degli organi sociali, il rispetto dei principi di democraticità e della mancanza di lucro soggettivo.

Ogni associazione, poi, deve rispettare la propria normativa di riferimento ed indicare gli elementi di specificità previsti dalle rispettive norme. Ad esempio le a.s.d. dovranno indicare nel proprio statuto gli elementi obbligatori previsti dall’art. 90 della legge 289/2002 e dall’art. 148 comma 8 del Tuir, mentre per le associazioni che si iscriveranno al RUNTS sarà necessario aver indicato tutti gli elementi previsti dal Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017).

Una volta redatti l’atto costitutivo e lo statuto dovranno essere prodotti in duplice copia originale e firmati da tutti i soci fondatori (necessario per procedere, successivamente, alla registrazione in Agenzia delle Entrate).

Richiesta di attribuzione del codice fiscale e registrazione atto costitutivo e statuto

Redatti l’atto costitutivo e lo statuto bisogna far “nascere” formalmente l’associazione.

Se l’associazione è stata costituita dinanzi ad un Notaio sarà stesso quest’ultimo a procedere a tutti gli adempimenti del caso, se invece, come nella maggioranza dei casi, l’associazione è nata tramite la cosiddetta “scrittura privata” bisogna procedere dapprima con la richiesta di attribuzione di codice fiscale e, poi, alla registrazione dell’atto costitutivo e dello statuto. Entrambi questi adempimenti vengono effettuati presso l’Agenzia delle Entrate ma in due momenti differenti.

Primo passo è la richiesta del codice fiscale dell’associazione. Il legale rappresentate (presidente) della costituenda associazione deve recarsi presso un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate, indipendentemente dal domicilio fiscale del contribuente, munito di: copia del proprio documento di riconoscimento; copia dell’atto costitutivo e statuto (portate anche un originale per sicurezza) e il modello AA5/6 compilato in duplice copia (tale modello lo si trova sul sito dell’agenzia delle entrate). Nel caso in cui si dovesse recare una persona diversa dal presidente deve munirsi di apposita delega oltre che avere una copia del proprio documento di riconoscimento. La richiesta può essere inviata anche a mezzo racc. a.r. contenente i suddetti documenti, in tal caso la domanda si ritiene presentata alla data di spedizione della raccomandata. Infine professionisti abilitati possono procedere alla richiesta, anche, telematicamente. La richiesta del codice fiscale è gratuita.

Una volta ottenuto il codice fiscale, che è composto da una combinazione di n. 11 numeri, bisogna procedere con la registrazione dell’atto costitutivo e dello statuto, sempre, presso l’Agenzia delle Entrate. La registrazione, oltre a dare data certa ai suddetti documenti, è un elemento essenziale sia per l’iscrizione al registro Coni che al RUNTS.

Per la registrazione di statuto e atto costitutivo bisogna recarsi all’ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate con i seguenti documenti:

– due copie dell’atto costitutivo e statuto in originale, firmate in calce dai soci fondatori;

– copia della carta di identità di chi si reca a registrare (se diverso dal presidente) e del legale rappresentante dell’associazione;

– modello 69 compilato (rilasciato dall’Agenzia delle Entrate o scaricabile sul relativo sito istituzionale);

– ricevuta del versamento delle imposte, da effettuarsi in banca o in posta con modello F23, se dovute (la tassa di registro in misura fissa è pari ad € 200,00).

Per le associazioni sportive e per quelle rientrati nel Codice del Terzo Settore vi è l’esenzione dalle imposte di bollo.

L’attribuzione della partita Iva

La partita Iva per un’associazione non è un elemento essenziale. L’associazione, per poter nascere ed operare giuridicamente ha la necessità di avere il codice fiscale mentre la partita iva risulta opzionale. Se l’associazione intendere fare operazioni di natura commerciale (ad esempio ricevere sponsorizzazioni o vendere prodotti), in tal caso, sarà necessaria l’apertura della relativa partita iva.

L’associazione può decidere di aprire la partita iva contestualmente alla richiesta del codice fiscale e quindi in fase di sua costituzione, perché già consapevole della sua necessità, oppure farne domanda successivamente. La richiesta della partita iva dovrà essere presentata compilando l’apposito modello AA7/10 disponibile sul sito dell’agenzia delle entrate, alla quale dovrà pervenire in una delle seguenti tre modalità:

  • nel caso di soggetti obbligati all’iscrizione al registro delle imprese attraverso la piattaforma Comunicazione Unica (ComUnica);
  • direttamente presso l’ufficio competente dell’Agenzia delle Entrate in duplice esemplare anche a mezzo di persona appositamente delegata;
  • in unico esemplare a mezzo servizio postale e mediante raccomandata, allegando fotocopia di un documento d’identità del dichiarante, da inviare a un qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate, a prescindere dal domicilio fiscale del contribuente, per via telematica direttamente dal contribuente o tramite i soggetti incaricati della trasmissione telematica di cui all’art. 3, commi 2-bis e 3, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.

