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Controlli di Sport e Salute sugli statuti: cosa devono sapere ASD e SSD

Sommario

  1. Introduzione: perché si parla di controlli sugli statuti
  2. Il quadro normativo dopo la riforma dello sport
  3. Le date chiave: dal 31 agosto 2025 al controllo triennale
  4. Le possibili conseguenze in caso di statuto non conforme
  5. Le difficoltà operative per ASD e SSD
  6. Come prepararsi in modo efficace ai controlli
  7. Conclusioni: niente panico, ma serve attenzione

1. Introduzione: perché si parla di controlli sugli statuti

Negli ultimi mesi si sente parlare sempre più spesso dei controlli sugli statuti delle associazioni e società sportive dilettantistiche (ASD e SSD). Molte Federazioni e diversi Enti di Promozione Sportiva hanno già inviato circolari ai propri affiliati invitandoli a verificare la correttezza e la regolarità del documento più importante per un sodalizio: lo statuto.

La questione non è nuova, ma è diventata urgente per una ragione precisa: a partire dal settembre 2025 Sport e Salute S.p.A. avvierà una revisione triennale dei dati e dei requisiti delle società iscritte al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche (RAS). Tra gli elementi verificati ci sarà proprio la conformità degli statuti alle norme della riforma dello sport.

Per questo motivo molte ASD e SSD si chiedono: cosa succede se il nostro statuto non è aggiornato o presenta carenze? Possiamo rischiare la cancellazione dal Registro?

2. Il quadro normativo dopo la riforma dello sport

Per capire l’importanza di questi controlli occorre fare un passo indietro e ricordare come è cambiata la normativa con la riforma dello sport.

  • Con il lgs. 39/2021, il riconoscimento ufficiale delle ASD e SSD è passato al Dipartimento dello Sport e avviene esclusivamente attraverso l’iscrizione al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche.
  • L’art. 5, comma 2, del decreto specifica che l’iscrizione certifica la natura dilettantistica dell’ente e produce tutti gli effetti giuridici collegati a questa qualifica.
  • L’art. 11, comma 2, stabilisce che ogni tre anni il Dipartimento deve procedere a una revisione per verificare la permanenza dei requisiti.

In parallelo, il D.lgs. 36/2021 ha definito nel dettaglio le clausole statutarie obbligatorie. Gli articoli più rilevanti sono il 7 e il 9, che indicano quali elementi devono essere presenti nello statuto per poter essere iscritti e mantenere l’iscrizione al Registro.

3. Le date chiave: dal 31 agosto 2025 al controllo triennale

Il primo triennio di iscrizione al Registro scade il 31 agosto 2025. Da settembre, Sport e Salute avvierà i controlli sugli enti già registrati. Non si tratterà di un semplice aggiornamento anagrafico, ma di una verifica approfondita sulla regolarità degli statuti e sulla conformità ai requisiti previsti dalla legge.

È quindi probabile che tra settembre e fine anno molte ASD e SSD riceveranno comunicazioni da Sport e Salute con richieste di chiarimenti o di modifiche statutarie.

Il punto critico è che non tutte le conseguenze sono chiaramente definite dalla legge. Da qui nascono le perplessità e, in alcuni casi, le preoccupazioni.

4. Le possibili conseguenze in caso di statuto non conforme

Cosa succede se lo statuto di un’associazione o società non è conforme ai requisiti? Le norme non forniscono una risposta univoca:

  • lgs. 36/2021, art. 7, comma 1-quater: uno statuto non conforme rende inammissibile la domanda di iscrizione al Registro e comporta la cancellazione d’ufficio per gli enti già iscritti.
  • lgs. 39/2021, art. 6, comma 6: in caso di documentazione incompleta o non aggiornata, il Dipartimento deve inviare una diffida assegnando fino a 180 giorni di tempo per regolarizzare la posizione. Solo in caso di mancato adeguamento si procede alla cancellazione.
  • Regolamento del Registro, art. 9 e 10: la cancellazione avviene in ogni caso di mancanza dei requisiti, ma è possibile opporsi con un’istanza di autotutela.

La dottrina e lo Studio 29-2023/CTS del Consiglio Nazionale del Notariato sottolineano che la cancellazione immediata sarebbe sproporzionata per enti già operativi da anni. È molto più probabile che Sport e Salute conceda un termine per l’adeguamento, anche perché una cancellazione improvvisa potrebbe avere conseguenze devastanti sia a livello giuridico sia a livello sportivo.

5. Le difficoltà operative per ASD e SSD

Modificare uno statuto non è sempre semplice:

  • nelle ASD, le maggioranze richieste dalle assemblee straordinarie possono essere difficili da raggiungere, soprattutto in realtà con molti soci;
  • nelle SSD, le modifiche devono essere fatte davanti a un notaio, con costi che possono pesare sul bilancio di una società dilettantistica.

