Archivio Autore: SpecialStaffMaster

RESPONSABILITA’ DEL SAFEGUARDING

Per trattare il tema delle responsabilità in cui può incorrere la figura del Safeguarding, occorre fare un’attenta analisi delle sue competenze che, come rilevabile dalle Linee Guida CONI, sono diverse. È indubbio che lo svolgimento di un incarico affidato dall’organo amministrativo di una ASD o di una SSD comporta l’instaurazione di un vincolo di natura contrattuale.

La responsabilità, ad esempio, potrebbe derivare dalla mancata gestione delle segnalazioni ricevute da una vittima di abuso o da un’inadeguata implementazione delle misure preventive del MOGC. In entrambi i casi, sarà necessario accertare la presenza di un danno diretto per l’Ente, causato da una condotta negligente o imprudente del Safeguarding.

Una seconda forma di responsabilità civile potrebbe essere di natura extracontrattuale, configurabile nell’ipotesi in cui il comportamento inadeguato del Responsabile abbia arrecato un pregiudizio a un soggetto terzo (dipendente, atleta, spettatore…) e non all’Ente. Ad esempio, una gestione inadeguata delle informazioni raccolte in sede di segnalazione di un abuso potrebbe determinare una violazione della disciplina della privacy con ripercussioni dirette sulla vittima.

Il Safeguarding potrebbe incorrere anche in una responsabilità di natura penale, concorrendo con l’autore di un reato commesso all’interno del sodalizio sportivo. Basti pensare a un istruttore che, durante alcuni allenamenti, insieme al Responsabile compia atti configuranti il reato di molestia ai danni di un atleta. Potrebbe configurarsi anche una responsabilità penale per una condotta omissiva del Safeguarding, qualora non abbia posto in essere attività di vigilanza e/o controllo all’interno della struttura, facilitando o agevolando la commissione di un reato da parte di un soggetto terzo.

LEGGE N. 104 del 04/07/2024 Le modifiche al Codice del Terzo Settore

Lo scorso 19 Luglio è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge n. 104 del 04/07/2024 che all’art. 4, intitolato “Modifiche al codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117”, ha introdotto importanti novità al CTS.

In questo articolo vengono riportate le novità ritenute di maggior interesse per gli Enti del Terzo Settore (ETS); vediamole nel dettaglio:

  • MODIFICA ART. 6 DEL CTS

Gli ETS che svolgono attività sportiva e che, pertanto, risultano iscritti anche al Registro dello Sport (RAS), potranno applicare la norma dettata dall’art. 9 comma 1-bis del D.Lgs. 36/2021 potendo, quindi, non computare i proventi derivanti da sponsorizzazioni, rapporti promo-pubblicitari, cessioni di diritti e indennità legate alla formazione di atleti, gestione di impianti e strutture sportive, nell’obbligo di bilanciamento tra entrate istituzionali/principali ed entrate diverse a condizione che i suddetti ricavi vengano utilizzati per lo svolgimento di attività sportive dilettantistiche.

  • MODIFICA ART. 11 CTS

È stata introdotta, per le imprese sociali costituite in forma di associazione o fondazione, una nuova modalità di acquisizione della personalità giuridica conseguente all’iscrizione nella sezione del registro delle imprese relativa alle imprese sociali.

  • MODIFICA ALL’ART. 13 DEL CTS

Passa da 220.000 a 300.000 euro il tetto dei ricavi annuali entro i quali gli ETS possono redigere un rendiconto per cassa anziché un bilancio per competenza.

Viene precisato che della su indicata agevolazione possono fruire solo gli ETS privi di personalità giuridica.

Viene introdotta la possibilità per gli ETS con ricavi entro i 60.000 euro annuali di redigere un rendiconto per cassa con voci in forma aggregata.

Infine gli ETS “commerciali” che non hanno la qualifica di impresa sociale potranno redigere il bilancio secondo i modelli indicati dal comma 3.

  • MODIFICA ALL’ART. 24 DEL CTS

Qualora non vi sia un espresso divieto nell’atto costitutivo o nello statuto, sarà possibile per gli associati intervenire in assemblea tramite mezzi di telecomunicazione ed esprimere il voto per via elettronica purché sia possibile verificare l’identità dell’associato partecipante.

  • MODIFICA ALL’ART. 30 DEL CTS

Vengono alzati i limiti il cui superamento (due su tre) per due anni consecutivi comporta l’istituzione dell’organo di controllo.

  1. Totale attivo stato patrimoniale: passa da 110.000 a 150.000 euro;
  2. Ricavi, rendite, proventi ed entrate comunque denominate: passa da 220.000 a 300.000 euro;
  3. Dipendenti occupati in media durante l’esercizio: passa da 5 a 7 unità.
  • MODIFICA ALL’ART. 31 DEL CTS

Vengono alzati i limiti il cui superamento (due su tre) per due anni consecutivi comporta la nomina del revisore legale dei conti.

  1. Totale attivo stato patrimoniale: passa da 1.110.000 a 1.500.000 euro;
  2. Ricavi, rendite, proventi ed entrate comunque denominate: passa da 2.200.000 a 3.000.000 euro;
  3. Dipendenti occupati in media durante l’esercizio: passa da 12 a 20 unità.
  • MODIFICA ALL’ART. 36 DEL CTS

Per le APS viene innalzato il rapporto lavoratori/associati che passa dal 5% al 20%.