L’apertura della partita iva porta, però, con sé molti nuovi adempimenti fiscali e contabili ai quali l’associazione dovrà successivamente sottostare, per cui merita un’attenta riflessione iniziale e l’affidamento ad un professionista esperto nel terzo settore.

Il regime fiscale nel quale ricadono le operazioni di natura commerciale poste in essere dall’associazione, tuttavia, gode di forti agevolazioni per tale tipologia di enti (si veda Legge 398/91 – articoli 80 ed 86 D.Lgs. 117/2017).

L’apertura della P.iva, come visto per il codice fiscale, non prevede costi.

Modello EAS (Enti Associativi)

Il modello Enti Associativi (EAS) è stato introdotto nel 2009 ed è un documento con il quale, telematicamente, si comunicano, all’Agenzia delle Entrate, una serie di dati di rilevanza fiscale inerenti l’ente associativo.

Prima di spiegare di cosa si tratta e come si presenta il modello Eas è doveroso specificare che l’onere di effettuare tale comunicazione è stato soppresso dal Codice del Terzo Settore (art. 94 co. 4 D.Lgs.117/2017); tuttavia soltanto dopo l’effettiva operatività del RUNTS (prevista per la primavera 2021), gli enti associativi che si iscriveranno al Registro Unico non avranno, più, tale incombenza. In tal senso, anche la bozza della Riforma dello Sport (ad oggi, per l’appunto, è solo una bozza) prevede l’abolizione della comunicazione EAS per le a.s.d. iscritte al Registro Coni.

Fatte le dovute precisazioni iniziamo con il dire che la comunicazione EAS (ad oggi, quindi, ancora obbligatoria) deve essere presentata per via telematica o tramite un intermediario abilitato (caf, commercialisti etc.) oppure, anche, autonomamente se l’associazione è in possesso delle apposite credenziali telematiche. Il modello va presentato:

  • entro 60 giorni dalla data di costituzione dell’associazione;
  • ovvero quando cambiano i dati precedentemente comunicati; la scadenza, in questa ipotesi, è il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui si è verificata la variazione che abbia rilevanza fiscale;
  • infine, in caso di perdita dei requisiti qualificanti (previsti dalla normativa tributaria e richiamati dall’articolo 30 del Dl n. 185/2008) il modello EAS va ripresentato entro 60 giorni, compilando la sezione “Perdita dei requisiti”.

Vi sono delle realtà associative che sono esonerate dalla presentazione del modello EAS, precisamente:

  • le associazioni sportive dilettantistiche iscritte nel registro del Coni che non svolgono attività commerciale (o decommercializzata);
  • le associazioni pro-loco che hanno esercitato l’opzione per il regime agevolativo in quanto nel periodo d’imposta precedente hanno realizzato proventi inferiori a 400.000 euro (Legge n° 398/1991 – Regime speciale Iva e imposte dirette);
  • le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali che non svolgono attività commerciali diverse da quelle marginali individuate dal Dm 25 maggio 1995 (per esempio, attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito, iniziative occasionali di solidarietà, attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasioni di raduni, manifestazioni e simili);
  • i patronati che non svolgono al posto delle associazioni sindacali promotrici le loro proprie attività istituzionali;
  • le Onlus di cui al decreto legislativo n° 460 del 1997;
  • gli enti destinatari di una specifica disciplina fiscale (per esempio, i fondi pensione).

Altre associazioni hanno, invece, diritto a presentare il modello EAS con modalità semplificate:

  • le associazioni e società sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni, diverse da quelle espressamente esonerate;
  • le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri di cui alla legge n° 383 del 2000;
  • le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui alla legge n° 266 del 1991, diverse da quelle esonerate per la presentazione del modello (le organizzazioni di volontariato che non sono Onlus di diritto);
  • le associazioni iscritte nel registro delle persone giuridiche tenuto dalle prefetture, dalle regioni o dalle province autonome ai sensi del Dpr 361/2000;
  • le associazioni religiose riconosciute dal Ministero dell’interno come enti che svolgono in via preminente attività di religione e di culto, nonché le associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese;
  • i movimenti e i partiti politici tenuti alla presentazione del rendiconto di esercizio per la partecipazione al piano di riparto dei rimborsi per le spese elettorali ai sensi della legge n° 2 del 1997 o che hanno comunque presentato proprie liste nelle ultime elezioni del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo;
  • le associazioni sindacali e di categoria rappresentate nel Cnel nonché le associazioni per le quali la funzione di tutela e rappresentanza degli interessi della categoria risulti da disposizioni normative o dalla partecipazione presso amministrazioni e organismi pubblici di livello nazionale o regionale, le loro articola-zioni territoriali e/o funzionali gli enti bilaterali costituiti dalle anzidette associazioni gli istituti di patronato che svolgono, in luogo delle associazioni sindacali promotrici, le attività istituzionali proprie di queste ultime;
  • l’Anci, comprese le articolazioni territoriali;
  • le associazioni riconosciute aventi per scopo statutario lo svolgimento o la promozione della ricerca scientifica individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (per esempio, l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro);
  • le associazioni combattentistiche e d’arma iscritte nell’albo tenuto dal Ministero della difesa;
  • le federazioni sportive nazionale riconosciute dal Coni.