Anche quando le modifiche sono tecnicamente semplici, la procedura richiede tempo e organizzazione. Per questo motivo è fondamentale non aspettare le diffide di Sport e Salute, ma verificare in anticipo la conformità del proprio statuto.

6. Come prepararsi in modo efficace ai controlli

Per evitare sorprese a settembre 2025, ASD e SSD dovrebbero muoversi per tempo. Alcuni passaggi fondamentali:

  1. Verificare lo statuto attuale: controllare che contenga tutte le clausole richieste dal D.lgs. 36/2021, in particolare agli articoli 7 e 9.
  2. Analizzare le aree grigie: valutare con un professionista se inserire o meno riferimenti a norme come l’incompatibilità del presidente o le attività diverse.
  3. Consultare circolari e linee guida: monitorare le comunicazioni ufficiali di Sport e Salute e del Dipartimento per lo Sport.
  4. Coinvolgere per tempo i soci: nelle ASD, preparare assemblee straordinarie evitando di dover correre all’ultimo momento.
  5. Mettere a budget i costi notarili: nelle SSD, considerare che una modifica statutaria può avere un impatto economico non trascurabile.

In questo modo, eventuali modifiche richieste potranno essere affrontate senza fretta e senza rischiare la cancellazione dal Registro.

7. Conclusioni: niente panico, ma serve attenzione

Il primo controllo triennale di Sport e Salute non deve essere visto come una minaccia, ma come un passaggio fisiologico della riforma dello sport.
Chi ha già uno statuto conforme potrà affrontarlo senza problemi, mentre chi presenta carenze avrà comunque la possibilità di correggerle entro i termini concessi.

Il vero rischio è arrivare impreparati: la mancanza di chiarezza normativa e la tendenza di alcune Federazioni a imporre clausole aggiuntive possono complicare la situazione.

Per questo il consiglio è semplice: non aspettare settembre 2025 per mettere mano allo statuto. Un check-up preventivo, magari con l’aiuto di un consulente esperto, può fare la differenza tra un adeguamento ordinato e una corsa contro il tempo.

2026: la fiscalità del Terzo Settore entra pienamente in vigore

Il 2026 segnerà un momento storico per il Terzo Settore: dopo un lungo periodo transitorio durato oltre otto anni, entreranno finalmente in vigore le disposizioni fiscali previste dal Codice del Terzo Settore (CTS).

Con la pubblicazione del Decreto Fiscale (D.L. n. 138 del 17 giugno 2025) sulla Gazzetta Ufficiale nella stessa data, si dà attuazione definitiva al regime fiscale degli enti del Terzo Settore e delle Imprese Sociali. Il provvedimento segue la comunicazione ufficiale dell’8 marzo 2025 da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con cui è stata resa nota la “comfort letter” della Direzione Generale Concorrenza della Commissione Europea, fondamentale per la piena operatività delle nuove norme.

Il decreto modifica in modo sostanziale gli articoli 101, comma 10, e 104, comma 2, del CTS, e sancisce che le disposizioni contenute nel Titolo X del Codice – con l’esclusione dell’articolo 77 – saranno applicabili a partire dal primo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025.

In pratica, ciò significa che:

Per gli enti con esercizio coincidente con l’anno solare, il nuovo regime entrerà in vigore il 1° gennaio 2026.

Per quelli con esercizio “a cavallo”, l’applicazione partirà dal primo giorno del nuovo esercizio sociale (es. per un esercizio 01/09/2025 – 31/08/2026, l’avvio sarà il 01/09/2026).

Dal 2026 troveranno dunque piena applicazione le seguenti norme:

Art. 79 CTS: definisce i criteri per distinguere le attività istituzionali da quelle commerciali e per determinare la natura commerciale o non commerciale di un ETS.

Art. 80 CTS: introduce un nuovo regime forfettario dedicato agli ETS.

Articoli 84 e 85 CTS: disciplinano le specificità fiscali di Organizzazioni di Volontariato (ODV) e Associazioni di Promozione Sociale (APS).

Art. 86 CTS: istituisce un regime forfettario ad hoc per ODV e APS.

Con l’entrata in vigore di questo nuovo impianto normativo, non saranno più applicabili disposizioni come l’art. 148, comma 3, del TUIR e la legge 398/91, che finora hanno regolato la fiscalità del settore.

Per quanto riguarda le Imprese Sociali, il Decreto prevede che gli utili reinvestiti nell’attività statutaria o accantonati a patrimonio – purché iscritti in riserve dedicate – non saranno più soggetti a tassazione, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025.