  • MODIFICA ALL’ART. 41 DEL CTS

Per le reti associative viene previsto che, qualora il numero di ETS aderenti dovesse scendere sotto il minimo fissato per legge, lo stesso dovrà essere integrato entro un anno a pena di cancellazione dalla relativa sezione del RUNTS.

  • MODIFICA ALL’ART. 47 DEL CTS

Viene estesa la possibilità di presentare istanze di iscrizione al RUNTS anche ad un delegato (e quindi non più esclusivamente al legale rappresentante dell’ente o della rete associativa alla quale l’ente aderisce). Si auspica che tale possibilità venga estesa anche per tutte le ulteriori istanze da dover presentare al RUNTS e non solo a quella di iscrizione.

  • MODIFICA ALL’ART. 48 DEL CTS

I rendiconti e bilanci devono essere depositati nel RUNTS entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale. Viene dunque tolto il termine fisso del 30 Giugno in modo tale da poter riconoscere a tutti gli ETS un egual termine di deposito nel registro a prescindere dalla tipologia di anno di esercizio prescelto (solare, scolastico, sportivo etc.).

 

Pubblicato il 29/07/2024

SAFEGUARDING: CHI È, QUALI SONO LE SUE FUNZIONI E QUALI I REQUISITI

In un mondo sempre più inclusivo, anche lo sport deve impegnarsi ad assicurare la dignità e il rispetto dei diritti di tutti coloro che partecipano, a qualsiasi titolo, all’attività fisica. È per questo che nasce la figura del Safeguarding. Scopriamone di più.

Chi è il Safeguarding?
➡ L’art. 33 co. 6 del D. Lgs. n. 36/2021 ha previsto l’obbligo per le ASD e le SSD di designare un responsabile della protezione dei minori per il contrasto ad ogni forma di abuso e di violenza e della protezione dell’integrità fisica e morale dei giovani sportivi. La designazione dovrà essere effettuata entro il 31/12/2024 da parte dell’organo di amministrazione, dovrà essere pubblicata sulla homepage dell’ente, affissa presso la sede e, infine, comunicata al Safeguarding Officer. Con la delibera CONI n. 255/2023 è stata prevista la nomina di una figura (responsabile contro abusi violenze e discriminazioni) con compiti analoghi da esercitare non soltanto in favore dei minori, ma nei confronti di tutti i tesserati.

Quali sono le funzioni del Safeguarding?
➡ I compiti, desumibili dalle Linee Guida del Coni, sono diversi:

1) ascolto e accoglienza delle vittime di abusi, violenze e discriminazioni;

2) trasmissione di informazioni alle vittime sul tipo di supporto psicologico e legale;

3) monitoraggio delle politiche di contrasto adottate dall’ente e delle misure idonee a garantire la diffusione della politiche di safeguarding;

4) verifica circa l’adozione di procedure da parte della società/associazione per evitare e/o contrastare la vittimizzazione secondaria;

5) verifica circa l’adozione da parte della società/associazione di canali di comunicazione sicuri e riservati per denunciare l’abuso subito;

6) verifica circa l’adozione da parte della società/associazione di un sistema sanzionatorio per le violazioni accertate;

7) verifica circa la previsione nel MOGC di flussi informativi in favore del Responsabile;

8) verifica circa la diffusione del MOGC, del Codice Etico, del regolamento e dei codici di comportamento.
Le funzioni di controllo e vigilanza sono esercitate mediante l’accesso alle strutture sportive, audizioni e ispezioni anche senza preavviso.

Quali sono i requisiti necessari per ricoprire il ruolo?
➡ Il responsabile deve essere autonomo, indipendente e professionale.
Per autonomia si intende una vera e propria autonomia decisionale nell’esercizio dei poteri ispettivi e di vigilanza; per indipendenza si fa, invece, riferimento alla terzietà, ovvero non devono sussistere ipotesi di conflittualità di interessi con l’ente. La professionalità, infine, presuppone una competenza tecnico/giuridica, ispettiva, oltre ad una capacità di ascolto delle vittime di abuso. Inoltre, il responsabile non deve aver riportato condanne penali per reati in danno di minori, non deve essere stato destinatario di sanzioni in ambito sportivo o destinatario di un Daspo. Diverse federazioni hanno richiesto che il responsabile sia un soggetto tesserato.

 

DECRETO LEGGE N. 71 del 31/05/2024 Novità per i lavoratori e volontari sportivi

Lo scorso 31 Maggio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 71 che riporta disposizioni urgenti i, per il regolare avvio dell’anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca.

Il suddetto decreto tocca anche due tematiche molto sensibili per il settore dilettantistico che vanno ad incidere sulle figure dei lavoratori e dei volontari sportivi.

Vediamole nel dettaglio:

  • LAVORO SPORTIVO

Per i lavoratori sportivi dipendenti di Amministrazioni Pubbliche non è più richiesta l’autorizzazione preventiva da parte della P.A. di appartenenza per poter svolgere l’attività di lavoro sportivo qualora il compenso derivante dalla suddetta attività sia contenuto al di sotto dei 5.000 euro annui; in tal caso basterà che il lavoratore faccia una semplice comunicazione unilaterale alla propria P.A. di appartenenza, secondo le modalità previste dalla singola amministrazione, alla stregua di quella, già, stabilita per i volontari sportivi.