Nel caso in cui non venga presentato in modello EAS, Il Decreto Legge n.16/2012 ha stabilito che:

“non è precluso l’accesso ai regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di una comunicazione preventiva (o di un altro adempimento di natura formale) non eseguito tempestivamente, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, purché il contribuente:

  • abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento alla data di scadenza ordinaria del termine;
  • effettui la comunicazione (o effettui l’adempimento richiesto) entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
  • versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione di 258 euro con codice tributo 8114 – cd. remissione in bonis”.

In mancanza degli elementi innanzi descritti, la mancata comunicazione del modello EAS può portare a conseguenze molto impattanti sull’associazione tra cui il mancato riconoscimento delle agevolazioni previste dall’art. 148 Tuir nonché dall’art. 4, comma 4 e 6 della Legge IVA; nella sostanza tutte le quote incassate dall’associazione verrebbero trattate come reddito di impresa e portate a tassazione ordinaria con tutto ciò che comporta in ambito fiscale ed economico per l’associazione.

Iscrizione nei pubblici registri

L’iscrizione di un ente associativo presso un pubblico registro è un atto, spesso, necessario se non determinante per ottenere effetti giuridici e fiscali considerevoli.

Ad oggi sono presenti, ancora, molteplici registri collegati a singole fattispecie associative; tuttavia lo scenario è in fase di profonda modifica dovuta alla prossima operatività del RUNTS. Ma andiamo per ordine. I registri fondamentali, attualmente, sono i seguenti: Registro Coni, Registro Regionale e Nazionale delle A.p.s., Registro Regionale delle O.d.v., Registro ONLUS (presso l’Agenzia delle Entrate), Registro delle Imprese. Tre dei suddetti registri saranno abrogati non appena diventerà operativo il RUNTS (primavera 2021) ovvero quelli inerenti le Aps, le Odv e le ONLUS. Esaminiamo, quindi, quali sono gli effetti della registrazione presso i registri indicati.

Registro CONI: ogni associazione o società sportiva dilettantistica, per praticare attività sportiva, formativa e didattica deve necessariamente iscriversi al Registro pubblico del CONI. L’iscrizione avviene per mezzo di un Organismo di affiliazione (Federazione, Ente di Promozione o Disciplina Associata) al quale l’associazione deve affiliarsi; non è possibile iscriversi autonomamente al Registro ma solo tramite gli Organismi indicati. L’effetto dell’iscrizione, oltre a certificare la finalità sportiva dell’ente, è quello di consentire all’associazione di poter fruire delle considerevoli agevolazioni fiscali previste per il settore sportivo. Si precisa che, anche, il Registro Coni è oggetto della riforma dello Sport che dovrebbe concludersi con l’emanazione di un Testo Unico contenente le nuove disposizioni per tutto il settore sportivo.

RUNTS: tralasciando i registri, tuttora operativi, inerenti le Aps, le Odv e le Onlus, che come detto verranno abrogati dal momento della prossima operatività del Runts, concentriamoci sugli effetti dell’iscrizione al predetto Registro Unico degli Enti del Terzo Settore. Il RUNTS è composto da sette sezioni: A.p.s., O.d.v., Enti filantropici, Reti associative, Imprese sociali (incluse le cooperative sociali), Società di Mutuo Soccorso ed Altri Enti del Terzo Settore. Le regole di operatività del Registro sono state, di recente, pubblicate nel decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali n. 106/2020. L’iscrizione al RUNTS ha effetto costitutivo nel senso che l’associazione potrà qualificarsi come A.p.s., O.d.v. o in generale E.t.s. (Ente del Terzo Settore) solo previa avvenuta iscrizione al Registro Unico. Tutte le agevolazioni presenti nel Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017) potranno essere fruibili esclusivamente per le associazioni che saranno, regolarmente, iscritte al RUNTS.

Registro delle Imprese: le imprese sociali e le società di mutuo soccorso (ad eccezione di quelle con contributi associativi inferiori a 50.000 euro annui) sono soggette all’iscrizione al Registro delle Imprese; tale iscrizione comporta, anche, l’automatica iscrizione al RUNTS. Le associazioni che svolgono, in via non principale, attività di carattere commerciale (quindi in P.Iva) verso soggetti terzi non soci, devono iscriversi al REA (Repertorio Economico Amministrativo) mediante la compilazione, in ogni sua parte, del Modello R che va firmato digitalmente e inviato in modalità telematica al Registro Imprese della Camera di Commercio competente per territorio.

Pubblicato il 25/11/2020                                                 Avv. Luca Concilio