Infine, anche per le ONLUS il 2026 rappresenterà un punto di non ritorno: a partire dal 1° gennaio, l’anagrafe ONLUS sarà ufficialmente soppressa. Le organizzazioni che non avranno ancora effettuato il passaggio al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) avranno tempo fino al 31 marzo 2026 per adeguarsi. In caso contrario, scatterà l’obbligo di devolvere il patrimonio, come previsto dall’articolo 101, comma 8, del CTS.

Pubblicato il 20 giugno 2025

Via libera della Commissione Europea alle norme fiscali del Codice del Terzo Settore

Dopo quasi otto anni dall’entrata in vigore del D.Lgs. 117/2017, la Commissione Europea ha finalmente dato il suo assenso alle disposizioni fiscali previste dal titolo X del Codice del Terzo Settore (CTS). Questo passaggio rappresenta l’ultimo tassello per il completamento della riforma del Terzo Settore, avviata con la legge delega del 2016 e consolidata nel 2017 con l’adozione del CTS.

A partire dal 1° gennaio 2026, gli Enti del Terzo Settore (ETS) potranno contare su un regime fiscale specifico, che prenderà il posto della normativa transitoria finora basata sulle disposizioni del TUIR. In particolare, entreranno in vigore gli articoli 79, 80, 84, 85 e 86 del CTS, delineando un quadro normativo chiaro e strutturato per la fiscalità degli ETS.

L’autorizzazione della Commissione sancisce anche la definitiva scomparsa delle ONLUS, che avranno tempo fino al 31 marzo 2026 per decidere se aderire al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) e acquisire lo status di ETS. In caso contrario, perderanno il patrimonio incrementale accumulato nel corso della loro esistenza. La qualifica di ONLUS, infatti, era stata abrogata dal CTS, rimanendo in vigore solo in via transitoria fino alla decisione della Commissione Europea, che ora ne segna ufficialmente la fine.

Pubblicato il 10 marzo 2025

DECRETO MILLEPROROGHE 2024 – Rinvio della nuova disciplina Iva per le associazioni

Con un comunicato ufficiale pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 09/12/2024, si è resa ufficiale una notizia che, da alcuni giorni, stava già circolando negli ambienti del mondo associativo: il tanto sospirato “rinvio” dell’entrata in vigore della nuova disciplina Iva per tutte le tipologie di enti associativi.
Risulta opportuno fare un passo indietro per evidenziare, sinteticamente, il quadro generale.
Il legislatore nazionale, in virtù di una procedura di infrazione comunitaria, ha previsto, già nel lontano 2021, una modifica della materia IVA per le associazioni; nella sostanza, per seguire i dettami europei, si è previsto che tutte le operazioni di carattere commerciale poste in essere dagli enti associativi devono rientrare nel campo di attrazione IVA.
Si precisa che quando si parla di “operazioni a carattere commerciale” sono ricomprese anche quelle poste in essere per la cessione di beni e prestazioni di servizi svolte nei confronti degli associati (in pratica tutte quelle operazioni che prevedono il pagamento di un “corrispettivo specifico” a fronte del bene o servizio offerto).
Tali operazioni, oggi ricadenti nel “FUORI CAMPO IVA”, e quindi disciplinate dall’art. 4 del DPR Iva (Dpr 633/72), dovevano diventare, a partire dal 01/01/2025, operazioni “ESENTE IVA”, disciplinate dall’art. 10 del suddetto DPR Iva.
Tale passaggio, seppure irrilevante ai fini del pagamento dell’imposta (le operazioni esenti Iva non prevedono alcun pagamento dell’Iva), porta con sé un invitabile disagio per il mondo associativo, soprattutto per le realtà più piccole. Difatti la prima conseguenza è la necessaria apertura della partita Iva per migliaia di associazioni che, sino ad ora, hanno operato solo con il codice fiscale facendo operazioni con pagamento di corrispettivi specifici.
L’apertura e la relativa gestione della partita Iva prevedono, necessariamente, una serie di adempimenti e relativi costi che avrebbero avuto una naturale ricaduta sulle associazioni, specie le più piccole e, quindi, le meno attrezzate economicamente ad affrontare questi nuovi adempimenti.
Il Decreto milleproroghe ha, difatti, rinviato l’entrata in vigore della nuova disciplina al 10/01/2026 lasciando, quindi, inalterata la situazione per il prossimo anno.
Tuttavia se questo rappresenta di certo un grande risultato per le associazioni, bisogna tenere a mente che l’entrata in vigore della nuova disciplina è solo prorogata e, pertanto, prima o poi bisognerà farci i conti.
Una speranza, però, è stata data dal viceministro del lavoro Maria Teresa Bellucci e dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo i quali hanno rappresentato la volontà di giungere ad una definizione con la comunità europea di una disciplina armonica in materia Iva.
Nella sostanza l’Italia vuole far presente in ambito europeo che il nostro modello associativo è un unicum tra i paesi UE e che pertanto, seppure la disciplina Iva è di competenza Europea, risulta necessaria una armonizzazione con il nostro sistema che potrebbe, semmai, portare alla previsione di una modulazione che consenta alle associazioni di piccole dimensioni di poter continuare ad operare senza dover entrare nel campo Iva.
Il 2025 sarà, quindi, un anno di forte confronto in campo europeo su questo tema, nonché sulla tanto sospirata autorizzazione della commissione UE sul comparto fiscale del codice del terzo settore, tema, anche quest’ultimo, che potrebbe trovare la sua definitiva approvazione a distanza di ben oltre 7 anni dall’entrata in vigore del Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017).
Quindi, per ora si può tirare un sospiro di sollievo ma restando estremamente attenti all’evoluzione della materia nel corso del prossimo anno.