  • VOLONTARI SPORTIVI

Il decreto legge riscrive, totalmente, il comma 2 dell’art. 29 del D.Lgs. 36/2021 andando, in sostanza, a rivoluzione la disciplina dettata per i rimborsi spese stanziati in favore dei volontari sportivi.

Viene abolita la possibilità di elargire i rimborsi spese autocertificati nella misura di 150 euro mensili.

La grande novità è rappresentata dalla introduzione della possibilità, per i volontari, di riceve rimborsi forfettari nella misura massima di € 400,00 mensili per la loro attività svolta in concomitanza di manifestazioni ed eventi sportivi ai quali hanno preso parte. Va precisato che le manifestazioni e gli eventi sportivi devono essere stati riconosciuti dagli Organismi Sportivi affilianti oppure direttamente dal CONI, dal CIP o dalla società Sport e Salute; è quindi, ad oggi, preclusa la possibilità del rimborso per le attività di allenamento/preparazione nonché per le manifestazioni non riconosciute e/o autorizzate dai predetti enti.

Sarà necessario che l’ente che elargisce i rimborsi spese ai volontari abbia, preventivamente, assunto una delibera che vada ad individuare le tipologie di spesa e le attività di volontariato per le quali viene ammesso il rimborso.

Altra novità importante riguarda la comunicazione che dovrà essere effettuata sul Registro delle attività Sportive (cosiddetto RAS o RASD) da parte dell’ente che ha elargito i rimborsi spese; sarà, infatti, necessario comunicare al registro il nominativo dei volontari e l’ammontare dei rimborsi ad essi versati entro la fine del mese successivo al trimestre nel quale si sono svolte le prestazioni sportive del volontario; tale comunicazione sarà, così, a disposizione degli enti preposti per le opportune verifiche.

I rimborsi forfettari non concorrono alla formazione del reddito del volontario tuttavia concorrono alla determinazione della franchigia di 5.000 e 15.000 euro annui rispettivamente previste ai fini previdenziali e fiscali.

Si precisa che resta possibile riconoscere ai volontari il rimborso spese vive documentali sostenute per vitto, alloggio, trasporto e viaggio sempre se preventivamente autorizzati dall’ente.

 

 

Avv. Luca Concilio

La carica sociale e la sua compatibilità con una prestazione lavorativa

Chi ricopre una carica sociale all’interno di un’associazione si trova, spesso, a chiedersi se può percepire un compenso per la predetta attività e se può, altresì, percepire un compenso per un’attività lavorativa svolta nei confronti dell’associazione.

Facciamo il punto della situazione:

Sul primo aspetto, ovvero la possibilità di percepire un compenso per la carica sociale ricoperta, bisogna, preliminarmente, far presente che se l’associazione è una ODV vi è un divieto normativo imposto dall’art. 34 co II del D.lgs. 117/2017 (cosiddetto Codice del Terzo Settore) che, per l’appunto, espressamente prevede l’impossibilità per i componenti degli organi sociali di poter percepire alcun compenso per la carica ricoperta. Ad accezione della specifica disciplina prevista per le ODV le altre realtà associative non sono soggette a tale divieto normativo e, pertanto, è ben possibile stabilire un compenso per chi ricopre la carica di Presidente, Segretario, Consigliere etc.; Tuttavia è utile ricordare come l’associazione dovrà prestare attenzione, in caso di elargizione di un compenso per una carica sociale ricoperta, a non incorrere nella “distribuzione indiretta di utili” che si configura ogni qualvolta venga elargito un compenso non proporzionato all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze previste in enti che operano in analoghi settori (vi legga in merito l’art. 8 comma III lettera a) del D.Lgs. 117/2017 nonché l’art. 8 comma II del D.lgs. 36/2021).

Il secondo aspetto, ovvero la possibilità di percepire un compenso per un’attività lavorativa prestata da chi ricopre una carica sociale, merita una premessa.

Bisogna, infatti, tenere in considerazione se chi ricopre la carica sociale lo fa gratuitamente o, come discusso nel primo punto del presente articolo, percepisce invece un compenso. Infatti, qualora, ad esempio, un Presidente di un’associazione percepisca un compenso per ricoprire la carica (ad eccezione che nelle ODV in cui, come detto, vige un divieto normativo) non vi sono difficoltà a che lo stesso soggetto possa percepire, anche, un compenso per una prestazione lavorativa ulteriore facendo sempre attenzione a non configurare una forma di distribuzione indiretta di utili. Facciamo un esempio per capire meglio: il Presidente di una APS o ASD (i casi più comuni) percepisce un compenso per la suddetta carica da parte dell’associazione; Il suddetto presidente, poi, nella vita svolge l’attività professionale di avvocato e presta la sua attività, anche, nei confronti della medesima associazione che lo pagherà in questo caso non come presidente ma bensì per l’attività professionale di avvocato. Tutto il procedimento dovrà essere corroborato dai necessari passaggi assembleari per rafforzare la correttezza dell’operazione ed evitare la “facile” contestazione di distribuzione indiretta di utili.

Qualora, invece, il Presidente rivesta la carica sociale in maniera gratuita si discute se debba essere configurato quale volontario e se, in caso affermativo, possa percepire un compenso per attività lavorativa (come quella dell’avvocato nell’esempio innanzi riportato).

In questo caso bisogna distinguere la tipologia di associazione in quanto, ad esempio, per le APS (e gli ETS in generale) il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con nota del 09/07/2020, ha ritenuto che debba essere inquadrato quale volontario anche colui che ricopre la carica sociale gratuitamente assoggettandolo, indirettamente, alla disciplina e le preclusioni dettate dall’art. 17 del D.lgs. 117/2017 che stabilisce, al comma V, l’impossibilità per il volontario di avere qualsiasi forma di rapporto di lavoro con l’associazione (nell’esempio sopra prospettato, quindi, il Presidente avvocato, qualora svolga l’attività di presidente gratuitamente non potrebbe svolgere l’attività di avvocato a favore dell’associazione).

Diverso, invece, il discorso nell’ambito sportivo allorquando il Presidente svolga la carica gratuitamente.

Infatti in tal caso, recenti comunicazioni del Ministro dello Sport e del Presidente del CONI hanno confermato che chi ricoprire una carica sociale a titolo gratuito può svolgere attività lavorativa remunerata nel medesimo ente sportivo. La differenza, rispetto al terzo settore, si attesta anche nel diverso inquadramento della figura del volontario in quanto, in ambito sportivo, il volontario è colui che si adopera gratuitamente per lo svolgimento delle prestazioni sportive. Risulta pacifico che ricoprire una carica sociale non rientra nel concetto di prestazione sportiva e, pertanto, non può attribuirsi a chi ricopre la carica sociale gratuitamente la qualifica di volontario sportivo. Ciò, nella sostanza, permette al Presidente avvocato (citando sempre l’esempio iniziale), qualora non percepisca compenso per la carica sociale, di poter, comunque, offrire la propria attività lavorativa di avvocato a favore dell’associazione che potrà, quindi, regolarmente pagarlo per l’attività svolta.

L’argomento risulta essere, comunque, di natura molto delicata soprattutto nella sua gestione amministrativa-documentale, pertanto, si consiglia vivamente di affrontarlo con la giusta cautela tenendo conto della normativa vigente e della necessità di dover rispettare, sempre, il divieto di distribuzione indiretta di utili.

 

Pubblicato il 19/02/2024

Avv. Luca Concilio

 

RUNTS e FISCALITA’ 2024: ultimo anno di regime transitorio?

Il nuovo anno inizia con un auspicio da parte di molti operatori del non-profit, che da tempo attendono il compimento della riforma introdotta dal Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017).

L’auspicio è che in corso d’anno si possa ottenere l’autorizzazione da parte della Commissione Europea in modo da completare la piena operatività di alcuni, fondamentali, articoli del titolo X del suddetto Codice del Terzo Settore a partire dal 01/01/2025.

E’ dalla pubblicazione del CTS, avvenuta oltre 7 anni fa (era l’anno 2017) che si discute sugli effetti, l’operatività e l’adeguamento al nuovo impianto fiscale introdotto dalla riforma.

Lo scorso anno, tra settembre ed ottobre, ha avuto inizio il colloquio tra lo Stato italiano (per la precisione il Ministero del Lavoro e Politiche sociali) e la Commissione Europea volto, per l’appunto, a giungere ad una sintesi ed alla successiva autorizzazione comunitaria sugli articoli 79-80-84-85 e 86 del CTS che riguardano il nuovo assetto di fiscalità diretta degli Enti del Terzo Settore.

Vero è che, nel frattempo la fiscalità diretta viene gestita in base alle “vecchie” disposizioni del TUIR e non solo (si pensi ad esempio alla Legge 398/91), molto care a tantissime realtà associative che, con il passare del tempo si sono, quasi, convinte che non vi fosse alcuna necessità di richiedere l’autorizzazione comunitaria preferendo lo status quo che si è generato negli ultimi tempi. Tuttavia ormai vi è una piena operatività del RUNTS, i rapporti tra ETS e P.A. sono sempre più improntati al rispetto del nuovo assetto normativo dettato dal CTS, i bandi pubblici richiedono che gli enti abbiano la qualifica di ETS e, quindi, si sta assistendo ad una buona risposta sul campo della riforma dettata dal nuovo CTS che, però, non può che essere valutata solo parzialmente mancando, per l’appunto, la piena operatività del nuovo assetto fiscale.

Lo status quo attuale, che si protrae da forse troppi anni, ha generato una sorte di “benevola rassegnazione” da parte di molte realtà che sperano che questa situazione di “stallo” si protrai il più a lungo possibile; Tuttavia è davvero questo ciò che bisogna augurarsi o forse sarebbe meglio confidare nel definitivo compimento della riforma (sicuramente semmai con alcuni miglioramenti derivanti proprio dal confronto con l’U.E.)?

Il parere di chi scrive è che, seppur l’impianto fiscale a cui tutti siamo abituati da decenni ha sempre riservato molte agevolazioni al mondo non profit, non si può dir compiuta la missione di trasparenza perseguita dal Legislatore della Riforma se non si compie l’ultimo ed essenziale sforzo sulla fiscalità. Vero è che ogni riforma, soprattutto quelle che riguardano aspetti fiscali, è sempre vista, specie all’inizio, di cattivo occhio ma ormai il dado è tratto e non si può far finta di nulla o sperare che non arrivi mai l’autorizzazione comunitaria.