Pubblicato il 10/12/2024

RESPONSABILITA’ DEL SAFEGUARDING

Per trattare il tema delle responsabilità in cui può incorrere la figura del Safeguarding, occorre fare un’attenta analisi delle sue competenze che, come rilevabile dalle Linee Guida CONI, sono diverse. È indubbio che lo svolgimento di un incarico affidato dall’organo amministrativo di una ASD o di una SSD comporta l’instaurazione di un vincolo di natura contrattuale.

La responsabilità, ad esempio, potrebbe derivare dalla mancata gestione delle segnalazioni ricevute da una vittima di abuso o da un’inadeguata implementazione delle misure preventive del MOGC. In entrambi i casi, sarà necessario accertare la presenza di un danno diretto per l’Ente, causato da una condotta negligente o imprudente del Safeguarding.

Una seconda forma di responsabilità civile potrebbe essere di natura extracontrattuale, configurabile nell’ipotesi in cui il comportamento inadeguato del Responsabile abbia arrecato un pregiudizio a un soggetto terzo (dipendente, atleta, spettatore…) e non all’Ente. Ad esempio, una gestione inadeguata delle informazioni raccolte in sede di segnalazione di un abuso potrebbe determinare una violazione della disciplina della privacy con ripercussioni dirette sulla vittima.

Il Safeguarding potrebbe incorrere anche in una responsabilità di natura penale, concorrendo con l’autore di un reato commesso all’interno del sodalizio sportivo. Basti pensare a un istruttore che, durante alcuni allenamenti, insieme al Responsabile compia atti configuranti il reato di molestia ai danni di un atleta. Potrebbe configurarsi anche una responsabilità penale per una condotta omissiva del Safeguarding, qualora non abbia posto in essere attività di vigilanza e/o controllo all’interno della struttura, facilitando o agevolando la commissione di un reato da parte di un soggetto terzo.

LEGGE N. 104 del 04/07/2024 Le modifiche al Codice del Terzo Settore

Lo scorso 19 Luglio è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge n. 104 del 04/07/2024 che all’art. 4, intitolato “Modifiche al codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117”, ha introdotto importanti novità al CTS.

In questo articolo vengono riportate le novità ritenute di maggior interesse per gli Enti del Terzo Settore (ETS); vediamole nel dettaglio:

  • MODIFICA ART. 6 DEL CTS

Gli ETS che svolgono attività sportiva e che, pertanto, risultano iscritti anche al Registro dello Sport (RAS), potranno applicare la norma dettata dall’art. 9 comma 1-bis del D.Lgs. 36/2021 potendo, quindi, non computare i proventi derivanti da sponsorizzazioni, rapporti promo-pubblicitari, cessioni di diritti e indennità legate alla formazione di atleti, gestione di impianti e strutture sportive, nell’obbligo di bilanciamento tra entrate istituzionali/principali ed entrate diverse a condizione che i suddetti ricavi vengano utilizzati per lo svolgimento di attività sportive dilettantistiche.

  • MODIFICA ART. 11 CTS

È stata introdotta, per le imprese sociali costituite in forma di associazione o fondazione, una nuova modalità di acquisizione della personalità giuridica conseguente all’iscrizione nella sezione del registro delle imprese relativa alle imprese sociali.

  • MODIFICA ALL’ART. 13 DEL CTS

Passa da 220.000 a 300.000 euro il tetto dei ricavi annuali entro i quali gli ETS possono redigere un rendiconto per cassa anziché un bilancio per competenza.

Viene precisato che della su indicata agevolazione possono fruire solo gli ETS privi di personalità giuridica.