Ci siamo adeguati ai nuovi aspetti amministrativi con l’introduzione di un nuovo registro pubblico (il RUNTS) che sembrava dovesse determinare la fine del non-profit italiano ed, invece, sotto alcuni aspetti sta rilevandosi un valido strumento che ha portato il mondo del non-profit, finalmente, nel nuovo millennio (con oltre venti anni di ritardo!!).

Sarà così anche per gli aspetti fiscali ai quali il sistema non-profit sarà pronto ad adeguarsi anche impegnandosi qualora fossero necessari miglioramenti.

Pertanto, come anche trapelato da indiscrezioni ministeriali, è molto probabile che il 2024 sarà l’anno conclusivo del percorso iniziato nel lontano 2017 e che porterà dal 01/01/2025 ad avere la completa operatività del Codice del Terzo Settore.

Vi terremo aggiornati.

 

 

Avv. Luca Concilio

 

LA REGOLARE TENUTA DEL REGISTRO DEI VOLONTARI PER GLI ENTI DEL TERZO SETTORE

Un elemento di grande innovazione nella gestione dei volontari, introdotto dal D.Lgs. 117/2017 (Codice del Terzo Settore) è sicuramente il “registro dei volontari”.

Il suddetto registro è disciplinato dall’art. 17 del Codice del Terzo Settore (CTS), che prevede una distinzione tra volontario occasionale e non occasionale. L’obbligo di iscrizione nel suddetto registro vige per i volontari NON occasionali.

È bene ricordare che la qualifica di volontario è distinta da quella di socio. Ad oggi non vi è più alcun dubbio: una persona può svolgere attività di volontariato per un ETS senza essere necessariamente associata allo stesso. All’art.17, comma 2 del CTS si evince che l’attività di volontariato può essere svolta “anche” per il tramite di un ETS.

Sempre il Codice del Terzo Settore prevede, all’art. 18, la disciplina assicurativa per il volontario; nello specifico, si sottolinea l’obbligo per gli ETS che si avvalgono di volontari di assicurarli:

  • contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività di volontariato;

  • per la responsabilità civile per i danni cagionati a terzi dall’esercizio dell’attività stessa.

Gli obblighi assicurativi menzionati valgono sia per i volontari “non occasionali” che per quelli “occasionali”.

A ciò si aggiunge il decreto ministeriale del 6 ottobre 2021, emanato dal Ministero dello Sviluppo economico di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale in data 30 novembre 2021. Esso disciplina gli obblighi assicurativi nei confronti dei volontari degli enti del Terzo settore e le modalità di tenuta del relativo registro, secondo quanto previsto dal CTS.

Il suddetto decreto risulta di fondamentale importanza in quanto interviene a fare chiarezza sia sulle modalità di tenuta del registro dei volontari che sulle specifiche forme con le quali le polizze assicurative possono essere stipulate.

Come innanzi accennato, tutti gli ETS devono predisporre un registro dei volontari, nel quale inserire anzitutto i volontari “non occasionali”.

Il registro, prima di essere posto in uso, deve essere numerato progressivamente in ogni pagina e bollato in ogni foglio da un notaio o da un altro pubblico ufficiale a ciò abilitato (ad esempio un segretario comunale).

Nel registro devono essere indicati, per ciascun volontario:

  1. il codice fiscale o, in alternativa, le generalità, il luogo e la data di nascita;
  2. la residenza o, in alternativa, il domicilio laddove non coincidente;
  3. la data di inizio e quella di cessazione dell’attività di volontariato presso l’organizzazione, che devono corrispondere alla data di iscrizione e cancellazione della persona nel registro.

Il registro dovrà sempre essere aggiornato dall’ente qualora si verifichi qualsivoglia variazione rispetto ai soggetti che svolgono attività di volontariato, il medesimo ente dovrà poi comunicare in modo tempestivo i dati del registro all’impresa assicuratrice, secondo le modalità e i tempi concordati con quest’ultima.

Per quanto riguarda gli eventuali volontari “occasionali”, l’ente dovrà comunque provvedere a raccogliere i dati di ognuno, a conservarli e a metterli a disposizione dell’impresa assicuratrice, secondo le modalità concordate con la stessa.

Il decreto prevede comunque la possibilità di inserire nel registro anche i volontari “occasionali”, in una sezione apposita e separata rispetto a quelli “non occasionali”: in tal caso i dati da indicare sono gli stessi di quelli previsti per i volontari “non occasionali” ed elencati in precedenza.

Il decreto prevede la possibilità di tenere il registro anche in forma elettronica e/o telematica, a condizione che i sistemi utilizzati assicurino l’inalterabilità delle scritture e la data in cui le stesse sono apposte; vengono richiamate nello specifico anche le modalità previste dall’art. 2215-bis, commi 2, 3 e 4 del codice civile che stabiliscono, tra l’altro che: “Gli obblighi di numerazione progressiva e di vidimazione previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, almeno una volta all’anno, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore o di altro soggetto dal medesimo delegato”.

I registri tenuti con sistemi elettronici e/o telematici appena menzionati, possano essere messi a disposizione anche da parte delle reti associative del Terzo settore nei confronti degli Ets ad esse aderenti: in tal caso, la rete associativa può accedere ai dati contenuti nel registro (ad esempio al fine di stipulare un’unica polizza assicurativa che si applichi anche nei confronti degli enti aderenti), il cui inserimento o modifica rimane però di esclusiva competenza del singolo aderente in quanto unico titolare dell’obbligo di tenuta del registro. Qualora l’ente dovesse cessare il rapporto di appartenenza alla rete associativa, conserverà comunque copia digitale delle iscrizioni inserite per il relativo periodo di appartenenza.

Per ciò che riguarda le polizze assicurative il decreto ministeriale prevede che possono essere stipulate in modalità “collettive” o “numeriche”, e devono essere predisposte dalle imprese assicuratrici in modo da garantire la massima trasparenza delle condizioni e l’assenza di discriminazioni nell’accesso dei volontari alla tutela assicurativa.

Per i volontari “non occasionali” le garanzie assicurative decorrono dalle ore 24 del giorno di iscrizione al registro; se essi cessano di prestare la loro attività volontaria (e vengono quindi cancellati dal registro), le garanzie perdono efficacia a partire dalle ore 24 del giorno della cancellazione. Per quanto riguarda invece i volontari “occasionali”, l’efficacia delle polizze cessa alle ore 24 dell’ultimo giorno di servizio, il quale deve essere espressamente indicato nella polizza.

Le coperture assicurative stipulate dagli Ets sono soggette a controllo da parte dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass), che lo esercita nello specifico nei confronti delle imprese di assicurazione.

Sono invece di competenza degli uffici del Runts, così come degli altri soggetti autorizzati, i controlli sulla documentazione riguardante l’assicurazione dei volontari “non occasionali” e “occasionali”, la quale deve essere conservata dai singoli enti per almeno dieci anni.

Il registro dei volontari, ad oggi, risulta essere l’unico libro sociale che prevede espressamente l’obbligo di vidimazione.

Infine si coglie l’occasione per ricordare che nel novero degli Enti del Terzo Settore vi sono due tipologie di enti nei quali la presenza dei volontari risulta necessaria per lo svolgimento delle proprie attività e sono le ODV e le APS; difatti, come confermato dalla nota ministeriale del MLPS del 30/11/2021: “Deve dedursene, nella logica sistematica prima richiamata, che in tali tipologie (ODV ed APS), diversamente da quanto previsto per gli altri ETS, la presenza dei volontari è necessaria e non soltanto eventuale….”.

 

 

Pubblicato il 28/11/2023

Avv. Luca Concilio

 

Il certificato “antipedofilia”

Il certificato “antipedofilia” è un documento rilasciato dall’ufficio del casellario giudiziale presente presso ogni Procura della Repubblica.

Tale documento attesta, nello specifico, se un soggetto abbia avuto condanne o è in fase di giudizio per i reati previsti agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, o se vi sia stata nei suoi confronti l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori, ovvero l’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado e da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori nonché l’applicazione della misura di sicurezza del divieto di svolgere lavori che prevedano un contatto abituale con minori.

La recente riforma dello sport prevede, quale effetto indiretto, tale nuovo onore in capo agli enti sportivi.

Si parla di effetto indiretto in quanto tale onere non è previsto nei testi della riforma ma discende, quale naturale conseguenza, dal nuovo inquadramento dei lavoratori sportivi (e non solo). Difatti l’obbligo della produzione del certificato antipedofilia è regolato dall’art. 25 DPR 14 novembre 2002 n. 313 in vigore dal 6 aprile 2014 per ogni rapporto di lavoro che preveda un contatto diretto e continuativo con i minori.

La nuova disciplina del lavoro sportivo fa entrare, di diritto, anche tali fattispecie nella categoria dei rapporti di lavoro che sono soggetti, quindi, all’obbligo del certificato antipedofilia.

L’obbligo della richiesta del certificato grava in capo al datore di lavoro e nasce al momento in cui inizia il rapporto di lavoro, cioè si cristallizza al momento dell’assunzione e la validità del certificato va valutata con riferimento a quel momento e non deve essere attuata una successiva e reiterata richiesta; il documento quindi è sempre valido, fino a quando non cessa il rapporto ed eventualmente ne inizia un altro.

In attesa del certificato richiesto dal datore di lavoro si può procedere alla stipula del contratto alle seguenti condizioni:

– se il datore di lavoro è una pubblica amministrazione può acquisire dal lavoratore una dichiarazione sostitutiva di certificazione;

– se il datore è privato (come nel caso degli enti sportivi), una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

Le modalità di richiesta del certificato e la relativa modulistica sono disponibili sul sito del Ministero della Giustizia https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_3_3_7.page?tab=m

I costi del certificato per gli enti sportivi non prevedono la marca da bollo (in virtù dell’esenzione ex art. 27-bis allegato D del DPR 642/72) ma solo i costi per i diritti pari ad € 7,84 se il certificato è richiesto con urgenza oppure € 3,92 se il certificato è richiesto senza urgenza.

Qualora dovesse essere segnalata dall’ufficio del casellario giudiziale la presenza sul certificato di uno o più elementi sopra descritti si consiglia di non procedere a ritirarne copia (per un discorso privacy) e non provvedere all’assunzione del lavorato in virtù, per l’appunto, della segnalazione resa dall’ufficio.

Si precisa, infine, che la normativa impone il certificato antipedofilia per i “lavoratori”; pertanto, se abbiamo rapporti con volontari, tale obbligo non si estende anche nei loro confronti. La materia è piuttosto delicata. Si consiglia, pertanto, che l’ente sportivo si assicuri che tutti gli operatori (lavoratori e volontari) non abbiano mai avuto problemi con i minori.