Viene introdotta la possibilità per gli ETS con ricavi entro i 60.000 euro annuali di redigere un rendiconto per cassa con voci in forma aggregata.

Infine gli ETS “commerciali” che non hanno la qualifica di impresa sociale potranno redigere il bilancio secondo i modelli indicati dal comma 3.

  • MODIFICA ALL’ART. 24 DEL CTS

Qualora non vi sia un espresso divieto nell’atto costitutivo o nello statuto, sarà possibile per gli associati intervenire in assemblea tramite mezzi di telecomunicazione ed esprimere il voto per via elettronica purché sia possibile verificare l’identità dell’associato partecipante.

  • MODIFICA ALL’ART. 30 DEL CTS

Vengono alzati i limiti il cui superamento (due su tre) per due anni consecutivi comporta l’istituzione dell’organo di controllo.

  1. Totale attivo stato patrimoniale: passa da 110.000 a 150.000 euro;
  2. Ricavi, rendite, proventi ed entrate comunque denominate: passa da 220.000 a 300.000 euro;
  3. Dipendenti occupati in media durante l’esercizio: passa da 5 a 7 unità.
  • MODIFICA ALL’ART. 31 DEL CTS

Vengono alzati i limiti il cui superamento (due su tre) per due anni consecutivi comporta la nomina del revisore legale dei conti.

  1. Totale attivo stato patrimoniale: passa da 1.110.000 a 1.500.000 euro;
  2. Ricavi, rendite, proventi ed entrate comunque denominate: passa da 2.200.000 a 3.000.000 euro;
  3. Dipendenti occupati in media durante l’esercizio: passa da 12 a 20 unità.
  • MODIFICA ALL’ART. 36 DEL CTS

Per le APS viene innalzato il rapporto lavoratori/associati che passa dal 5% al 20%.

  • MODIFICA ALL’ART. 41 DEL CTS

Per le reti associative viene previsto che, qualora il numero di ETS aderenti dovesse scendere sotto il minimo fissato per legge, lo stesso dovrà essere integrato entro un anno a pena di cancellazione dalla relativa sezione del RUNTS.

  • MODIFICA ALL’ART. 47 DEL CTS

Viene estesa la possibilità di presentare istanze di iscrizione al RUNTS anche ad un delegato (e quindi non più esclusivamente al legale rappresentante dell’ente o della rete associativa alla quale l’ente aderisce). Si auspica che tale possibilità venga estesa anche per tutte le ulteriori istanze da dover presentare al RUNTS e non solo a quella di iscrizione.

  • MODIFICA ALL’ART. 48 DEL CTS

I rendiconti e bilanci devono essere depositati nel RUNTS entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale. Viene dunque tolto il termine fisso del 30 Giugno in modo tale da poter riconoscere a tutti gli ETS un egual termine di deposito nel registro a prescindere dalla tipologia di anno di esercizio prescelto (solare, scolastico, sportivo etc.).

 

Pubblicato il 29/07/2024

SAFEGUARDING: CHI È, QUALI SONO LE SUE FUNZIONI E QUALI I REQUISITI

In un mondo sempre più inclusivo, anche lo sport deve impegnarsi ad assicurare la dignità e il rispetto dei diritti di tutti coloro che partecipano, a qualsiasi titolo, all’attività fisica. È per questo che nasce la figura del Safeguarding. Scopriamone di più.

Chi è il Safeguarding?
➡ L’art. 33 co. 6 del D. Lgs. n. 36/2021 ha previsto l’obbligo per le ASD e le SSD di designare un responsabile della protezione dei minori per il contrasto ad ogni forma di abuso e di violenza e della protezione dell’integrità fisica e morale dei giovani sportivi. La designazione dovrà essere effettuata entro il 31/12/2024 da parte dell’organo di amministrazione, dovrà essere pubblicata sulla homepage dell’ente, affissa presso la sede e, infine, comunicata al Safeguarding Officer. Con la delibera CONI n. 255/2023 è stata prevista la nomina di una figura (responsabile contro abusi violenze e discriminazioni) con compiti analoghi da esercitare non soltanto in favore dei minori, ma nei confronti di tutti i tesserati.

Quali sono le funzioni del Safeguarding?
➡ I compiti, desumibili dalle Linee Guida del Coni, sono diversi:

1) ascolto e accoglienza delle vittime di abusi, violenze e discriminazioni;

2) trasmissione di informazioni alle vittime sul tipo di supporto psicologico e legale;

3) monitoraggio delle politiche di contrasto adottate dall’ente e delle misure idonee a garantire la diffusione della politiche di safeguarding;

4) verifica circa l’adozione di procedure da parte della società/associazione per evitare e/o contrastare la vittimizzazione secondaria;

5) verifica circa l’adozione da parte della società/associazione di canali di comunicazione sicuri e riservati per denunciare l’abuso subito;

6) verifica circa l’adozione da parte della società/associazione di un sistema sanzionatorio per le violazioni accertate;

7) verifica circa la previsione nel MOGC di flussi informativi in favore del Responsabile;

8) verifica circa la diffusione del MOGC, del Codice Etico, del regolamento e dei codici di comportamento.
Le funzioni di controllo e vigilanza sono esercitate mediante l’accesso alle strutture sportive, audizioni e ispezioni anche senza preavviso.

Quali sono i requisiti necessari per ricoprire il ruolo?
➡ Il responsabile deve essere autonomo, indipendente e professionale.
Per autonomia si intende una vera e propria autonomia decisionale nell’esercizio dei poteri ispettivi e di vigilanza; per indipendenza si fa, invece, riferimento alla terzietà, ovvero non devono sussistere ipotesi di conflittualità di interessi con l’ente. La professionalità, infine, presuppone una competenza tecnico/giuridica, ispettiva, oltre ad una capacità di ascolto delle vittime di abuso. Inoltre, il responsabile non deve aver riportato condanne penali per reati in danno di minori, non deve essere stato destinatario di sanzioni in ambito sportivo o destinatario di un Daspo. Diverse federazioni hanno richiesto che il responsabile sia un soggetto tesserato.

 

DECRETO LEGGE N. 71 del 31/05/2024 Novità per i lavoratori e volontari sportivi

Lo scorso 31 Maggio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 71 che riporta disposizioni urgenti i, per il regolare avvio dell’anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca.

Il suddetto decreto tocca anche due tematiche molto sensibili per il settore dilettantistico che vanno ad incidere sulle figure dei lavoratori e dei volontari sportivi.

Vediamole nel dettaglio:

  • LAVORO SPORTIVO

Per i lavoratori sportivi dipendenti di Amministrazioni Pubbliche non è più richiesta l’autorizzazione preventiva da parte della P.A. di appartenenza per poter svolgere l’attività di lavoro sportivo qualora il compenso derivante dalla suddetta attività sia contenuto al di sotto dei 5.000 euro annui; in tal caso basterà che il lavoratore faccia una semplice comunicazione unilaterale alla propria P.A. di appartenenza, secondo le modalità previste dalla singola amministrazione, alla stregua di quella, già, stabilita per i volontari sportivi.

  • VOLONTARI SPORTIVI

Il decreto legge riscrive, totalmente, il comma 2 dell’art. 29 del D.Lgs. 36/2021 andando, in sostanza, a rivoluzione la disciplina dettata per i rimborsi spese stanziati in favore dei volontari sportivi.

Viene abolita la possibilità di elargire i rimborsi spese autocertificati nella misura di 150 euro mensili.

La grande novità è rappresentata dalla introduzione della possibilità, per i volontari, di riceve rimborsi forfettari nella misura massima di € 400,00 mensili per la loro attività svolta in concomitanza di manifestazioni ed eventi sportivi ai quali hanno preso parte. Va precisato che le manifestazioni e gli eventi sportivi devono essere stati riconosciuti dagli Organismi Sportivi affilianti oppure direttamente dal CONI, dal CIP o dalla società Sport e Salute; è quindi, ad oggi, preclusa la possibilità del rimborso per le attività di allenamento/preparazione nonché per le manifestazioni non riconosciute e/o autorizzate dai predetti enti.

Sarà necessario che l’ente che elargisce i rimborsi spese ai volontari abbia, preventivamente, assunto una delibera che vada ad individuare le tipologie di spesa e le attività di volontariato per le quali viene ammesso il rimborso.

Altra novità importante riguarda la comunicazione che dovrà essere effettuata sul Registro delle attività Sportive (cosiddetto RAS o RASD) da parte dell’ente che ha elargito i rimborsi spese; sarà, infatti, necessario comunicare al registro il nominativo dei volontari e l’ammontare dei rimborsi ad essi versati entro la fine del mese successivo al trimestre nel quale si sono svolte le prestazioni sportive del volontario; tale comunicazione sarà, così, a disposizione degli enti preposti per le opportune verifiche.

I rimborsi forfettari non concorrono alla formazione del reddito del volontario tuttavia concorrono alla determinazione della franchigia di 5.000 e 15.000 euro annui rispettivamente previste ai fini previdenziali e fiscali.

Si precisa che resta possibile riconoscere ai volontari il rimborso spese vive documentali sostenute per vitto, alloggio, trasporto e viaggio sempre se preventivamente autorizzati dall’ente.