 

 

Pubblicato in data 06/10/2023

Avv. Luca Concilio

Il decreto “correttivo bis” della riforma dello sport

riforma dello sport

Il decreto correttivo “bis,” pubblicato il 4 settembre 2023 sulla Gazzetta Ufficiale, ha apportato significative modifiche al panorama normativo delle organizzazioni sportive in Italia, in particolare al D.Lgs. 36/2021. Questo decreto è stato atteso con grande interesse ed è importante comprendere le sue principali implicazioni.

Adeguamento degli Statuti

Una delle modifiche più rilevanti riguarda l’obbligo per gli enti sportivi di adeguare i propri statuti entro il 31 dicembre 2023, in conformità con la nuova normativa introdotta. In caso di mancato adeguamento, gli statuti verranno automaticamente cancellati dal registro del Dipartimento dello Sport. Un aspetto positivo è che l’adeguamento statutario non è soggetto all’imposta di registro se viene effettuato entro la scadenza prevista e richiede un quorum deliberativo di assemblea straordinaria.

Attività Secondarie e Strumentali

Il decreto stabilisce che il mancato rispetto dei limiti per l’esercizio di attività diverse da quelle principali (secondarie e strumentali) per due esercizi consecutivi porterà alla cancellazione automatica dal registro delle attività sportive.

Sede Sociale e Destinazione d’Uso

Le Associazioni Sportive Dilettantistiche (Asd) e le Società Sportive Dilettantistiche (Ssd) ora hanno la possibilità di svolgere attività istituzionali presso la loro sede sociale, indipendentemente dalla destinazione urbanistica dei locali, a condizione che tali attività siano conformi allo statuto e non abbiano scopi produttivi.

Lavoratore Sportivo

Il decreto amplia la definizione di lavoratore sportivo. Oltre alle sette categorie tipizzate (atleta, allenatore, istruttore, direttore tecnico, direttore sportivo, preparatore atletico e direttore di gara), ora anche coloro che svolgono mansioni previste dai regolamenti tecnici delle Federazioni o delle Discipline Associate possono essere considerati lavoratori sportivi, a condizione che tali mansioni siano necessarie per l’attività sportiva. Il Ministero dello Sport pubblicherà un elenco di queste mansioni entro il 31 dicembre di ogni anno.

Dipendenti della Pubblica Amministrazione

I dipendenti della Pubblica Amministrazione che svolgono attività di volontariato devono comunicarla alla loro amministrazione. Nel caso in cui ricevano un compenso, è necessaria l’autorizzazione dalla P.A. In caso di mancata risposta entro 30 giorni, si presume l’assenso.

Prestazioni Occasionali

Gli enti sportivi possono avvalersi di prestazioni occasionali in conformità con la normativa vigente.

Presunzione di Rapporto Lavorativo Co.co.co.

L’orario settimanale di presunzione di un rapporto lavorativo qualificato come “co.co.co.” è stato aumentato da 18 a 24 ore.

Adempimenti per i Rapporti Co.co.co.

Il decreto impone la comunicazione obbligatoria al Registro delle attività sportive per tutti i rapporti di lavoro co.co.co. sportivi senza alcuna esenzione. Le comunicazioni relative all’inizio del rapporto devono essere effettuate entro il trentesimo giorno del mese successivo all’inizio del rapporto. L’iscrizione al Libro Unico del Lavoro (LUL) può essere fatta in un’unica soluzione entro 30 giorni dalla fine di ciascun anno di riferimento.

Contributi Previdenziali e Assistenziali

Gli adempimenti e i versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali per le collaborazioni coordinate e continuative nel settore dilettantistico per il periodo di paga da luglio 2023 a settembre 2023 possono essere effettuati entro il 31 ottobre 2023. L’uso del Registro per la tenuta obbligatoria del LUL diventa facoltativo.

Esclusione da Copertura Assicurativa INAIL

I lavoratori sportivi con contratti co.co.co. sono esenti dalla copertura assicurativa INAIL, in quanto sono coperti dall’assicurazione obbligatoria prevista dall’art. 51 della l. 289/2002. Questa esenzione non si applica agli amministrativi gestionali, che rimangono soggetti all’assicurazione INAIL.

Esclusione dall’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP)

I compensi dei lavoratori sportivi fino a € 85.000 non sono esenti dall’IRAP.

Rimborsi Spese per Volontari

Sono previsti rimborsi spese per volontari fino a un massimo di € 150,00 mensili, a fronte di autocertificazione.

Queste modifiche apportate dal decreto correttivo “bis” sono di grande rilevanza per le organizzazioni sportive italiane e i lavoratori nel settore dello sport. La conformità a queste nuove regole è fondamentale per evitare sanzioni e garantire il rispetto della legge. Le organizzazioni sportive dovrebbero valutare attentamente come queste modifiche influiranno sulle loro attività e adattarsi di conseguenza.

RIFORMA DELLO SPORT – La situazione in vista del prossimo 1° luglio

Si avvicina sempre più la data del 1° luglio, giorno in cui entrerà in vigore la parte più consistente delle norme contenute nel D.Lgs. 36/2021.

Cerchiamo di capire lo stato attuale della riforma a circa due settimane dall’entrata in vigore.