 

 

Avv. Luca Concilio

La carica sociale e la sua compatibilità con una prestazione lavorativa

Chi ricopre una carica sociale all’interno di un’associazione si trova, spesso, a chiedersi se può percepire un compenso per la predetta attività e se può, altresì, percepire un compenso per un’attività lavorativa svolta nei confronti dell’associazione.

Facciamo il punto della situazione:

Sul primo aspetto, ovvero la possibilità di percepire un compenso per la carica sociale ricoperta, bisogna, preliminarmente, far presente che se l’associazione è una ODV vi è un divieto normativo imposto dall’art. 34 co II del D.lgs. 117/2017 (cosiddetto Codice del Terzo Settore) che, per l’appunto, espressamente prevede l’impossibilità per i componenti degli organi sociali di poter percepire alcun compenso per la carica ricoperta. Ad accezione della specifica disciplina prevista per le ODV le altre realtà associative non sono soggette a tale divieto normativo e, pertanto, è ben possibile stabilire un compenso per chi ricopre la carica di Presidente, Segretario, Consigliere etc.; Tuttavia è utile ricordare come l’associazione dovrà prestare attenzione, in caso di elargizione di un compenso per una carica sociale ricoperta, a non incorrere nella “distribuzione indiretta di utili” che si configura ogni qualvolta venga elargito un compenso non proporzionato all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze previste in enti che operano in analoghi settori (vi legga in merito l’art. 8 comma III lettera a) del D.Lgs. 117/2017 nonché l’art. 8 comma II del D.lgs. 36/2021).

Il secondo aspetto, ovvero la possibilità di percepire un compenso per un’attività lavorativa prestata da chi ricopre una carica sociale, merita una premessa.

Bisogna, infatti, tenere in considerazione se chi ricopre la carica sociale lo fa gratuitamente o, come discusso nel primo punto del presente articolo, percepisce invece un compenso. Infatti, qualora, ad esempio, un Presidente di un’associazione percepisca un compenso per ricoprire la carica (ad eccezione che nelle ODV in cui, come detto, vige un divieto normativo) non vi sono difficoltà a che lo stesso soggetto possa percepire, anche, un compenso per una prestazione lavorativa ulteriore facendo sempre attenzione a non configurare una forma di distribuzione indiretta di utili. Facciamo un esempio per capire meglio: il Presidente di una APS o ASD (i casi più comuni) percepisce un compenso per la suddetta carica da parte dell’associazione; Il suddetto presidente, poi, nella vita svolge l’attività professionale di avvocato e presta la sua attività, anche, nei confronti della medesima associazione che lo pagherà in questo caso non come presidente ma bensì per l’attività professionale di avvocato. Tutto il procedimento dovrà essere corroborato dai necessari passaggi assembleari per rafforzare la correttezza dell’operazione ed evitare la “facile” contestazione di distribuzione indiretta di utili.

Qualora, invece, il Presidente rivesta la carica sociale in maniera gratuita si discute se debba essere configurato quale volontario e se, in caso affermativo, possa percepire un compenso per attività lavorativa (come quella dell’avvocato nell’esempio innanzi riportato).

In questo caso bisogna distinguere la tipologia di associazione in quanto, ad esempio, per le APS (e gli ETS in generale) il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con nota del 09/07/2020, ha ritenuto che debba essere inquadrato quale volontario anche colui che ricopre la carica sociale gratuitamente assoggettandolo, indirettamente, alla disciplina e le preclusioni dettate dall’art. 17 del D.lgs. 117/2017 che stabilisce, al comma V, l’impossibilità per il volontario di avere qualsiasi forma di rapporto di lavoro con l’associazione (nell’esempio sopra prospettato, quindi, il Presidente avvocato, qualora svolga l’attività di presidente gratuitamente non potrebbe svolgere l’attività di avvocato a favore dell’associazione).

Diverso, invece, il discorso nell’ambito sportivo allorquando il Presidente svolga la carica gratuitamente.

Infatti in tal caso, recenti comunicazioni del Ministro dello Sport e del Presidente del CONI hanno confermato che chi ricoprire una carica sociale a titolo gratuito può svolgere attività lavorativa remunerata nel medesimo ente sportivo. La differenza, rispetto al terzo settore, si attesta anche nel diverso inquadramento della figura del volontario in quanto, in ambito sportivo, il volontario è colui che si adopera gratuitamente per lo svolgimento delle prestazioni sportive. Risulta pacifico che ricoprire una carica sociale non rientra nel concetto di prestazione sportiva e, pertanto, non può attribuirsi a chi ricopre la carica sociale gratuitamente la qualifica di volontario sportivo. Ciò, nella sostanza, permette al Presidente avvocato (citando sempre l’esempio iniziale), qualora non percepisca compenso per la carica sociale, di poter, comunque, offrire la propria attività lavorativa di avvocato a favore dell’associazione che potrà, quindi, regolarmente pagarlo per l’attività svolta.

L’argomento risulta essere, comunque, di natura molto delicata soprattutto nella sua gestione amministrativa-documentale, pertanto, si consiglia vivamente di affrontarlo con la giusta cautela tenendo conto della normativa vigente e della necessità di dover rispettare, sempre, il divieto di distribuzione indiretta di utili.

 

Pubblicato il 19/02/2024

Avv. Luca Concilio

 

RUNTS e FISCALITA’ 2024: ultimo anno di regime transitorio?

Il nuovo anno inizia con un auspicio da parte di molti operatori del non-profit, che da tempo attendono il compimento della riforma introdotta dal Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017).

L’auspicio è che in corso d’anno si possa ottenere l’autorizzazione da parte della Commissione Europea in modo da completare la piena operatività di alcuni, fondamentali, articoli del titolo X del suddetto Codice del Terzo Settore a partire dal 01/01/2025.

E’ dalla pubblicazione del CTS, avvenuta oltre 7 anni fa (era l’anno 2017) che si discute sugli effetti, l’operatività e l’adeguamento al nuovo impianto fiscale introdotto dalla riforma.

Lo scorso anno, tra settembre ed ottobre, ha avuto inizio il colloquio tra lo Stato italiano (per la precisione il Ministero del Lavoro e Politiche sociali) e la Commissione Europea volto, per l’appunto, a giungere ad una sintesi ed alla successiva autorizzazione comunitaria sugli articoli 79-80-84-85 e 86 del CTS che riguardano il nuovo assetto di fiscalità diretta degli Enti del Terzo Settore.

Vero è che, nel frattempo la fiscalità diretta viene gestita in base alle “vecchie” disposizioni del TUIR e non solo (si pensi ad esempio alla Legge 398/91), molto care a tantissime realtà associative che, con il passare del tempo si sono, quasi, convinte che non vi fosse alcuna necessità di richiedere l’autorizzazione comunitaria preferendo lo status quo che si è generato negli ultimi tempi. Tuttavia ormai vi è una piena operatività del RUNTS, i rapporti tra ETS e P.A. sono sempre più improntati al rispetto del nuovo assetto normativo dettato dal CTS, i bandi pubblici richiedono che gli enti abbiano la qualifica di ETS e, quindi, si sta assistendo ad una buona risposta sul campo della riforma dettata dal nuovo CTS che, però, non può che essere valutata solo parzialmente mancando, per l’appunto, la piena operatività del nuovo assetto fiscale.

Lo status quo attuale, che si protrae da forse troppi anni, ha generato una sorte di “benevola rassegnazione” da parte di molte realtà che sperano che questa situazione di “stallo” si protrai il più a lungo possibile; Tuttavia è davvero questo ciò che bisogna augurarsi o forse sarebbe meglio confidare nel definitivo compimento della riforma (sicuramente semmai con alcuni miglioramenti derivanti proprio dal confronto con l’U.E.)?

Il parere di chi scrive è che, seppur l’impianto fiscale a cui tutti siamo abituati da decenni ha sempre riservato molte agevolazioni al mondo non profit, non si può dir compiuta la missione di trasparenza perseguita dal Legislatore della Riforma se non si compie l’ultimo ed essenziale sforzo sulla fiscalità. Vero è che ogni riforma, soprattutto quelle che riguardano aspetti fiscali, è sempre vista, specie all’inizio, di cattivo occhio ma ormai il dado è tratto e non si può far finta di nulla o sperare che non arrivi mai l’autorizzazione comunitaria.

Ci siamo adeguati ai nuovi aspetti amministrativi con l’introduzione di un nuovo registro pubblico (il RUNTS) che sembrava dovesse determinare la fine del non-profit italiano ed, invece, sotto alcuni aspetti sta rilevandosi un valido strumento che ha portato il mondo del non-profit, finalmente, nel nuovo millennio (con oltre venti anni di ritardo!!).

Sarà così anche per gli aspetti fiscali ai quali il sistema non-profit sarà pronto ad adeguarsi anche impegnandosi qualora fossero necessari miglioramenti.

Pertanto, come anche trapelato da indiscrezioni ministeriali, è molto probabile che il 2024 sarà l’anno conclusivo del percorso iniziato nel lontano 2017 e che porterà dal 01/01/2025 ad avere la completa operatività del Codice del Terzo Settore.

Vi terremo aggiornati.

 

 

Avv. Luca Concilio