Esaminiamo alcuni degli aspetti essenziali precisando che mentre scrivo questo articolo è in discussione un provvedimento “correttivo” che dovrebbe andare a modificare alcuni aspetti, anche importanti, della suddetta riforma e che, essendo già circolata una prima bozza di testo, provvederò a citarvi senza poter però avere la certezza per l’attuale mancata pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Andiamo per punti:

1) Modifiche degli statuti

Gli enti sportivi, in virtù degli articoli 7,8,9 e 11 del D.Lgs. 36/2021, saranno chiamati a modificare i propri statuti per renderli conformi con la nuova disciplina. Ad oggi la norma stabilisce che il mancato adeguamento determina la cancellazione dal Registro delle attività sportive (RAS), tuttavia il correttivo in discussione dovrebbe prevedere un termine (sino al 31/12/2023) per poter adeguare gli statuti senza correre il rischio di esclusione dal RAS. Ci si augura anche che venga stabilità l’esenzione dal pagamento della tassa di registro.

2) I compensi sportivi

Dal prossimo 1° luglio (salvo improbabili ulteriori rinvii) sarà abrogata la norma che consentiva in ambito sportivo i cosiddetti “compensi sportivi esenti sino a € 10.000”. Ciò significa che dal prossimo mese qualsiasi pagamento erogato da un ente sportivo ad un proprio collaboratore dovrà essere inquadrato come rapporto di lavoro.

L’abrogazione degli articoli 67/69 TUIR per gli enti sportivi comporta che ogni ente potrà effettuare pagamenti utilizzando ancora tale disciplina sino al 30 Giugno e non oltre!

3) I volontari sportivi

La riforma prevede che il volontario è colui che presta la propria opera senza ricevere nulla in cambio se non il rimborso delle spese vive e documentate sostenute. Il testo del correttivo in discussione dovrebbe prevedere, come nel Terzo Settore, la possibilità di erogare ai volontari rimborsi spese anche senza i relativi giustificati se preventivamente disciplinati dall’ente sportivo e nel limite massimo di € 150,00 mensili.

4) I lavoratori sportivi

È di certo la parte più consistente della riforma e che comporta una vera rivoluzione nel settore. Dal prossimo 1° luglio chi percepisce un qualsiasi compenso da un ente sportivo lo farà in virtù di un rapporto di lavoro! Di che tipo? Non essendo possibile creare una tipologia ad hoc di rapporto di lavoro, il Legislatore ha previsto che nel settore sportivo ci potranno essere sia lavoratori subordinati che co.co.co. o in partita Iva. Vi sono delle fasce di esenzione sia dal punto di vista previdenziale (€ 5.000,00) che fiscale (€ 15.000,00) ma ciò che, ad oggi, preoccupa il movimento sportivo sono gli adempimenti connessi all’inquadramento dei lavoratori sportivi. La riforma prevede delle procedure di semplificazione tramite il RAS che, attualmente, non sono ancora disponibili; Tuttavia il correttivo in discussione dovrebbe prevedere una sorta di periodo cuscinetto (sino al 31/10/2023) per poter adempiere le varie incombenze senza il rischio di incorrere in sanzioni.

Sempre il correttivo dovrebbe prevedere per i dipendenti pubblici la possibilità di lavorare presso un ente sportivo (al di fuori dell’orario di lavoro statale) previa una comunicazione all’amministrazione di appartenenza con l’introduzione del silenzio-assenso (la norma attuale, invece, prescrive un’apposita autorizzazione da parte dell’amministrazione di appartenenza).

Il tema del lavoro sportivo sarà affrontato nel dettaglio in prossimi articoli.

5) Premio INAIL

Per i lavoratori sportivi dipendenti e co.co.co. l’attuale normativa non prevede alcuna esenzione per il pagamento del premio Inail che, pertanto, dovrà essere sempre corrisposto. Il correttivo in discussione, tuttavia, prevede la possibilità di determinare il premio Inail sulla base dei soli rischi non coperti dall’assicurazione per morte e invalidità permanente già prevista per gli sportivi dilettanti ai sensi dell’articolo 51 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (e compresa nel tesseramento all’organismo affiliante) ed in base alla peculiarità del settore sportivo. Tutto ciò dovrà poi tradursi in un apposito decreto che andrà a stabilire i criteri di determinazione del premio Inail.

6) Sicurezza sul lavoro

La riforma introduce per i lavoratori sportivi dipendenti e co.co.co. (come già in essere per tutte le categorie di lavoratori) l’obbligo della sorveglianza sanitaria e del documento valutazione rischi. Anche qui, il correttivo in esame, dovrebbe apportare un’importante novità introducendo una soglia di esenzione di € 5.000,00 al di sotto della quale i lavoratori sportivi e gli enti sportivi non sono soggetti a tali adempimenti.

7) Altre novità del “correttivo”

Il decreto in discussione, nella sua prima stesura, prevede, tra l’altro, sulla scorta di quanto già stabilito per gli enti del terzo settore, l’abrogazione dell’obbligo della comunicazione del modello EAS e la compatibilità dei locali dove si svolge l’attività sportiva indipendentemente dalla destinazione d’uso degli stessi.

Al nastro di partenza della riforma era certo auspicabile arrivarci con maggiori certezze e meno dubbi interpretativi!

 

Pubblicato il 15/06/2023                                                                                                                                                                                        Avv. Luca Concilio